Dai diamanti non nasce niente, dalla plastica nascono opere

Fabrizio De André cantava che dal letame possono nascere fiori, e forse non aveva tutti i torti nel dirlo. Forse è proprio vero che anche dalle situazioni peggiori si può ricavare qualcosa di positivo, perché sono soprattutto queste ad insegnarci le lezioni più importanti della vita.

Ma se dal letame potessero nascere anche opere d’arte? L’arte ha tantissime definizioni e sfaccettature; viene considerata come il mezzo per creare bellezza dalla realtà di tutti giorni, il mezzo per dare colore al grigiore, ma soprattutto l’arte è rendere visibile l’invisibile. Ed è proprio questo ciò che è riuscito a fare Alejandro Duran nel suo progetto Washed Up: Transforming a Trashed Landscape.

L’isola che purtroppo c’è

Appena a sud di Tulum, sulla costa caraibica del Messico, troviamo Sian Ka’an, una riserva federale protetta, patrimonio mondiale dell’UNESCO e una delle regioni con più biodiversità del pianeta. La prima immagine che ci viene in mente è sicuramente quella di un’isola sperduta, con vastissime spiagge bianche e vegetazione incolta. Rimarrà però solo una visione effimera perché la realtà, invece, è quella di un’isola, più che sperduta, persa nella plastica.

Nel 2010 Alejandro compie il suo primo viaggio in questo paradiso terrestre e ne rimane completamente inorridito.plastica Dopo esserci stato, è tornato più e più volte all’anno per visitare Sian Ka’an e per lavorare con questa spazzatura. Anche se non si può sapere dove è stato fatto cadere un rifiuto, a volte, in base all’etichetta si può sapere dove è stato realizzato.

I risultati documentano la spazzatura di 58 paesi e territori in sei continenti, tutti a terra su quest’isola in Messico. Una delle ironie è che molto di quello che è stato trovato sono prodotti per la pulizia e l’abbellimento, come articoli dagli Stati Uniti, shampoo dalla Corea del Sud, candeggina dal Costa Rica e un detergente per WC norvegese. Ecco però che entra in gioco l’artista; sono infatti questi gli oggetti affascinanti, ma anche terrificanti, che Alejandro utilizza per realizzare le sue opere ambientali.

Il progetto

Come capita spesso nella vita, è iniziato tutto per puro caso. Nel suo primo viaggio, mentre raccoglieva la plastica, Alejandro ha notato che il blu era il colore più diffuso. Ha fatto quindi un piccolo arrangiamento di fronte alle acque dei Caraibi e dopo aver scattato una foto, ha subito capito che sarebbe dovuto tornare per creare un’intera serie di installazioni sul posto e fotografarle. La peculiarità del progetto è che la spazzatura non viene dipinta, bensì collezionata ed organizzata per colore sulle stesse spiagge in cui viene trovata. L’intenzione dell’artista è di prendersi cura di questa spazzatura, esaltarla, quasi come a metterla su un piedistallo e curarla.

plasticaAlcuni hanno descritto la Great Pacific Garbage Patch, ovvero quest’isola di plastica, come uno spazio che copre un territorio pari a due volte il Texas. Tuttavia, è molto difficile da vedere perché è più simile ad una grande nube di smog.

Quindi, attraverso le sue opere d’arte, Alejandro cerca di rappresentare la realtà di ciò che sta accadendo nel nostro ambiente. Cerca di renderla visibile a tutti, anche a coloro che sempre più spesso cercano di negarla. La sua domanda chiave all’inizio, dopo aver avviato il progetto, era che cosa fare con i rifiuti una volta terminato il tutto. Infine si è reso conto, dopo lo sforzo per raccogliere, organizzare e pulire questa spazzatura, che avrebbe dovuto semplicemente tenerla. È quindi questo il piano: usarla e riutilizzarla all’infinito per fare più opere d’arte e coinvolgere le comunità nella creazione di arte ambientale.

Nel suo ultimo lavoro, inoltre, Alejandro ha iniziato a rompere il piano bidimensionale della fotografia per renderci meno spettatori ma più attori di questo problema che coinvolge tutti, senza alcuna distinzione.

Cosa si può fare?

Otto milioni di tonnellate di rifiuti di plastica entrano nei nostri oceani ogni anno, distruggendo gli ecosistemi. Questo progetto è come una richiesta di aiuto, ma soprattutto è un invito all’azione, a non girarsi dall’altra parte solo perché qualcosa o ci fa male o sembra non riguardarci. La nostra salute ed il nostro futuro sono indissolubilmente legati a quelli dei nostri oceani. Bisogna agire. Ognuno grazie alle proprio capacità e possibilità deve partecipare alla salvaguardia del pianeta, chi come Alejandro attraverso l’arte, chi come Greta attraverso gli scioperi.

 

FONTI:

ted.com

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