TikTok: il cavallo di Troia dei giorni nostri?

“[…]questa macchina è fabbricata a danno delle nostre mura, per spiare le case e sorprendere dal alto la città, o cela un’altra insidia […]”

Virgilio descrive così l’episodio del cavallo di Troia nell’Eneide. Una vicenda simile a quella narrata dall’autore si sta svolgendo in questi giorni. Questa volta la guerra non è tra Achei e Troiani, ma tra Stati Uniti e Cina, i cui rapporti non sono mai stati dei migliori. Il cavallo inoltre non è fatto di legno e si nasconde in più di un miliardo di smartphones.

Lo scontro tra le due potenze infatti riguarda un’applicazione molto in voga ultimamente tra i più giovani: TikTok. Questo è un social network che consente ai suoi utenti di realizzare clip di 15 o 60 secondi scegliendo musica, filtri e effetti sonori. Le clip hanno come protagonista una o più persone che cantano in playback o fingono di recitare qualche sketch. Tutto è reso più divertente dalla possibilità di modificare la velocità del video e di sbizzarrirsi nell’editing. TikTok è l’app più scaricata del momento, superando addirittura Instagram e Facebook.

L’app è di proprietà della start up cinese più quotata al mondo, dal valore di circa 75 milioni di dollari: ByteDance. Inoltre nel 2017 ha acquistato la società Musical.ly (anch’essa cinese) per 800 milioni di dollari, diventata ora parte di TikTok. Le autorità degli Stati Uniti hanno aperto un’indagine sull’acquisizione, per verificare se l’applicazione presenti dei rischi per la sicurezza nazionale.

Quella che sembra essere semplicemente una delle tante app dal successo passeggero, è vista infatti come una potenziale minaccia dai senatori statunitensi Schumer e Cotton. Si teme che il social network non sia altro che un cavallo di Troia utilizzato dai cinesi per svolgere operazioni di spionaggio. Più di 110 milioni di persone negli Stati Uniti hanno scaricato l’applicazione. Quindi i cittadini americani stanno aprendo le porte al potenziale nemico senza timore.

Nei termini e condizioni di TikTok è presente una voce che precisa come l’app raccolga dati e informazioni degli utenti dai loro dispositivi. Questi dati includono le comunicazioni e i contenuti degli utenti, l’indirizzo IP e altre informazioni personali sensibili. In particolare, anche molti militari delle forze armate statunitensi fanno uso di quest’applicazione. Quindi le autorità cinesi potrebbero avere accesso ad importanti informazioni sulle attività militari americane. ByteDance ha dichiarato che i dati raccolti negli Stati Uniti restano sul territorio americano, senza che il governo cinese possa averci accesso. La società però è comunque tenuta a rispettare le leggi cinesi, come evidenziano Schumer e Cotton.

Un altro aspetto rilevante riguarda la censura: i social network cinesi infatti sembrano promuovere un’agenda molto vicina alla linea governativa cinese. Questo è confermato dal fatto che ByteDance abbia censurato contenuti critici nei confronti del governo e menzioni di fatti attuali quali le proteste ad Hong Kong. Un articolo del Guardian ha messo in evidenza come il team di TikTok sia istruito a censurare obbligatoriamente video che hanno a che fare con temi sensibili come l’indipendenza del Tibet o il gruppo religioso Falun Gong.

L’azienda ha provato a difendersi affermando che la censura rispetta le leggi statunitensi, dato che il team per la moderazione dei contenuti si trova in California. Allo stesso tempo però, la start up dichiara di aver stipulato queste regole quando l’app era prevalentemente appannaggio degli utenti cinesi. In questo modo, quindi, ammette indirettamente che la censura esiste. Gli Stati Uniti potrebbero bandire l’applicazione a causa della poca trasparenza circa la gestione dei dati degli utenti.

Come se non bastasse, Stati Uniti e Regno Unito hanno multato il social network cinese per un totale di circa 25 milioni di dollari. L’accusa è quella di non aver rispettato la privacy di utenti under 13. Infatti, la normativa europea prevede che qualsiasi trattamento di dati dei minori di tredici anni debba essere autorizzato dai genitori. L’azienda è accusata di non aver bloccato contenuti condivisi da utenti di un’età evidentemente inferiore ai 13 anni.

In un’epoca in cui si è abituati a vedere qualsiasi scempiaggine online, incitazioni alla violenza e all’odio, la censura sembra doverosa. Il fatto sconvolgente è che questa non abbia alcuno scopo educativo, in questo caso. L’obiettivo è infatti solo quello di mettere a tacere voci scomode che potrebbero far emergere le falle interne di un governo severo come quello cinese.

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