“Odissea americana” di A.G. Lombardo: l’epica dei graffiti

Odissea americana (Il Saggiatore, 2019), romanzo di debutto dell’autore A. G. Lombardo, rielabora temi ed episodi dell’epica omerica trasferendoli nella Los Angeles degli anni ’60. Il contesto storico in cui la storia si inserisce è, più specificamente, quello delle rivolte di Watts dell’agosto 1965, sei giorni durante i quali si verificarono violenti scontri tra i quartieri afroamericani della città e le forze dell’ordine.

odissea americanaIl nuovo Odisseo si chiama Americo Monk ed è un autoproclamato semiologo urbano: afroamericano egli stesso, preferisce svolgere il ruolo di osservatore simpatizzante, studiando analiticamente le forme di espressione della sua comunità e annotando graffiti, simboli e slogan su un un taccuino a spirale. L’obiettivo della sua ricerca quasi ossessiva è cercare di decrittare il linguaggio segreto di Los Angeles, una città scossa da continui cambiamenti e correnti opposte, entrambe le quali considerano il suo block notes un oggetto di grandissimo interesse.

Per la polizia sono solo simboli di gang e criptiche delimitazioni territoriali. Il libro è la sua storiografia segreta: c’è qualcosa di solenne, lo sa. Polizia, Nation of Islam, gang, graffitari: per loro il taccuino è come uno specchio per raccogliere i pezzi mancanti che faranno luce sui loro mondi, vizi e mutevoli equilibri di potere; ma il libro è anche la voce dei senza voce, un arsenale di fuorilegge, di muri e manifesti dipinti a spray e brillanti come barriere segnaletiche; le parole e l’arte dei diseredati sono le armi del cambiamento, ignorarle o reprimerle può portare solo fuoco e distruzione.

All’inizio del romanzo Americo si trova dall’altra parte della città, lontano da casa e dalla fidanzata incinta Karmann; la rivolta scoppia mentre egli sta analizzando un semaforo a un incrocio in attesa di prendere un autobus che lo ricondurrà al suo porto sicuro. Inizia così l’epopea di Americo attraverso il mare urbano di una città messa a ferro e a fuoco da una rivolta civile, in una narrazione che è guerra di Troia e ritorno ad Itaca al tempo stesso. Nel frattempo Karmann, o meglio Penelope, lo attende in una casa che si riempie sempre di più di perdigiorno, scrocconi e figure losche pronte ad approfittarsi di lei e della sua abitazione.

Non meno pericolosa è la Los Angeles che Americo attraversa per tornare dall’amata: attraverso i suoi occhi di acuto osservatore delle dinamiche sociali il romanzo passa in rassegna le più disparate comunità che compongono il tessuto della città, rappresentate in modo caratteristico, talvolta con riferimenti a personaggi storici esistiti veramente — è questo il caso, ad esempio, di Miss Iva Toguri, una “Rosa di Tokyo”, ossia una delle donne che, durante la Seconda guerra mondiale, si occupavano di diffondere messaggi di propaganda in lingua inglese sui canali radio giapponesi.

Odissea americana è anche, prevedibilmente, costellato di parallelismi con l’epica omerica, che si trasformano in brevi citazioni dirette ad alcuni capitoli dell’Odissea. Le sirene diventano così un gruppo di cantanti da night club, il ciclope non è altro che un omaccione a capo di una comunità di tossicodipendenti e Scilla e Cariddi vengono sostituite nientemeno che da Godzilla in persona.

Monk se ne deve proprio andare, non si sa quando cederà questo gigante orbo strafatto nella sua caverna: è tutto quel che può fare, controllare la paura, lo sa per via di questa nuova droga di livello industriale, ma deve riuscire a fuggire prima che il terrore, ormai palpabile come queste pareti e queste ombre gocciolanti, lo avvolga.

Il lettore viene così trascinato nel vortice di una storia rocambolesca e densa di azione, in cui il confine tra realtà e surrealismo è spesso e volentieri superato, il più delle volte con l’ausilio di sostanze psicotrope somministrate al protagonista. Monk cerca di orientarsi in un universo di segni e simboli, che fino a quel momento gli era familiare, improvvisamente esploso intorno a lui. Questa prospettiva caleidoscopica, contraddistinta da continui rimandi semiotici e culturali è rispecchiata perfettamente nello stile scelto dall’autore: una scrittura densa, a tratti ostica, che richiede al lettore un ampio vocabolario, alcune conoscenze pregresse e una soglia dell’attenzione alta, ma compensa la pazienza richiesta con un ritmo serrato.

Il viaggio di Monk, in quanto riflesso di quello di Odisseo, si conclude in modo prevedibile secondo i canoni letterari, ma trova il suo compimento in tutti i capitoli precedenti. Quello di Odissea americana è un percorso irriverente e socialmente rilevante al tempo stesso, surreale in alcuni passaggi eppure toccante nella volontà del protagonista di apprezzare il valore della multiforme realtà intorno a sé pur tendendo continuamente all’obiettivo ultimo: il ricongiungimento con gli affetti familiari.


FONTI

A. G. Lombardo, Odissea americana, Il Saggiatore, 2019

pw.org

britannica.com

lareviewofbooks.org

 

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