“Misericordia”: la favola nera della Sicilia

È firmata Emma Dante la nuova produzione del Piccolo Teatro: Misericordia. Dopo Bestie di scena e La Scortecata, la regista palermitana rinnova la sua collaborazione con il teatro milanese, cimentandosi in un testo semplice e contemporaneo. Misericordia vede in scena quattro attori: tre donne che accudiscono un ragazzo (Arturo) menomato, con evidenti problemi fisici e mentali. Le donne se ne prendono cura con tutto l’amore delle madri, lo fanno crescere, fino ad avviarlo verso l’indipendenza e la libertà. Lo spettacolo presenta evidenti tracce di sicilianità, a partire dalla lingua, il dialetto siciliano. Ciò è dovuto al lavoro di équipe. Il Piccolo Teatro è infatti affiancato dal Teatro Biondo di Palermo nella produzione dello spettacolo.

Con Misericordia Emma Dante prosegue la linea di ricerca drammaturgica e scenografica inaugurata con La Scortecata, in scena al Piccolo Teatro nella stagione 2018/2019. Per prima cosa in entrambi gli spettacoli la scelta è indirizzata verso un ridotto numero di attori sulla scena (due in La Scortecata e quattro in Misericordia) e una trama estremamente essenziale. Inoltre l’obiettivo è la messa in scena di personaggi quotidiani, spesso emarginati. Nel primo caso, due uomini interpretano due vecchie ai confini della bellezza e della vita. Danno così corpo a una tragicomica interpretazione della favola nera di Basile in Lo cunto dei cunti. La recitazione è in dialetto napoletano, proprio per sollecitare l’estrema popolarità e rozzezza del contesto urbano. L’ambientazione è urbana, ma decadente e provinciale appunto. Per quanto riguarda Misericordia, Emma Dante afferma nelle note di regia:

Misericordia è una favola contemporanea. Racconta la fragilità delle donne, la loro disperata e sconfinata solitudine.

Anche Misericordia, come La Scortecata, è infatti una favola, una favola nera. Uno di quei racconti macabri, che non si possono cantare come ninnananna ai bambini prima di dormire. Perché Misericordia, prima di tutto, racconta una violenza. Arturo è infatti orfano; la madre è morta poco dopo il parto a causa di un fenomeno prolungato di violenza domestica. Al centro della favola dunque non ci sono re o regine, castelli o principesse. Ci sono eroi della quotidianità, donne che combattono con le difficoltà della vita, giorno dopo giorno. Le tre donne vivono in una catapecchia, si guadagnano da vivere attraverso la prostituzione e sono costrette a prendersi cura di un ragazzino invalido. Tuttavia proprio all’interno di questo ambiente all’apparenza malsano sbocciano i primi germogli di una rinascita sociale. Si ricostituiscono infatti i principi essenziali di quella civiltà ormai da tempo allontanata. Emma Dante afferma in un’intervista:

È un lavoro sulla capacità profonda e inesauribile di amare. Nonostante il tugurio, la prostituzione, la convivenza forzata dal bisogno, queste donne scelgono di prendere con sé un ragazzino difettoso, menomato dalle botte del padre e orfano della madre, morta appena dopo il parto. È un ragazzino di legno perché rigido, senza articolazioni. E lo spettacolo racconta come questa rigidità riesca gradualmente a sciogliersi, con il corpo ad acquisire una sua morbidezza.

È l’Amore il motore dell’intera vicenda. Un amore incondizionato e smisurato, che si trasforma presto in spirito di sacrificio, ciò che Emma Dante definisce come “misericordia”. Spogliata di qualunque valenza religiosa, la misericordia è il sentimento di purezza d’animo e di pietà, che scaturisce nella sofferenza nei confronti dei più deboli.

Cosa contribuisce alla resa di un’atmosfera favolistica? Misericordia è uno spettacolo dissonante e piuttosto conturbante. Da una parte i costumi vivaci e gli oggetti scenici (giocattoli o elementi infantili dai colori sgargianti) rimandano al mondo dell’infanzia e della favola. Ciò è incrementato dalla presenza di intermezzi musicali danzati, dall’aspetto quasi onirico. Arturo vive infatti nel mondo dell’infanzia. Nonostante il suo corpo sia “di legno”, la sua fantasia è estremamente attiva e costruisce universi fantastici. Ciò entra però in netto contrasto con il contesto sociale disagiato nel quale le donne sono costrette a vivere. L’impressione è quella di una rottura dell’illusione, che per lo spettatore potrebbe essere assimilata alla caduta della “quarta parete”.

Lo spettacolo è realizzato da un cast eccezionale. Menzione d’onore per Arturo, il giovane Simone Zambelli. Grazie al magistrale utilizzo del corpo, il personaggio di Arturo trasmette emozioni e messaggi privandosi quasi totalmente dell’apparato vocale. La corporeità diventa dunque protagonista della scena, accanto al dialetto siciliano, una lingua terrena e “artigianale”. Dunque in Misericordia convivono diversi registri stilistici ed espressivi. Da una parte il teatro di prosa, in particolare focalizzato su una comicità semplice ed essenziale. Dall’altra il teatro-danza, la disciplina che studia la possibilità della resa espressiva del movimento del corpo su una scena teatrale. Misericordia infine è uno spettacolo di formazione. Il burattino-Arturo, grazie all’amore delle donne, acquista la libertà. Solo l’amore rende liberi, quell’amore incondizionato e totalizzante. E così, alla fine:

Arturo, il pezzo di legno, accudito da tre madri, diventa bambino.

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