Odio razziale. Il razzismo che ritorna nella società 3.0

Odio razziale 3.0. La storia si ripete, si va contro ciò che è diverso disprezzandone l’autenticità, impressionandosi delle distinzioni e allontanandosi dalla grandezza della condivisione. Odiare un’altra etnia ci porta indietro nel tempo, quando le leggi razziali e l’apartheid segnavano la storia dell’umanità.

L’enciclopedia Treccani alla voce “odiare” inserisce questa spiegazione: “deriva dal latino odium, derivato di odisse «odiare». Sentimento di forte e persistente avversione, per cui si desidera il male o la rovina altrui; sentimento di profonda ostilità e antipatia. Associato alla parola razziale, si fa riferimento all’ostilità e alla volontà di rifiutare  le altre religioni, lingue, etnie”.

Purtroppo oggi l’odio razziale si diffonde e si propaga nella società a macchia d’olio. Nonostante i millennials siano molto incentrati sulla diffusione dei principi di uguaglianza, fratellanza e tolleranza, una grande fetta della società 3.0 vive in un’ottica di odio razziale.

Cosa si intende per odio razziale? Odio verso chi ha un’etnia diversa in una società composta da una maggioranza. Il disprezzo basato sulla discriminante dell’origine culturale e della diversità fisica. Oggi si assiste a numerosi casi di odio razziale, dalle situazioni di vita quotidiana a quelle di eventi più importanti e sotto i riflettori dei media.

Aggravante di questo sentimento è la propaganda razzista che si è instaura sui social media, strumenti che permettono di dare diritto a qualsiasi tipologia di pensiero. Oggi meme razzisti, insulti, commenti negativi verso chi è culturalmente e etnicamente diverso spopolano sui social, rendendo normale una situazione di razzismo che si digitalizza e si rende condivisibile su larga scala.

Ultimo caso noto è l’attacco alla senatrice Segre, che ha ricevuto minacce di morte e insulti per il suo essere ebrea. Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, è stata nominata senatrice a vita e ha avanzato la proposta di istituire una Commissione Parlamentare per il contrasto dei fenomeni dell’intolleranza del razzismo, dell’antisemitismo, e dell’istigazione all’odio e alla violenza. Questa proposta, approvata con l’astensione di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, è stata una vittoria per la senatrice, ultimo bersaglio degli attacchi d’odio razziale.

Mi sono rivolta alla coscienza di ognuno  e pensavo che una commissione contro l’odio come principio dovesse essere accettata da tutti, mi sembrava un discorso quasi banale. Sono rimasta fortemente sorpresa perché tutti i distinguo che ho cominciato a sentire esulavano dal mio pensiero

Nel 2017 l’Osservatorio antisemitismo ha pubblicato un sondaggio in cui si evince un dato allarmante: l’11% degli italiani (fra i 6 e i 7 milioni) rispondono con disprezzo e atteggiamento negativo, quando gli vengono chiesti pareri sugli ebrei. Il 33% possono considerarsi “ambivalenti”, in quanto il giudizio negativo  si basa solo su alcuni argomenti. Purtroppo il sondaggio mette in  luce un grave dato di fatto: l’antisemitismo esiste ancora e probabilmente si è rafforzato. A dimostrare la gravità di questo dato sono alcuni episodi che si sono presentati nella quotidianità sociale e  durante eventi mediatici seguiti da tante persone.

Tra i casi che più fanno riflettere sulla nuova forma di odio razziale spicca l’accaduto di Milano. Durante una partita di campionato tra adolescenti, un padre di uno dei ragazzi si è scagliato contro un ragazzo di colore urlando insulti insulti razzisti come “scimmia” e “negro”. Il ragazzo è finito in prognosi per cinque giorni.

Sempre nel calcio, durante una partita del campionato italiano di serie A, la curva dell’Hellas Verona ha dato vita ad un insulto all’insegna dell’odio razziale. La vittima? Il giocatore bresciano Mario Balotelli, insultato dalla sua stessa curva. Il capo ultras, dirigente di Forza Nuova, ha dichiarato che Balotelli sarà sempre uno straniero in una terra che non gli appartiene.

A sconvolgere la quotidianità, attirando l’attenzione mediatica, è stato anche il caso di Bologna. Due politici di Fratelli D’Italia si sono ripresi mentre leggevano a voce alta i nomi degli inquilini delle case Acer, per istituire una specie di censimento e portare avanti la tesi di sostituzione etnica.  Denunciati per violazione della privacy, il loro intento era dimostrare quanto gli italiani siano stati sostituiti dagli stranieri, denunciando una sbagliata assegnazione delle case popolari alle persone non italiane.

A Novara, invece, una ragazza marocchina è stata insultata e aggredita dall’autista del pullman che va da Trecate a Novara. Dopo averle urlato di non volere i suoi soldi, l’autista l’ha insultata con appellativi razzisti suscitando il malcontento dei passeggeri.

Queste testimonianze rispondono non solo al dato riportato dall’osservatorio antisemitismo, ma anche al sondaggio organizzato da Swg. Il sondaggio ha riportato che il 55% degli italiani giustifica gli atti razzisti, dall’insulto social agli atti di violenza e di esclusione nella vita quotidiana.

Il caso Segre ha portato alla luce una realtà, c’è una minoranza che sta alzando la testa rendendosi conto che è consentito dire o fare certe cose. È un quadro preoccupante perché il dato cresce all’interno dei segmenti sociali più bassi, mentre trova maggiore opposizione fra i giovani della ‘generazione Z’, dove pure ci sono pulsioni razziste e antisemite minoritarie.

Le parole di Enzo Risso, direttore della Swg, ospite del convegno organizzato da Huffpost in collaborazione con Gedi (ospitato dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli a Milano) mettono in uno stato d’allerta la storia del presente: le vittime dell’olocausto, le rivoluzioni contro l’apartheid, e le barriere abbattute nel corso dell’evoluzione umana saranno in grado di respingere l’ondata razzista dei nostri tempi?

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