Willie Peyote, razzismo e fake news

Willie Peyote: fra razzismo e fake news

Ecco come, nell’Enciclopedia Treccani, vengono definite le fake news:

Locuzione inglese (lett. notizie false), entrata in uso nel primo decennio del XXI secolo per designare un’informazione in parte o del tutto non corrispondente al vero, divulgata intenzionalmente o inintenzionalmente attraverso il Web, i media o le tecnologie digitali di comunicazione, e caratterizzata da un’apparente plausibilità, quest’ultima alimentata da un sistema distorto di aspettative dell’opinione pubblica e da un’amplificazione dei pregiudizi che ne sono alla base, ciò ne agevola la condivisione e la diffusione pur in assenza di una verifica delle fonti. 

Cosa sono le fake news?

La definizione parla chiaro: le fake news, di cui tanto sentiamo parlare, non sono altro che bufale mediatiche o mezze verità diffuse in rete da tutti coloro che, per motivi sociali o politici, potrebbero trarre vantaggio da un maggiore tasso di disinformazione. Perché proliferino, serve l’ambiente giusto. E l’ambiente giusto è costituito da una buona dose di promozione o apologia dell’odio da parte delle istituzioni e un pizzico di noncuranza da parte del pubblico, il tutto condito dalla svalutazione del ruolo dell’istruzione nella società odierna.

Sì perché, come dice la Treccani, le fake news si basano su concetti errati ma accettati dall’opinione pubblica, su pregiudizi che spesso incitano all’odio e alla violenza nei confronti di classi sociali più deboli o minoranze etniche. Un utilizzo del web troppo superficiale e un mancato controllo delle fonti dalle quali proviene la notizia, portano alla diffusione smodata della stessa, la quale viene ritenuta plausibile da molti lettori.

Alcuni esempi

Nella lista delle più famose fake news troviamo l’argomento vaccini, ai quali viene data la colpa di causare autismo, gravi effetti collaterali o demenza senile nei pazienti ai quali vengono somministrati; i migranti come portatori di malattie mai riscontrate in Europa; perfino le misure di prevenzione contro i tumori più diffusi vengono minimizzate e messe in dubbio, arrecando così possibili danni a chi casca nel tranello.

Impatto delle fake news in ambito sanitario: uno studio

Per arginare il problema, si stanno mettendo in atto diverse strategie, sia a livello locale che a livello nazionale e globale. Per studiare il fenomeno – poiché molte di queste fake news affondano le loro radici in ambito ospedaliero e sanitario – il Ministero della salute sta finanziando un progetto di ricerca chiamato Impatto delle Fake News in ambito sanitario, portato avanti dall’università di Roma Tor Vergata in collaborazione con la Kingston University di Londra. I risultati, riportati in un articolo de «Il Sole 24 Ore», appaiono piuttosto allarmanti. Il responsabile della ricerca afferma che:

Mediamente il 60% dei [1600] soggetti intervistati, nella realtà condividerebbe la fake news proposta anche se solo poco più della metà la ritiene veritiera. […] L’indagine conferma […] che una fake news appena viene diffusa sta già producendo i suoi effetti negativi. Da quel momento è libera di diffondersi a macchia d’olio. Diventa virale nel senso più letterario del termine, e i cittadini perdono la capacità di comprendere se sia vera o falsa.

 

La bussola anti fake news del Parlamento Europeo e i consigli di Altroconsumo

Anche sul profilo Instagram del Parlamento Europeo sono comparsi post su questa tematica. Il post che troviamo qui sotto riporta un link a una pagina web creata apposta dal Parlamento europeo per elargire consigli sia ai propri membri, che ai cittadini dell’Unione, su come riconoscere all’istante le fake news e non esserne vittime inconsapevoli.

https://www.instagram.com/p/B1v2KZUlfAA/

La pagina utilizza termini semplici e accessibili, insieme a uno schema a forma di una bussola, per guidare tutti i lettori (anglofoni) nella ricerca e segnalazione delle fake news:

