Ragione e Coronavirus: promessi sposi refrattari

In questi giorni, febbricitanti per alcuni e tediosi per molti altri, la soglia di sopportazione delle persone è in continuo abbassamento. Aumenta invece il senso di distacco e di alienazione rispetto alla situazione. I dati riguardanti il Coronavirus mostrano numeri imponenti che troneggiano sui titoli dei giornali, spiazzando il lettore.

L’entusiasmo iniziale tra canti e flash-mob si è esaurito, lasciando il posto a qualcosa che assomiglia all’apatia. Malgrado permangano il dolore e la compassione verso le vittime, i pazienti e i loro famigliari, si fa strada una certa rassegnazione. I virologi su giornali e in televisione si fanno più rari e anche quando sono presenti raramente azzardano previsioni di qualsiasi tipo.

E quando l’incertezza, il dubbio e la confusione entrano strisciando dalle fessure, l’irrazionalità incomincia a farsi strada (o a potenziarsi quando già presente). Sebbene non esistano rimedi al virus e alla deficienza (intesa nel senso latino del termine) di certe persone, si può agire per trasformare il panico, ma anche la sfrontatezza, in una giusta dose di preoccupazione.

Certo vi è poi, come ben si sa, chi nell’irrazionalità, nel panico e nella paura immotivata ci sguazza anche in tempi normali. Del resto, l’appello all’utilizzo del raziocinio è rivolto a chi può esserne capace, nella speranza che si tratti della maggioranza della popolazione italiana e non solo.

Lessico militare

Una delle frasi più comuni di questi ultimi giorni è “serve l’esercito”, “arriva l’esercito a X”. Da Bari a Torino, dalla Sicilia al Bresciano l’esercito arriva in soccorso alle forze dell’ordine. Ironicamente, verrebbe da chiedersi in quale angolo d’Italia fosse collocato in precedenza questo fantomatico esercito. Ma, lasciando perdere l’ironia, viene da chiedersi cosa farà l’esercito una volta dispiegato in tutto il territorio nazionale.

Un esempio meritevole è certamente quello di Bergamo dove convogli militari si stanno occupando di trasportare le bare delle vittime. Allo stesso modo, forniranno certamente un aiuto alle forze dell’ordine nei controlli per le strade italiane.

Resta poi da verificarne l’efficacia a lungo termine quando, dopo la speranza e la rassegnazione, l’insofferenza incomincerà a montare. Al momento certo l’obiettivo è contenere la diffusione del virus, ma con il tempo potrebbe anche servire a contenere la rabbia e l’insofferenza delle persone: cosa faremo allora? Certo non si potrà sparara vista. 

Dunque, non c’è nessun problema nell’utilizzo di una risorsa preziosa come quella militare in una situazione così complicata. Urge però fare attenzione al modo in cui essa verrà utilizzata, specialmente visto il probabile aumento della tensione tra la popolazione col prolungarsi delle misure restrittive.

Sarebbe consigliabile inoltre smettere di utilizzare termini di guerra che aggiungono tensione e danno una narrativa a tratti distorta ed inquietante. Se l’obiettivo è quello di mantenere la calma è demenziale usare termini come “caduti”, “bollettino di guerra”, “guerra”, “arma finale” e infiniti altri.

La politica che parla troppo

A tal proposito, spiccano le dichiarazioni di due politici in particolare. Si tratta di De Luca, governatore della Campania, e Matteo Salvini, leader della Lega.

Il primo, non certo nuovo a uscite inopportune, ha parlato della differenza tra Italia e Cina nella gestione del virus, sottolineando il diverso approccio. Ciò che sconvolge è la definizione che ha dato delle fucilazioni a vista per chi non rispettava la quarantena nella provincia di Hubei, etichettate come “metodi terapeutici”. Quasi come se rimpiangesse l’impossibilità di farne uso anche in Italia dove purtroppo dobbiamo fare ricorso alla coscienza individuale e al senso di responsabilità.

Salvini, invece, si è dimostrato più moderato rispetto al solito, seppur non particolarmente ferrato dal punto di vista logico. Dopo aver elogiato l’intervento militare, che ribadiamo non ha nulla di sbagliato in sé e per sé, ha proposto la reintroduzione della leva militare. Ora, per quanto onorevole possa essere servire la propria patria, rimane difficile capire quale utilità potrebbe avere in questa circostanza, soprattutto perché l’invito è a stare a casa e non a presidiare le strade e fare i crocerossini improvvisati.

