Il coronavirus diventa pandemia: lo annuncia l’OMS

L’Organizzazione Mondiale della Sanità distingue la pandemia dall’epidemia. In entrambi i casi la terminologia fa riferimento a una patologia, a variare sono invece le dimensioni del contagio. Il concetto di pandemia indica la “diffusione nel mondo di una nuova malattia”. La patologia dunque può raggiungere molti paesi o continenti e di conseguenza avere un bacino di potenziali contagiati molto più ampio. L’epidemia invece designa una malattia confinata “a una comunità o una regione”. È caratterizzata da una frequente manifestazione della malattia, allo stesso tempo però geograficamente localizzata e limitata nel tempo.

Soltanto pochi giorni fa, l’11 marzo, l’OMS ha reso ufficiale il passaggio del Coronavirus da epidemia a pandemia. In questo modo l’organizzazione avrà poteri straordinari. Sarà possibile infatti inviare squadre speciali all’interno dei territori colpiti ed emanare direttive più stringenti in merito alle misure di contenimento, senza tuttavia ledere la sovranità statale. Il virus ha raggiunto ormai la maggior parte degli Stati, 105 su 180, anche se è lecito sospettare che tale numero non sia realistico. In particolare i dubbi sorgono quando si leggono i nomi dei paesi che non sarebbero in alcun modo colpiti, ad esempio Turchia, Corea del Nord e Siria.

Febbre spagnola: la peggiore pandemia

Storicamente parlando, la più grave pandemia della storia è stata l’influenza spagnola, esplosa nella primavera del 1918. La malattia toccò tutti i continenti, i soli territori risparmiati furono l’Antartide e l’isola di Sant’Elena nell’oceano Atlantico. Essa ebbe risultati catastrofici non solo dal punto di vista puramente numerico: il virus infatti congelò l’economia mondiale in un momento storico in cui era necessario dare invece una forte spinta a tutti i settori. L’età media delle vittime era 28 anni, dunque venne colpita soprattutto la fascia di popolazione che più di tutte era chiamata a risollevare l’economia dopo la distruzione causata dalla guerra. L’impatto che la pandemia ebbe a livello globale fu enorme, tanto che maturò l’idea di una collaborazione tra Stati in materia sanitaria.

Nasce l’OMS

L’OMS però non è nata subito dopo questa presa di coscienza, anzi: l’organizzazione compare quasi un trentennio dopo, nel 1946. Si tratta di un’agenzia specializzata dell’ONU con sede a Ginevra e conta l’adesione di 194 paesi nel mondo. L’obiettivo generico, che si ritrova indicato nella sua Costituzione, è “il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute.” Ciò è da intendersi come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale, non solo assenza di malattie o infermità”.

Il compito dell’OMS è coordinare la condivisione delle nuove scoperte scientifiche in relazione ai patogeni. Il problema degli ultimi decenni però è principalmente uno: la carenza strutturale di fondi. In generale però l’OMS non è mai stata esente da critiche. I rimproveri riguardano gli eccessivi costi delle sedi regionali, un eccesso di burocrazia e soprattutto una sostanziale inerzia nelle emergenze, momento in cui invece dovrebbe attivarsi maggiormente. Le critiche non sono risparmiate nemmeno dalla comunità sanitaria stessa, ma d’altro canto vi è un sostanziale accordo riguardo la necessità dell’esistenza di un’istituzione forte, indipendente e globale. Le critiche mosse all’OMS riguardano anche la gestione delle passate epidemie, ad esempio vi fu l’accusa di eccessivo allarmismo riguardo la suina del 2009. Nel 2014 fu la volta dell’epidemia di ebola in Africa occidentale: l’organizzazione si mosse con estrema lentezza e le critiche attirate furono opposte.

30 gennaio 2020: l’OMS dichiara l’emergenza sanitaria globale

Dopo aver avuto conferma del primo caso di trasmissione del Coronavirus da persona a persona fuori dalla Cina, l’OMS ha dichiarato l’emergenza sanitaria globale. Tale presa di posizione ha permesso di emanare una serie di nuove raccomandazioni globali al fine di combattere l’epidemia, tuttavia l’organizzazione non ha il potere necessario per farle applicare.

Oltre ad avere una scontata implicazione sanitaria, lo scoppio di epidemie e pandemie ha per forza di cose anche conseguenze politiche. I confini della Cina sono al giorno d’oggi tutt’altro che tranquilli, basti pensare alle situazioni di Taiwan ed Hong Kong.

Taiwan è considerata da Pechino una provincia e ha ribadito più volte la volontà di riportare l’isola sotto il suo completo controllo, nel gennaio del 2020 tuttavia è stato eletto come presidente Tsai Ing-wen, ostile alla riunificazione. Lo scoppio del virus ha permesso di irrigidire le frontiere, le stesse che la Cina vorrebbe abolire mentre Taiwan vorrebbe renderle permanenti.

Hong Kong invece convive da ormai un anno con un movimento di protesta contro la volontà cinese di toglierle l’autonomia. Attualmente la governatrice tenta una mediazione tra le parti: ad inizio febbraio parte del personale medico ha deciso di scioperare chiedendo la chiusura del confine con la Cina continentale. La mediazione ha funzionato e si è arrivati ad una chiusura parziale, ma è di fatto una mezza sconfitta cinese perché anche in questo caso è stato rafforzato un confine che invece si vorrebbe eliminare.

11 marzo 2020: l’OMS dichiara la pandemia

“Abbiamo valutato che il COVID-19 può essere caratterizzato come una situazione pandemica. Siamo profondamente preoccupati sia dai livelli allarmanti di diffusione e gravità, sia dai livelli allarmanti di inazione”

Queste le parole di Tedros Adhanom Ghebreyesus, il direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. È importante sottolineare quanto evidenziato dal capo dell’OMS, in Europa infatti le precauzioni prese sono minime, nonostante l’Italia possa rappresentare un importante esempio della necessità di intervenire subito. Ciò che è peggio è ravvisare dichiarazioni del tutto inadeguate da parte di certi esponenti politici, utili a suscitare panico nella popolazione piuttosto che metterla in guardia. Il riferimento va alle parole di Boris Johnson ad esempio: “Abituatevi a perdere i vostri cari”. In Italia le misure prese sono state drastiche, forse non così tanto come richiedevano alcune forze politiche, ma non è escluso che possano essercene altre. I primi effetti di quanto deciso saranno visibili in una settimana circa, queste le parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Dopo la sciagurata fuga di parte del primo decreto, quello che allargava la zona rossa a tutta la Lombardia e parte dell’Emilia Romagna, Conte ha cambiato approccio. Conferenza stampa in diretta tv e in prima serata, modo per comunicare la notizia a quante più persone possibile evitando allarmismi dovuti a una circolazione solo parziale del testo. Le regole sono state fissate, con multe in caso di violazione: l’unica cosa da fare ora è rispettarle.

FONTI

Laura Spinney, La geopolitica delle pandemie, Internazionale, febbraio – marzo 2020, numero 1347, pp. 20-23

www.salute.gov.it

www.ilsole24ore.com

www.corriere.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.