Riformulare la fiaba: “Nell’antro dell’alchimista” di Angela Carter

Entrare nei mondi architettati da Angela Carter è un’esperienza pari a quella suggerita dal titolo: la sua scrittura barocca, con diretti influssi simbolisti e gotici e un ricchissimo sostrato di riferimenti culturali, risulta inebriante, a tratti intossicante nel suo permeare la totalità dei sensi e della capacità intellettiva del lettore. Solo un’alchimista dalle così straordinarie abilità può, pertanto, permettersi di interferire con la struttura formulaica delle fiabe della tradizione europea, ricomponendone i tasselli e facendone emergere i messaggi più reconditi, anziché limitarsi a modernizzarle a un livello superficiale. Come riconosce Salman Rushdie, al quale è affidata la prefazione al volume,

Baudelaire, Poe, lo Shakespeare del Sogno, Hollywood, la pantomima, la fiaba; la Carter non nasconde le proprie fonti di ispirazione, poiché ne è la loro decostruzionista, la loro sabotatrice. Prende ciò che conosciamo e, dopo averlo ridotto in pezzi, lo ricostruisce nel suo modo acuminato e cortese; le sue parole sono nuove e non-nuove, come le nostre. […] La Carter ci apre una vecchia storia e al suo interno, come in un uovo, trova una storia nuova, la storia di adesso che vogliamo ascoltare.

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Si ringrazia la casa editrice Fazi per la collaborazione.

Le fiabe della sezione “La camera di sangue e altri racconti” sono posizionate nel volume, così come nella cronologia della produzione letteraria di Angela Carter, dopo una prima fase giovanile e un momento di rapida maturazione a livello sia stilistico che ideologico, coincidente con la sua esperienza di vita in Giappone. La loro pubblicazione risale infatti al 1979; due anni prima Angela Carter aveva pubblicato una traduzione delle fiabe di Charles Perrault, un esercizio di stile non scevro da licenze poetiche sul materiale originale di storie come Barbablù e Cappuccetto Rosso parallelo a ricerche sulla narratologia della fiaba.

Le fiabe di Angela Carter non sono semplici retelling degli originali, né aspirano a trasportare nel ventunesimo secolo la struttura formulaica del racconto: l’autrice mantiene l’astrazione temporale tipica della fiaba, anzi quando possibile la crea isolando volontariamente i protagonisti dagli spazi familiari, trasportandoli in terre straniere e tranciando i collegamenti telefonici con il mondo reale. In alcuni casi i racconti sono dei proseguimenti di vicende già conosciute, in altri l’autrice gioca sul ribaltamento dei ruoli e sull’aspetto metamorfico che caratterizza molte delle fiabe classiche. Topoi come la licantropia, o la trasformazione da umano a Bestia, vengono riletti, trasportati sulle protagoniste donne, subdolamente o meno capovolti per restituire al genere femminile la consapevolezza della propria sessualità, del proprio potere e della capacità di essere soggetti attivi nella propria storia.

Uno degli obiettivi della rielaborazione delle fiabe a opera della Carter è proprio far emergere in modo esplicito il latente contenuto sessuale che è insito in ogni racconto, così da portare al centro dell’attenzione il ribaltamento in senso femminista delle dinamiche patriarcali. Nel racconto che dà il titolo all’intera sezione, “La camera di sangue”, la perversione sessuale di Barbablù è anticipata dal ritrovamento di libri pornografici da parte della protagonista, e a salvare la damsel in distress dal suo destino di morte non è un cavaliere, bensì la madre stessa, una figura eroica a se stante che intuisce il pericolo e interviene in prima persona sulle sorti della figlia.

copertina ingleseAncora più evidente nei suoi intenti è “Lupo-Alice“, la storia di una ragazza allevata dai lupi e della doppia presa di consapevolezza della sua natura di essere umano e di donna alle soglie della maturità sessuale, in coincidenza con l’arrivo del ciclo mestruale.

Per quanto le sottogonne le impedissero di correre velocemente su due zampe, vestita di nuovo, trottò fuori a indagare le fragranti siepi ottobrine, come una debuttante del castello, soddisfatta di sé anche se, di tanto in tanto, cantava ancora ai lupi in una sorta di trionfo malinconico, perché ora aveva imparato a vestirsi e aveva indossato il segno visibile della sua differenza da loro.

Altri racconti esplorano invece diverse ispirazioni rispetto alla linea ideologica principale: “La bambina di neve” è una breve, tagliente reinterpretazione della storia di Biancaneve in chiave freudiana, mentre “La signora della casa dell’amore” riprende elementi del romanzo gotico — primo tra tutti Dracula di Bram Stoker — più che della fiaba. “Il gatto con gli stivali” presenta invece un tono marcatamente diverso dal resto dei racconti, oscillando tra la commedia dell’arte e la letteratura umoristica e picaresca.

La decisione della casa editrice Fazi di ripubblicare i racconti di Angela Carter è al giorno d’oggi quanto mai appropriata al fine di fornire una prospettiva ben diversa dal continuo rigurgito di prodotti fiabeschi edulcorati e diluiti dalle majors cinematografiche. Le fiabe, così come sono state concepite, non prevedono quasi mai un lieto fine, sono contraddistinte dall’elemento del perturbante e dell’orrido e, al pari di altre forme folkloriche o mitologiche, hanno il diritto e il dovere di sfidare la morale del tempo in cui vengono riadattate.


 

 

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