Quando difendere il crocifisso contraddice la religione stessa

Sono le tre di un tranquillo pomeriggio di inizio ottobre. In occasione dell’edizione 2019 del Festival di Internazionale a Ferrara, la città estense si riempie di dibattiti su tematiche di attualità con giornalisti e altri ospiti da tutto il mondo. Al Teatro Nuovo si parla di Europa, identità e religione, con il professor Olivier Roy e monsignor Gian Carlo Perego. Un politologo francese che osserva il cristianesimo nella storia culturale europea e un arcivescovo che dissente su un certo uso dei simboli religiosi. 

Cristianesimo ed Europa 

Si dice spesso che il cristianesimo ha plasmato cultura, usi e tradizioni dei popoli di questo continente, ed è in gran parte vero. Le sue influenze sono visibili nel diritto, nella lingua, nell’arte e persino nel paesaggio, se si pensa al nostro Stivale costellato di campanili.
C’è chi considera queste vere e proprie radici cristiane, che come tali è doveroso riconoscere anche in sedi istituzionali. In particolare, un dibattito in materia si sviluppò all’epoca della tentata stesura di una Costituzione Europea. Nelle varie bozze compariva infatti un generico “culturali, religiose e umanistiche” che destò non poche polemiche.
Altri invece ritenevano più importante l’apporto di altri valori e tradizioni, primi fra tutti quelli della classicità greco-romana e quelli dell’Illuminismo. 

Una posizione d’equilibrio – non priva di arguta ironia – fu presa da Umberto Eco:

L’Europa nasce su radici che non sono soltanto giudaico-cristiane, ma anche greco-romane. A parte la storia dell’arte o la funzione dell’immaginario mitologico in tutta la poesia europea, senza Platone e Aristotele non ci sarebbe stata neppure la teologia cristiana. Non c’è bisogno di ricordare la presenza del diritto romano nelle istituzioni europee, e il latino che si vorrebbe reintrodurre nella messa l’hanno inventato i pagani ed è diventato cristiano solo per diritto ereditario.

Valori cristiani secolarizzati

Se esiste un’identità comune tra i popoli che fanno parte dell’Europa, certo alla sua base non può esserci solo la religione cristiana. Innegabile, infatti, è l’apporto di più esperienze diverse nella cultura europea. 

I due ospiti dell’incontro ferrarese puntualizzano l’importanza di tutti gli elementi in gioco e gettano luce sull’evoluzione dei valori cristiani stessi.
In quasi due millenni di vita, essi sono sì permeati nella cultura e nella società, ma sono stati anche rielaborati. In particolare, un primo processo in atto fin dai tempi di Costantino è quello di secolarizzazione o laicizzazione: molti valori cristiani non hanno più – o non necessariamente – valenza religiosa, non appartengono più – o soltanto – a questa sfera.

Quando osserviamo che svariati aspetti della nostra cultura derivano dal cristianesimo e sono comuni anche ai laici o ad atei e agnostici, stiamo affermando proprio questo: ormai rappresentano un fattore culturale più che religioso della società. È proprio su valori cristiani secolarizzati che, secondo il politologo Roy, si baserebbe la storia sociale dei popoli europei

Tra gli altri esempi, il monsignor Perego propone quello dello stato assistenziale, analogo alla carità cristiana nell’ispirazione, ma differente nell’essere un istituto laico e statale. 

Scristianizzazione

Dagli anni ‘60 del secolo scorso è in atto, invece, un processo di matrice differente: la cultura europea si scrolla di dosso quasi del tutto il cristianesimo.
La Chiesa non rappresenta più un punto di riferimento morale, la fonte da cui attingere valori, che piuttosto si incentrano sull’individuo, i suoi desideri e le sue libertà. Chiaramente i fedeli non sono spariti, ma su larga scala si guarda a valori tipici della modernità, post-illuministici, non a quelli della religione cristiana. Ricordiamo che già due secoli prima iniziava un cambio di paradigma notevole: l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese aprivano le porte all’era moderna, alle libertà individuali, alla centralità della riflessione e del pensiero, al diritto alla felicità.

