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L’accordo tra Italia e Libia sui migranti è stato rinnovato

Il 2 febbraio è scattato il rinnovo automatico del memorandum d’intesa tra Italia e Libia sui migranti. L’accordo fu firmato il 2 febbraio 2017 dall’allora Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e da Fayez Al-Serraj, presidente del governo di unità nazionale in Libia. L’accordo fu stipulato per volere dell’allora ministro dell’Interno, Marco Minniti, con lo scopo di istituire una collaborazione tra Italia e Libia sulla regolazione dei flussi di migranti.

Il memorandum è stato spesso oggetto di critiche da parte della politica, degli organismi internazionali come l’ONU e delle organizzazioni non governative. Le cause sono le numerose testimonianze di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani nei centri di detenzione e la forte instabilità politica della Libia, in cui l’inasprimento della guerra civile sta spingendo sempre più persone a partire per raggiungere l’Europa.

Per questo motivo a novembre 2019, quando l’Italia aveva deciso di rinnovare il memorandum, il governo aveva promesso che si sarebbe impegnato a negoziare con i ministri libici alcune modifiche, in modo da garantire il rispetto dei diritti umani delle persone trattenute in Libia. Tuttavia, le cose sono andate diversamente: è scattato il rinnovo del Memorandum senza alcuna modifica. L’accordo potrebbe essere modificato in un futuro prossimo, ma restano comunque dei dubbi.

Cosa prevede il Memorandum sui migranti

L’accordo fu stipulato in un’ottica di contenimento dei flussi migratori a inizio 2017, dopo un biennio che aveva visto un elevato numero di migranti arrivare sulle coste italiane. Il 2016 fu l’anno in cui in Italia, dopo la chiusura della rotta migratoria balcanica in seguito all’accordo tra Turchia e Unione Europea, si toccò il record di migranti in arrivo. Infatti, di quasi la metà dei migranti arrivati in Europa quell’anno (poco più di 360.000), oltre la metà arrivò in Italia. L’accordo si pone sulla falsariga del trattato di amicizia tra Italia e Libia, sottoscritto nel 2008 dall’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e da Muammar Gheddafi.

In base all’accordo, la responsabilità del salvataggio in mare dei migranti è affidata alle autorità libiche. L’Italia si è impegnata a finanziare la guardia costiera libica, un corpo militare nato nel 2017. L’Italia collabora anche alla formazione dei membri e alla dotazione di mezzi. Molti membri della guardia costiera della Libia sono spesso, tuttavia, in combutta con gli stessi trafficanti di esseri umani, anche perché in gran parte lo erano da prima di entrare nel corpo militare. Negli anni vi sono state ripetute denunce delle violenze da parte della guardia costiera sui migranti.

Il Memorandum include anche la creazione di quelli che il documento chiama “campi di accoglienza” temporanei in Libia, gestiti dal Ministero dell’Interno del paese africano. In questi campi vengono portati i migranti che sono in attesa di essere rimpatriati nel Paese o di rientrarci volontariamente. Al momento in Libia ci sono 19 centri di detenzione governativi, dove ci sarebbero circa 2000 persone, molto in diminuzione rispetto a qualche mese fa. Tuttavia, in questi campi raramente è consentito l’ingresso dei funzionari delle organizzazioni internazionali, come l’UNHCR, la sezione delle Nazioni Unite che verifica il rispetto dei diritti umani.

Il Memorandum si affianca a un’altra misura controversa: la fornitura di fondi e attrezzatura ad alcune milizie armate libiche, sempre con lo scopo di ridurre le partenze dei barconi dalla Libia. Tuttavia, alcune di queste milizie sarebbero coinvolte nel traffico di esseri umani. Il governo italiano non ha mai ufficialmente confermato l’esistenza di questo accordo, ma la sua veridicità è garantita da numerose inchieste giornalistiche.

Le violazioni dei diritti umani

L’effetto combinato dell’accordo con le milizie armate e del memorandum ha portato a una riduzione di oltre il 90% del numero di persone sbarcate in Italia: si stima che 40 mila persone siano state riportate in Libia dal febbraio 2017, tra cui molti minori. Tuttavia, c’è un rovescio della medaglia: la continua e sistematica violazione dei diritti umani di migranti e rifugiati in Libia. Di questa, l’Italia si è resa complice fornendo fondi e attrezzature alle milizie e alla guardia costiera e finanziando la costruzione dei cosiddetti campi di accoglienza, che sono in realtà veri e propri centri di detenzione.

