La politica energetica italiana: tra speranze e promesse

Come già dichiarato dai giornali e dagli studiosi, la terra sta diminuendo la capacità complessiva di sostenere lo sfruttamento delle risorse da parte dell’uomo.

È ora divenuta necessaria una transizione verso un’energia pulita. Un’esigenza recepita a livello internazionale, sia dalla Commissione Europea, sia dagli organi delle Nazioni Unite. La Commissione europea ha infatti proposto una serie di risoluzioni atte a facilitare la transizione attraverso un processo di de-carbonizzazione da completarsi entro il 2050. Obiettivi coraggiosi, ma necessari. Questi sono stati infine recepiti dal Governo italiano e pertanto inclusi nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC). Quest’ultimo è il testo ufficiale del Piano Energia e Clima presentato dal Mise, uno strumento fondamentale nella politica energetica del Paese.

Il Piano si struttura in 5 linee di intervento, quali la decarbonizzazione, l’efficienza e sicurezza energetica, lo sviluppo del mercato interno dell’energia, della ricerca, dell’innovazione e della competitività. L’obiettivo finale è quello di realizzare una politica energetica che assicuri la transizione e il raggiungimento della sostenibilità ambientale, economica e sociale dell’Italia.

Il documento è il frutto della collaborazione tra Ministero dell’Ambiente e delle Infrastrutture e Trasporti, basato sulle novità introdotte sia con il Decreto Clima che con la Legge di Bilancio, in relazione agli investimenti da attuare in linea con gli obiettivi del Green New Deal. Il Decreto Clima, pubblicato a dicembre sulla Gazzetta Ufficiale, è un’interessante punto di arrivo. È un provvedimento esclusivamente focalizzato su questioni ambientali, introducente misure da un valore di 450 milioni di euro, per un’estensione di 3 anni, al fine di rispettare gli obblighi previsti dalla direttiva 2008/50/CE.

Le attività e i relativi investimenti sono innumerevoli. All’articolo 1-ter, il Senato istituisce il fondo “Programma #iosonoAmbiente”, con una dotazione di 2 milioni di euro da investire per la realizzazione di campagne di formazione e sensibilizzazione sulle questioni ambientali nelle scuole di ogni grado e ordine, per gli anni 2020, 2021 e 2022.

Interessante è anche l’articolo 2, dove si introduce il “Programma sperimentale buono mobilità”, per il quale vengono stanziati 255 milioni di euro dal 2019 al 2024. I “buoni mobilità” saranno inoltre pari a 1500 per ciascuna auto, spendibili per l’acquisto di abbonamenti per trasporto pubblico o per l’acquisto di biciclette a pedalata assistita. Infine, l’articolo 4-quinquies introduce il “Programma sperimentale Mangiaplastica”, che prevede 27 ml di euro da investire per l’acquisto di macchinari nel periodo 2019-2024.

Tornando al PNIEC, il suo percorso di realizzazione è stato lungo. Nel Dicembre del 2018, in linea con il Regolamento (UE) 2018/1999, la Commissione Europea ne ha ricevuto la bozza. Alle considerazioni e raccomandazioni, sono seguite le consultazioni pubbliche, e la Valutazione Ambientale Strategica del Piano. E solo a Dicembre 2019, dopo un confronto tra Regioni e Associazione degli Enti Locali, è stato espresso un parere positivo. Perciò, con questo atto, l’Italia ha fissato a livello nazionale gli obiettivi vincolanti al 2030 sull’efficienza energetica e sulla riduzione delle emissioni di CO2, per una transizione verso un’economia ad impatto zero.

Con la lettura del documento è pertanto possibile individuare le seguenti tappe:

  • Un incremento della quota di Fonti Energetiche Rinnovabili FER nei Consumi Finali Lordi di energia pari al 30%;
  • Una quota FER nei Consumi Finali Lordi di energia nei trasporti del 21,6%;
  • Una quota FER nel settore termico di circa il 33%;
  • Una riduzione dei consumi di energia primaria del 43% rispetto allo scenario PRIMES 2007;
  • Una riduzione dei “gas a effetto serra” del 33%.

Le rinnovabili in questa transizione sono chiamate in prima linea.

Si prevede infatti una significativa crescita del fotovoltaico e dell’eolico. L’adozione dell’elettrico verrà pertanto accompagnato da attività quali quelle di revamping e repowering. Secondo questa linea, il settore elettrico dovrà coprire il 55,4% dei consumi finali lordi di elettricità.

Per quanto riguarda le industrie, il PNIEC dichiara la contrazione delle emissioni nelle industrie energetiche (di circa il 23%), risultato legato alla riduzione delle emissioni del settore elettrico.

L’ulteriore incremento di efficienza termoelettrica, della quota di rinnovabili e all’incremento della quota di combustibili a basso contenuto di carbonio permette inoltre, di sperare in un ulteriore abbassamento delle emissioni. Per quanto riguarda il settore dei trasporti, alla diminuzione del 9% delle emissioni, si spera in un ulteriore diminuzione, pur l’aumento della domanda. Mentre il settore civile dimostra una diminuzione delle emissioni di circa l’11%, frutto dell’incremento dell’efficienza nel settore. Diverso per le industrie italiane, il 36% emissioni in meno è maggiormente dovuto alla crisi economica che all’efficienza dei processi.

Gli obiettivi definiti nelle 300 pagine che compongono il documento, sono tuttavia stati oggetto di critica. Ad esempio, si critica l’invariato trend previsto dal Programma per il taglio delle emissioni di gar serra (328 Mt CO2eq). Prevedendo, anzi una riduzione complessiva del solo 37%, un valore quindi inferiore a quello fissato a livello europeo per il 2030 (-40%).

Lo stesso “phase out” dal carbone, programmato per il 2025, sembra essere solo una vana promessa, dato che la realizzazione del phase out dal carbone e l’integrazione delle fonti rinnovabili sono realisticamente raggiungibili solo se avvengono gli interventi adeguati sia sulla rete di trasmissione che di distribuzione, in un’ottica quanto più possibile integrata e coordinata. Infine, fin dalle prime pagine viene dichiarata una condizione sine qua non che non dà grandi speranze. La phase out dal carbone potrà divenire realtà solo nel caso in cui verranno:

“realizzati gli impianti sostitutivi e le necessarie infrastrutture, e una significativa accelerazione delle rinnovabili e dell’efficienza energetica nei processi di lavorazione”.

Quello che ora c’è da chiedersi è se l’Italia sia sulla giusta strada per rispettare gli obiettivi europei, o se abbia perso l’ennesima occasione per affermare una vera politica energetica.


 

 

 

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