  1. Controlla i contenuti: i fatti sono riportati in maniera accurata? L’articolo ti sembra tendenzioso?
  2. Controlla l’organismo che ha creato la notizia: conosci la fonte? L’URL ti sembra strana?
  3. Controlla l’autore: è una persona reale? Un giornalista rispettato ha sempre un archivio di articoli online.
  4. Controlla le fonti: l’autore utilizza fonti affidabili? Gli esperti citati sono dei veri specialisti?
  5. Controlla le immagini: una ricerca inversa delle immagini può indicare se la foto è già stata usata in contesti diversi.
  6. Pensa prima di condividere: la storia raccontata potrebbe essere una distorsione di eventi reali o di vecchia data – oppure potrebbe essere satira. Il titolo potrebbe essere stato scelto apposta per suscitare emozioni forti nel lettore. Se un evento è successo per davvero, dei media affidabili ne parlerebbero.
  7. Metti in discussione il tuo essere o meno tendenzioso: a volte una storia è troppo bella o divertente per essere vera. Fai un respiro profondo, comparala con fonti affidabili e tieni la mente lucida.
  8. Aiutaci a smascherare le fake news: segui pagine come EU vs Disinformation, DFR LabStop Fake. Segnala le fake news. Dillo ai tuoi amici.

Anche Altroconsumo ha stilato una lista in dieci punti di consigli (molto simili a quelli sopra riportati) volti a smascherare le bufale.

Le fake news in musica: Willie Peyote

Willie Peyote, rapper e moderno cantautore italiano, non è un novellino nel portare temi sociali in musica. Basti pensare a uno dei suoi pezzi più famosi, Io non sono razzista ma…, brano del 2016 che smaschera tutte le scuse che si nascondo dietro a un’affermazione del genere (e di cui vi abbiamo parlato qui).

Inoltre, durante la ventiduesima edizione del festival organizzato da Amnesty International, Voci per la libertà, il suo brano Salvagente (featuring Roy Paci & Aretuska) ha vinto il premio Amnesty International Italia, sezione Big, come miglior brano del 2018 sui diritti umani.

Insomma, non è una novità che Willie parli di attualità e di politica nei suoi brani, anzi, si potrebbe dire che negli anni abbia fatto di questi due argomenti la base per molti dei suoi testi.

Iodegradabile

L’ultimo disco del rapper si chiama Iodegradabile e alla sua pubblicazione, avvenuta il 25 ottobre scorso, segue un importante tour promozionale, che ha già visto andare sold out diverse tappe.

Il tema principale dell’album, come ci spiega il primo brano, Intro, è il tempo: se sapessimo quanto tempo resta, sapremmo davvero usarlo meglio?
Nel secondo brano dell’album, Mostro, trova però ampio spazio anche il tema di cui abbiamo parlato in precedenza: le fake news come veicolo per incitare all’odio.

Lo stile è il classico alla Willie Peyote: senza peli sulla lingua, con una punta di malinconia e una di pessimismo, ma con speranza di riuscire a fare sentire la propria voce per contribuire a cambiare le cose in meglio. Il testo contiene diversi riferimenti a personaggi politici e dello showbiz, oltre che al mondo del giornalismo, all’interno del quale si muovono alcuni “mostri” che hanno come unico fine il proprio tornaconto personale e non esitano a trovare un capro espiatorio da “sbattere” in copertina, senza curarsi troppo della veridicità dei fatti riportati.

Dici che vuoi tutta la verità, vorresti essere bene informato.
No, tu non vuoi mica la verità, vuoi solo essere rassicurato.
[…] Ora chi è buono si sente in pericolo,
leggono il titolo e già condividono.
[…] Sbatti il mostro in prima pagina!
Non serve trovare delle soluzioni se riesci a trovare un colpevole.
Sbatti il mostro in prima pagina, e spera sia solo e sia debole.
Ancora ti fidi? Sono tutte c*****e,
le scrivono e voi ci cascate.
Crede al complotto, si beve fake news tutto d’un fiato, uno shot di Grey Goose.

Se vi sentite anche solo in minima parte chiamati in causa come lettori di possibili fake news, o se vi sentiti ispirati da tematiche sociali, date un’ascolto alla discografia di Willie Peyote: non ve ne pentirete.

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