Dainese: una storia fatta di corse e di innovazione (parte II)

Come introdotto nell’articolo precedente, Dainese, preservando il valore del passato, si è dotata di strumenti che fossero a supporto della sua crescita e della sua innovazione. Per esempio, l’adozione di sistemi informativi adeguati alla dinamicità del settore di abbigliamento sportivo.

Nel 2015 è stata accettata la value proposition di Capgemini Italia e di Porini, e adottata la piattaforma Microsoft Dynamics AX 2012, per limitare i possibili rischi derivanti dal cambiamento. Nonostante l’introduzione di importanti automazioni all’interno dell’azienda, la Capogruppo non privilegia l’e-commerce ai negozi fisici, come dimostra l’apertura di altri 5 negozi nell’ultimo anno. Una scelta legata alla volontà strategica di mantenere un rapporto stretto con la clientela.

La strategia di Dainese

Per quanto concerne la strategia, l’azienda ha optato da sempre per una gestione verticale, in cui la definizione strategica fosse in seno al Consiglio di Amministrazione. Tuttavia, con l’arrivo di Cristiano Silei sono stati istituiti i D-meeting, convocati ogni sei mesi, permettendo il confronto tra vertici e dipendenti sui risultati conseguiti dall’azienda. Inoltre, al fine di creare un’identità forte e distinguibile, i valori dell’azienda, definiti nel Codice Etico sono stati inseriti nel “welcome kit” dei nuovi assunti.

Dainese pensa al movimento, alla velocità, alla libertà, a come coniugare tutto questo con la sicurezza. Tale mission viene perseguita nel pieno rispetto dei principi etici di correttezza, lealtà e trasparenza.

Valori fondamentali sono il “coraggio” e la  “curiosità”, per superare la “path dependency” che non permetterebbe alcun genere di innovazione. Nonostante le piccole dimensioni, Dainese ha operato nel mercato dello sport secondo una strategia all’avanguardia, che ha avuto un’importante dimostrazione nel 2003, con la costruzione del nuovo magazzino completamente automatizzato a Vicenza Ovest.

Brevetti e premi

L’azienda ha fondato il suo successo sull’innovazione, l’immagine di marca e l’ampiezza di gamma, a tal punto da poter contare ben 118 brevetti, in quasi cinquant’anni di attività. Il suo vantaggio competitivo è sostenuto proprio dalla sua capacità di rinnovare i prodotti storici e di svilupparne di nuovi.

Nel 1993 istituisce la Dainese Technology Centre (D-TEC®), un centro tecnico di R&S in-house per lo sviluppo di nuovi prodotti protettivi. Nel 1994 fonda la seconda divisione R&S “No Impact” per portare il know-how Dainese in settori sportivi quali MTB, snowboard e sci alpino. E nel 2001 estende il reparto con “D-Mobile”, una struttura di ricerca mobile sui circuiti internazionali per individuare e testare le innovazioni tecnologiche. Il tutto nel medesimo edificio col fine di facilitare lo scambio culturale in termini di strumenti di ricerca.

L’attenzione alla sicurezza e alla ricerca hanno così permesso all’azienda di ottenere importanti riconoscimenti, a livello nazionale come il premio “Leonardo per l’Innovazione” conferito dal Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella. Ma anche premi a livello internazionale come il prestigioso “Compasso d’Oro” per  la tuta “T-Age” disegnata da Aldo Drudi (2001), e il premio “Professor Ferdinand Porsche” per il sistema Multistrada 1200 S D-air®, conferito dall’Università della Tecnologia di Vienna.

Le tute spaziali

Per capire come sarà il futuro verso il quale l’impresa vicentina sta puntando basta guardare le nuove tute spaziali realizzate da Dainese per l’ESA e per la NASA:

Avevamo tre reparti di R&D diversi: la ricerca e sviluppo tradizionale, un gruppo di ricerca e sviluppo per progetti speciali e il gruppo relativo ai caschi. Da pochi mesi li abbiamo riunificati tutti nello stesso edificio per facilitare lo scambio culturale. È per queste competenze che ci vengono riconosciute da tutti che il M.I.T. di Boston ha deciso di venire da noi per lavorare sul progetto della NASA per realizzare una tuta che protegga gli astronauti verso Marte.

(Cristiano Silei).

I viaggi nello spazio per Dainese iniziano a settembre 2015, quando durante la missione spaziale IRISS, l’astronauta danese Andreas Mogensen indossò la tuta SkinSuit. Risultato della partnership tra l’ESA e il Dainese R&D Center, SkinSuit è in grado di esercitare sul corpo degli astronauti una pressione che simula il peso normalmente imposto dalla massa corporea sulla Terra. In questo modo la tuta contrasta l’allungamento della spina dorsale in assenza di gravità senza compromettere comfort e mobilità. SkinSuit è inoltre un prodotto completamente tailor made realizzato con una complessa procedura che prevede più di 150 misurazioni del corpo dell’astronauta.

Il viaggio di Dainese continua poi il 29 dicembre 2016 quando durante la missione Proxima, SkinSuit vestì l’ingegnere e astronauta francese Thomas Pesquet. La missione durò sei mesi. Al ritorno, l’astronauta non ebbe bisogno di alcun periodo di riabilitazione muscolare (solitamente di 2-3 mesi circa), poiché la tuta lo protesse perfettamente. Grazie anche a queste conferme SkinSuit è diventata lo standard dominante in termini di sicurezza e protezione. Si utilizza oggi all’interno della Stazione Spaziale Internazionale da più di 30 astronauti.

Biosuit

Le sfide del centro di ricerca e sviluppo di Dainese non sembrano esser finite. Anzi: secondo l’accordo concluso tra il vicedirettore della NASA, Dave Newman, e Dainese, sarà proprio l’azienda italiana a vestire e proteggere gli astronauti per il primo viaggio umano su Marte previsto intorno al 2030.

BioSuit è il nome della tuta su cui l’azienda sta attualmente lavorando. La particolarità di questa tuta è il concetto delle linee di non estensione. Si tratta di determinati punti del corpo che, nonostante i movimenti, non si contraggono e non si allungano. Collegandoli tra loro la pressione dell’organismo rimane costante. BioSuit è concepita in modo da congiungere questi punti esercitando una pressione meccanica sul corpo senza interferire col movimento degli astronauti.

La novità è rappresentata proprio dalla sostituzione della classica pressurizzazione pneumatica con una di tipo meccanico. La prima infatti renderebbe la tuta ingombrante e rigida, aumentando notevolmente lo sforzo dell’astronauta per spostarsi. La tuta è ancora in fase di progettazione e dovrà garantire agli astronauti il giusto apporto di ossigeno. Inoltre, dovrà fornire protezione sia dall’assenza di gravità sia dalle radiazioni solari. Obiettivo: il perfetto equilibrio tra ergonomia e comfort.

Ed ora, quel caveau inaccessibile, dove Lino Dainese ha sperimentato al servizio dell’uomo, è divenuto aperto al pubblico. È stato infatti istituito il Dainese Archivio. Qui, un’esposizione permanente delle innovazioni e delle persone che hanno reso Dainese uno tra i marchi sportivi più conosciuti in tutto il mondo. Un luogo in cui poter rivivere la storia di un’azienda che, partendo da un sottoscala, ha esportato l’unicità del proprio know-how fino a conquistare lo spazio.


FONTI

ILSOLE24ORE

Owler

The Insider

Intervista a Cristiano Silei

 

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