Invece di sparlare di leva militare, si potrebbe incitare i giovani, una volta fuori da questo tunnel, a fare volontariato in qualsivoglia forma. Questa sì che sarebbe una proposta utile per aiutare i bisognosi, per aprire i propri orizzonti mentali e culturali e per distinguere chi racconta frottole da chi non lo fa.

Esperienze per caso

Ma a sparlare, prendiamone atto, non sono solamente i politici. Ormai, e non solamente in tempo di pandemia, tutti sono tutori dell’ordine, medici, politici; insomma, esperti della situazione.

Per dimostrare come la situazione rischi di degenerare se non trattata con la dovuta attenzione, abbiamo voluto proporre qui una breve intervista.  L’intervistata è  la vittima di un’esperienza alquanto spiacevole.

Potresti raccontarci cosa ti è successo?

Io e mia mamma stavamo facendo due passi al parco di Trenno (ndr: la normativa vigente lo consentiva) sulla strada per fare la spesa. Una donna, che era al parco col cane, seduta a chiaccherare con un’altra persona, ha incominciato a insultarci, a gridarci di andare a casa e a urlarci che non potevamo stare lì. Ho cercato di spiegarle che camminare all’aria aperta con le dovute precauzioni non era vietato, ma non ha voluto sentire ragioni e, raccolto da terra mezzo mattone, ce lo ha scagliato addosso. Noi arretravamo e lei ci inseguiva raccogliendo di nuovo il mattone, pronta a colpirci di nuovo. Naturalmente abbiamo chiamato il 112.

Questo è il video che documenta la scena; abbiamo preferito oscurare il volto e camuffare la voce della donna per non alimentare l’odio di queste giornate già calde:

Questa esperienza non è la prima e purtroppo non sarà l’ultima. Caso ancora forse più surreale è quello della farmacista salernitana Antonia Grimaldi. Recandosi a casa dopo una giornata di lavoro, ha ricevuto una secchiata d’acqua da un balcone, insieme ad urli ed improperi. Una signora dall’alto del suo balcone, assunte le vesti di vigilante, aveva infatti deciso che la farmacista non poteva trovarsi in giro a quell’ora.

L’invito rimane in ogni caso quello di rimanere presso la propria abitazione e non uscire se non strettamente necessario. Inoltre, è meglio lasciare che siano le forze dell’ordine a controllare gli spostamenti delle persone e non i comuni cittadini: non siamo nel Grande Fratello.

Animale sociale o predatore?

Purtroppo, questi eventi non sono né unici né rari, bensì si avviano a diventare la norma. La diffusione di questi comportamenti da ronda fascista sono poi agevolati anche dai social, la versione moderna della gogna medievale. Le persone vengono riprese mentre si trovano fuori dalle loro case e sono poi crocefisse nella sezione commenti. Alla faccia del garantismo italiano tanto amato, sui social tutti diventano giudici, senza possibilità di ricorso in appello per l’imputato.

Non potendo fare branco nella vita reale, poco decoroso e vietato dalla quarantena, si preferisce farlo in modo virtuale. Occorre allora rileggersi dei bellissimi, anche se spesso odiati dagli studenti, passi della letteratura. Citiamo qua il Manzoni dei Promessi Sposi, capitolo XIII.

[…]Chi forma poi la massa, e quasi il materiale del tumulto, è un miscuglio accidentale d’uomini, che, più o meno, per gradazioni indefinite, tengono dell’uno e dell’altro estremo: un po’ riscaldati, un po’ furbi, un po’ inclinati a una certa giustizia, come l’intendon loro, un po’ vogliosi di vederne qualcheduna grossa, pronti alla ferocia e alla misericordia, a detestare e ad adorare, secondo che si presenti l’occasione di provar con pienezza l’uno o l’altro sentimento; avidi ogni momento di sapere, di credere qualche cosa grossa, bisognosi di gridare, d’applaudire a qualcheduno, o d’urlargli dietro.[…]

Manzoni, come Seneca e altri infiniti autori, dovrebbero spingere ad una riflessione su cosa significa per noi essere uomini, soprattutto in tempi di crisi e difficoltà. Altrimenti, rischieremmo di dover dare ragione ad Hobbes e alla sua massima Homo homini lupus, con tutte le implicazioni che da ciò conseguono.

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EDITING VIDEO by Marco Palmisano

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