Hikikomori e kodokushi: il dramma della solitudine contemporanea

Le società contemporanee, per quanto differenti in termini di culture e linguaggi, hanno in comune molte più caratteristiche (e problematiche) di quante si possa pensare. Un tratto presente in tutte è la solitudine, sempre più evidente, che colpisce gli individui, pur vivendo all’interno del contesto sociale.

Hikikomori – “Stare in disparte

Hikikomori è un termine giapponese, la cui traduzione in italiano è “stare in disparte”. È un tema complesso da trattare a causa della particolarità di ogni singolo caso. Rapidamente però, questo atteggiamento è diventato una problematica sociale che non è più possibile sottovalutare. Esploso in Giappone negli ultimi anni, ha poi trovato sfogo ed espressione anche in diverse realtà mondiali. Si tratta di un fenomeno che riguarda in maggioranza i giovani nella fascia d’età compresa tra 14 e 30 anni, con una percentuale maggiore di uomini.

L‘Hikikomori non è più un fenomeno marginale, e questo si capisce quando si leggono le cifre: in Giappone sono mezzo milione i casi accertati, ma secondo le associazioni che si occupano direttamente del problema il dato potrebbe raddoppiare.

A un primo sguardo si può etichettare il fenomeno come una dipendenza da internet pura e semplice, ma in realtà il suo utilizzo compulsivo ne è la diretta conseguenza. Le cause riguardano principalmente la persona e la sua difficoltà a rapportarsi con il mondo esterno, anche a partire dal contesto familiare. L’individuo arriva a “stare in disparte” nel senso più completo del termine: si rinchiude nella propria camera e rifiuta ogni contatto con il mondo esterno; il periodo di tempo è molto variabile ma si passa dai pochi mesi fino a diversi anni.

L’Italia, come la totalità delle società contemporanee, non è esclusa da questo fenomeno. Sul territorio italiano agisce la fondazione Hikikomori Italia, che ha il compito di informare e soprattutto sensibilizzare l’opinione pubblica verso questo fenomeno, ancora in gran parte sconosciuto e in certi casi sottovalutato.

Kodokushi – Morti solitarie

La parola, anche questa di origine giapponese, è stata pensata in relazione al fenomeno, ormai divenuto emergenza, delle morti solitarie in Giappone. Si stimano trentamila casi l’anno di persone anziane rimaste sole che vengono trovate anche mesi dopo la loro morte.

La traduzione letterale “morte solitaria” allude a un cambiamento strutturale del Giappone, in cui la solitudine è diventata parte integrante del sistema. Il paese invecchia rapidamente. Dal boom demografico del dopoguerra si è passati a un aumento della vita media e a un parallelo crollo delle nascite.

Tokiwadaira è uno dei tanti complessi residenziali in cui vive un elevato numero di anziani, per lo più rimasti soli o con parenti lontani che sentono solo occasionalmente. Si tratta di uno degli edifici più grandi, costruito in pieno boom economico e demografico del dopoguerra e basato sul cosiddetto stile di vita “all’americana”. Il concetto da introdurre era quello della famiglia nucleare, diametralmente opposto invece a quella generazionale, che vedeva una casa ospitare più generazioni contemporaneamente.

Il ritrovo dei corpi mesi dopo il decesso ha dato vita ad una vera e propria industria. Sono diverse decine le aziende che si occupano di ripulire da cima a fondo questi appartamenti, il più delle volte sommersi da quantità incredibili di rifiuti. Spesso sono gli istituti bancari a fare la scoperta: si interrompe il pagamento delle spese ed essi si occupano di mandare un funzionario sul posto per verificarne la causa.

Un caso che aveva avuto risonanza mondiale (nel 2010) è stato quello di Sogen Kato, conosciuto come l’uomo più vecchio di Tokyo. Avrebbe dovuto compiere 111 anni, e per l’occasione sarebbe stato raggiunto da alcune personalità municipali per festeggiare l’evento. Si scoprì che in realtà l’uomo era morto da 30 anni, ritrovato quasi mummificato nel suo appartamento.

Punti in comune

Per quanto l’Hikikomori e il Kodokushi siano differenti, è difficile evitare una loro comparazione e analisi. Fondamentale è chiarire come non sia possibile, in nessuno dei due casi, identificare una classe sociale colpita con maggiore incidenza di altre. Si tratta di fenomeni trasversali, che colpiscono in generale gli individui senza alcuna discriminante in particolare. Questo è fondamentale da sottolineare perché riconduce al bisogno dell’uomo di instaurare rapporti sociali, mettendo in luce come non sia sufficiente vivere all’interno di una società per farlo. Viene quindi allo scoperto, anche se in modi e tempi differenti, la sostanziale difficoltà (se non talvolta vera e propria incapacità) di instaurare relazioni. Da questo deriva una caduta nel vortice della solitudine, che a sua volta non fa altro che aumentare la difficoltà nella creazione di nuovi rapporti. È un cane che si morde la coda, una spirale da cui è sempre più difficile uscire.

Il tema della sostenibilità umana è trasversale e attraversa tutte le società contemporanee e ciascuna ne prende atto secondo tempi e modi differenti. Il fatto però che si tratti di un problema comune è ormai innegabile e la sua presenza nel Global Risk Report 2019  ne è l’ennesima una conferma.

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