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Un rapporto delle Nazioni Unite del dicembre 2018 ha descritto gli “inimmaginabili orrori” che sono avvenuti nei centri di detenzione in Libia. Le oltre 1300 testimonianze raccolte dipingono un vero e proprio inferno: le milizie che gestiscono i campi sono responsabili di torture, stupri, maltrattamenti e abusi di ogni genere e compravendite di esseri umani, il tutto in un contesto di assoluta impunità.

Il rapporto ONU è solo una delle molte denunce di violazione dei diritti umani provenienti da svariati organi governativi e non. Sin dal 2017 associazioni come Amnesty International e Human Rights Watch hanno pubblicato dossier che riportavano le violenze e i maltrattamenti subiti dai profughi e denunciavano gli accordi dell’Italia con il governo libico e le milizie. Dunja Mijatović, commissaria ai diritti umani del Consiglio d’Europa, il 31 gennaio ha chiesto al governo italiano di “sospendere con urgenza le attività di cooperazione con la Guardia Costiera libica, almeno fin quando quest’ultima non possa assicurare il rispetto dei diritti umani”.

Anche la gestione dei fondi e dei finanziamenti è poco chiara. Secondo un rapporto di Oxfam, il governo italiano ha dato al governo di riconciliazione libico ben 150 milioni di euro a partire dal 2017 per formare il personale dei centri di detenzione e per fornire mezzi alla guardia costiera libica. A questi vanno aggiunti gli oltre 90 milioni provenienti dai fondi europei destinati, ancora, alla guardia costiera. Ci sono, poi, circa 130 milioni, sempre dell’Unione Europea, per migliorare le condizioni dei migranti. Si tratta tuttavia di stime, dato che alcune organizzazioni e testate ipotizzano cifre ancora maggiori. Quello che è certo è che una parte di questi soldi è finita nelle mani di milizie e trafficanti.

Le discussioni sul rinnovo e le proposte di modifica

Molte sono state le polemiche seguite al rinnovo dell’accordo senza modifiche, principalmente provenienti da parte della politica italiana e dai rappresentati delle ONG. La ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, era favorevole a una modifica dell’accordo, mentre il ministro degli Esteri, Luigi di Maio, era più tendente a una linea di continuità con quanto già stipulato, visto il crollo del 90% degli sbarchi nel giro di appena tre anni. I parlamentari di Liberi e Uguali e alcuni del Partito Democratico e del gruppo misto hanno chiesto invece la sospensione del memorandum, dichiarando che l’Italia non poteva essere complice della sistematica violazione dei diritti umani in Libia.

In seguito alle proteste, domenica 9 febbraio il ministero degli Esteri ha annunciato di aver inviato al governo di Al Serraj un documento di sei pagine, in cui chiede alcune modifiche all’accordo. Lo scopo, secondo quanto riportato nella nota della Farnesina, sarebbe quello di fare in modo che la Libia introduca modifiche significative “per garantire più estese tutele ai migranti, ai richiedenti asilo ed in particolare alle persone vulnerabili vittime dei traffici irregolari che attraversano la Libia”, in modo da  promuovere “il rispetto dei princìpi della convenzione di Ginevra e delle altre norme di diritto internazionale sui diritti umani”.

Non è ancora molto chiaro come il governo italiano intenda fare pressione sul governo libico per accordarsi sulle modifiche. Gli emendamenti al memorandum d’intesa riguarderebbero soprattutto la presenza dell’ONU in Libia e la possibilità di continuare a formare il personale libico, soprattutto quello della guardia costiera, in modo da assicurarsi che le attività di salvataggio avvengano rispettando i diritti umani.

Tuttavia, i dubbi su un’effettiva possibilità di miglioramento delle condizioni di migranti e rifugiati sono molte, dato che la Libia non riconosce la convenzione di Ginevra del 1951. Inoltre, la guerra civile in corso e il caos in cui il Paese è precipitato dopo la caduta di Gheddafi rendono sempre più difficile l’operato delle ONG e delle agenzie internazionali. Recentemente l’UNHCR è stata costretta a chiudere uno dei suoi centri in Libia per le difficoltà dovute alla situazione nel Paese.

FONTI

Lorena Pacho, L’Italia rinnova un pessimo accordo, Internazionale 1344 (7/13 febbraio 2020), pag. 34

thevision.com

governo.it

internazionale.it

internazionale.it

ilpost.it

internazionale.it

openmigration.org

amnesty.org

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