Quando ci libereremo del vandalismo neofascista?

Ancora oggi nel 2020 assistiamo a episodi di vandalismo ai danni di targhe, statue o altri luoghi e oggetti che testimoniano la memoria dell’Olocausto e della Seconda guerra mondiale. Per quanto possa sembrare per alcuni semplicemente impensabile e per altri anacronistico, la lotta per la cancellazione del fascismo e del nazismo in Italia e nel mondo non è ancora giunta alla sua fine: fino a quando dovremo assistere a spettacoli deplorevoli come questi, infatti, ci sarà ancora molto da fare. Evidentemente, per questi uomini e queste donne che non hanno mai conosciuto la brutalità delle ideologie dell’Asse, deturpare l’ambiente attorno a loro e inneggiare a alcuni dei più grandi assassini della storia non è affatto deplorevole.

Anche nella scorsa Giornata della Memoria diversi comuni hanno registrato atti vandalici volti a imbrattare o distruggere luoghi di celebrazione e ricordo delle vittime. I vandali non si sono fermati “solamente” agli oggetti, in quanto in più occasioni scritte denigratorie sono comparse nottetempo sulle case di discendenti di vittime dell’antisemitismo o di partigiani. Questa è solamente l’ultima di moltissime occasioni in cui questo vandalismo ha colpito l’antifascismo.

A Roma, nell’VIII municipio, è stata danneggiata l’installazione artistica Tutti potenziali bersagli dello scultore Emilio Leofreddi, un complesso di sagome in ricordo di ebrei, omosessuali, nomadi e antifascisti vittime della violenza nazista. L’amministrazione ha subito affermato che l’opera continuerà a essere difesa contro le azioni di teppisti e violenti, tanto che è stata immediatamente riparata, così come è stato fatto dalla sua creazione negli anni Novanta. Al Trionfale sono state invece rimosse scritte ingiuriose e svastiche dai muri di una scuola, a dimostrazione che anche oggi, a distanza di settantacinque anni dalla conclusione del conflitto, occorre continuare a affermare i valori della democrazia raggiunti, denunciando senza compromessi il revival nazifascista. Forse sarebbe più utile che gli autori di questo gesto, al posto che imbrattarne i muri, tornassero a scuola con le gambe sotto i banchi.

A Cuneo, invece, sulla porta di casa di Aldo Rolfi è comparsa la scritta “Juden hier” cioè “Qui ci sono ebrei“: il marchio nazista che compariva sulle abitazioni degli ebrei nel periodo di Hitler. Rolfi, che peraltro non è ebreo, è figlio di Lidia Beccaria, una staffetta partigiana deportata a Ravensbruck nel 1944. Dopo questa terribile e orribile esperienza la Beccaria aveva scritto e pubblicato due opere di memorialistica, tra le prime a trattare la deportazione femminile nei campi di sterminio. Scomparsa nel 1996, la via dove si trova l’abitazione le è stata dedicata poco dopo. Questo gravissimo e spregevole atto, che è stato prontamente denunciato e su cui indaga la Digos, è l’ennesimo esempio di come l’antisemitismo sia tutt’altro che un odioso ricordo. I pregiudizi, supportati da aberranti pseudo teorie storico scientifiche, inconcepibili e inaccettabili in ogni loro forma, sono ancora vivi e in buona salute, tanto che periodicamente assistiamo a scritte di questo genere o sentiamo dichiarazioni dello stesso tipo.

Ancora, oltre a questi ultimi episodi, si trovano sfregi simili anche sul Duomo di Cremona, a Castelfiorentino, a Ravenna e Perugia, tutte sopra lapidi, targhe memoriali o edifici religiosi. Disgraziatamente, i casi di vandalismo ai danni della Memoria e di celebrazione del fascismo sono diversi e generalizzati, in Italia e all’estero. Tutti ricordiamo le immagini del pellegrinaggio neofascista a Predappio alla tomba del dittatore Mussolini. Finché tali dimostrazioni – ricordando che l’apologia di fascismo è un reato e come tale dovrebbe essere punito -, continueranno ad attirare simpatizzanti e sostenitori, della cui ignoranza travolgente tutti noi dovremmo vergognarci, allora non avremo davvero superato quegli orrori. Scritte sulle porte, svastiche sui muri o sulle lapidi, busti del duce e fasci littori mostrati con orgoglio: un vero tripudio di idiozia e mancanza di rispetto e di conoscenza.

Alle azioni dei neofascisti si affiancano, inconsapevoli o meno, quelle dei semplici vandali senza una precisa appartenenza ideologica, che senza alcuna motivazione sfogano la propria rabbia ai danni di targhe e memoriali. Ma, se già l’atto di vandalismo è grave e di indubbia immoralità quando colpisce luoghi qualsiasi, questo aumenta esponenzialmente di gravità quando si abbatte su questi plastici ricordi dell’orrore. Ferendo nel profondo chi in quei campi o durante quei nefasti giorni ha perso famiglie, speranze e amici, chi nei valori dell’antifascismo e della democrazia ripone la propria fiducia. La totale condanna di questi atti deve essere unanime, apartitica e immediata, senza esitazioni. I partiti politici dovrebbero non avere mai dubbi e testimoniare il proprio antifascismo.

Viviamo in una società certamente più pacifica di quanto era il mondo settantacinque anni fa, abbiamo molte più opportunità gratuite e vicine a noi. Nel 2020 l’ignoranza riguardo determinati fatti storici non è più ammessa o scusabile: le scuole, la cinematografia, i racconti e gli scritti di chi ha subito quella violenza, oltre che le infinite possibilità che un uso responsabile e consapevole di Internet, ci danno il potere di non essere incoscienti. Nella speranza che tali orribili atti  di vandalismo vengano definitivamente lasciati al passato e alla memoria, ricordati per non dovervi assistere mai più.

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