Nascono così, negli ultimi decenni del secolo scorso, le leggi sul divorzio, sull’aborto, sull’eutanasia, sulle unioni civili e i matrimoni tra persone dello stesso sesso, sulle adozioni nelle famiglie omogenitoriali. Il numero di praticanti o anche solo credenti è in costante calo.
La laicità stessa può assumere carattere normativo, come nel caso della Francia, dove la religione è vista come un fatto strettamente privato e vige il divieto di mostrare simboli religiosi per funzionari statali e simili.

Non si vuole qui di entrare nel merito di tutti questi fatti. Piuttosto, si tratta di considerarli come espressione di una cultura scristianizzata, non più genericamente laica.

Confusione identitaria

Insomma, l’Europa odierna si è lasciata alle spalle buona parte di cristianesimo. Tuttavia, molta retorica anti-immigrazionista continua a far riferimento a quelle presunte radici cristiane dell’Europa, in virtù delle quali le genti di religione islamica sarebbero addirittura incompatibili con la nostra società.

Si tralascia però che l’Europa ospita da sempre più religioni. Oltre alle varie confessioni del cristianesimo (cattolicesimo, protestantesimo, anglicanesimo, ortodossia, …), una presenza importante è quella della comunità ebraica, nonché di quella musulmana stessa (soprattutto nella penisola balcanica).

Si tralasciano anche danni e colpe della Chiesa, come certa opposizione al progresso scientifico, che certo non possono dirsi compatibili con la società europea odierna.
Infine, in un quadro di diffuso distacco dalla religione, fa ancor più specie una posizione del genere. 
Il professor Roy osserva come non sia un caso che abbia iniziato a manifestarsi in concomitanza con i flussi migratori che hanno portato in Europa molti musulmani.
In quest’ottica,
le rivendicazioni di una preponderante matrice cristiana nell’identità europea risultano piuttosto strumentali.

Religione o cultura?

Ai fini di una certa retorica politica, infatti, torna utile fomentare divisioni, chiusura, pregiudizi. Tuttavia, fa notare monsignor Perego, questa retorica ha ben poco a che vedere con la morale cristiana.
Fondata com’è sulla fratellanza delle genti e l’amore verso il prossimo, dovrebbe ispirare un
modello di Europa incentrato sulla solidarietà, l’inclusione, la dignità umana, il bene comune. Che risulti invece pretesto per escludere qualcuno è quantomeno incoerente.

Discorso analogo per l’uso dei simboli religiosi nei luoghi pubblici o da parte di figure istituzionali. Il crocifisso nelle aule scolastiche cozza inevitabilmente con la laicità dello Stato e con l’alt ad altri segni analoghi. Lo si difende, però, come simbolo culturale. “Alla pari dei tortellini insomma!” ironizza Olivier Roy. 

Anche la Corte Europea dei diritti umani lo ha autorizzato come tale:

Frutto e simbolo dell’evoluzione storica della comunità italiana e di un’antichissima e ininterrotta tradizione ancora oggi attuale e fondata sui principi e sui valori democratici e umanitari delle civiltà occidentali. 

Il crocifisso è ancora nelle aule e gli viene riconosciuta importanza, ma è svuotato di tutta la sua valenza religiosa. Da simbolo del sacrificio di Cristo, della sua passione e resurrezione, della remissione dei peccati, a qualcosa più che un tortellino. Può considerarsi una vittoria?

L’identità, concludono gli ospiti, non è un’immagine fissa, statica, immutabile. Non si costruisce guardando indietro, ma davanti a noi e con lo sguardo rivolto a quanto ci circonda.
La sfida dell’Europa è mettere insieme popoli diversi. Fossilizzarsi su limiti e divisioni, ostentando i simboli cristiani, sembra nuocere alla religione stessa più che ad un’identità plurale. Si finisce per farsi autogol.


FONTI
Incontro “Il sacro e il profano” al Festival di Internazionale a Ferrara 2019 con Olivier Roy e Gian Carlo Perego, moderato da Stefania Mascetti.
Disegnare il futuro con intelligenza antica, a cura di Luciano Canfora e Ugo Cardinale, Il Mulino, 2012, pp. 89-99

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