Ponyo sulla scogliera

Ponyo sulla scogliera: una fiaba sull’uomo e la natura

Ponyo è una strana creaturina, a metà tra bambina e pesce rosso, animata da uno spirito curioso e ribelle. Vive nelle profondità marine insieme alle sorelle e al padre Fujimoto, eccentrico sciamano abissale che disprezza gli umani – alla cui stirpe un tempo apparteneva – per la noncuranza con cui hanno inquinato gli oceani, e che passa il suo tempo a distillare e imbottigliare le pozioni magiche necessarie a mantenere l’equilibrio dell’ecosistema. Un giorno Ponyo fugge verso la superficie, dove incontra Sosuke, un bimbo di cinque anni che la libera dal barattolo di vetro in cui era rimasta prigioniera e la porta nella sua casa in cima alla scogliera. Fujimoto riesce a ritrovare la figlia e condurla con sé sul fondo dell’oceano, ma Ponyo, innamoratasi di Sosuke, vuole tornare in superficie; usando la magia si fa crescere braccia e gambe e inizia così la propria trasformazione in essere umano. Il mago, allarmato, va in cerca della madre della piccola, Granmamare, dea delle immensità acquose, per chiederle consiglio.

Ponyo approfitta della sua assenza e scappa di nuovo. Nel corso della sua maldestra fuga, però, provoca il rilascio di una quantità spropositata di filtri magici nelle correnti marine. Le conseguenze sono catastrofiche: l’armonia della natura è sconvolta, gli oceani si gonfiano, le onde montano in tsunami e si abbattono sulla terra emersa, sommergendola. La sopravvivenza degli uomini è a rischio: i satelliti precipitano dal cielo come stelle cadenti e la Luna stessa si staglia sempre più enorme sopra l’orizzonte, minacciando un impatto devastante. Il regno marino, intanto, è regredito di ere geologiche a uno stadio atavico, affollato da una profusione di creature ancestrali, tra pesci preistorici e meduse giganti. Solo Ponyo e Sosuke possono scongiurare il disastro, ripristinando l’armonia del mondo con la forza del loro amore.

Ponyo sulla scogliera

Ponyo sulla scogliera, film diretto dal maestro dell’animazione giapponese Hayao Miyazaki, è una fiaba insieme moderna e senza tempo, un racconto delicato privo delle dimensioni drammatiche, a volte anche tragiche, che caratterizzano altri suoi lavori. Qui i momenti di maggior conflitto sono solo temporanei e facilmente superati; la storia si dispiega in movenze di pura luminosità, mossa da uno stupore quasi infantile – quello di Ponyo di fronte alla scoperta di un mondo vasto e meraviglioso. La semplicità narrativa ha la chiarezza di un distillato, una purezza emotiva sottolineata dalle tonalità calde e avvolgenti color pastello, sfumate in superficie e più sature scendendo negli abissi, tra giochi di luci rifratte e liquide danze subacquee.

Pur in questa digressione favolistica, Miyazaki non rinuncia ai temi a lui più cari, primo tra tutti il rapporto spesso contrastato tra uomo e ambiente. L’incuria verso la natura è evocata da rapidi dettagli che passano quasi in secondo piano, almeno inizialmente: i pescherecci che solcano senza sosta il mare con le loro reti a strascico; l’immondizia galleggiante che Fujimoto deve evitare nella sua sortita in superficie; i commenti carichi di sdegno dello sciamano stesso nei confronti degli esseri umani. Sono momenti anticipatori, agili pennellate che preparano la fase acuta della crisi.

Ponyo sulla scogliera

La concezione della natura e il suo legame con l’uomo è, del resto, un tema che da sempre affascina e fa discutere i filosofi. Nell’antichità prevaleva una visione della natura come regno della spontaneità degli impulsi, contrapposto alle leggi e alle convenzioni sociali del consorzio umano. Per Aristotele era unità dinamica di materia e forme, mentre gli stoici ne sottolineavano il carattere di autosufficienza. In epoca moderna, prima nel Rinascimento e poi con le riflessioni di maestri del pensiero quali Bacone, Cartesio e Galileo che aprirono la strada alla rivoluzione scientifica, la natura diviene oggetto di studio, misurabile quantitativamente secondo regole geometriche e matematiche, sottoposta a precise leggi deterministiche.  

Quanto al suo rapporto nei confronti dell’uomo, le diverse posizioni storiche trovano perfetta sintesi nell’evoluzione del pensiero di Leopardi. Il poeta, partendo da una concezione della natura come madre benevola verso l’uomo, approda infine all’idea di natura matrigna, crudele o piuttosto del tutto indifferente alle sofferenze umane, come raccontato con tragica potenza lirica nel Dialogo della natura e di un islandese.

La natura di Miyazaki, qui come nel resto della sua filmografia, è un’entità vasta e potente, un fluire di forze incontrollabili in cui trovano spazio manifestazioni straordinarie e terrificanti. È oscuro groviglio vegetale (Nausicaä della Valle del vento) ma anche idillio bucolico (Il mio vicino Totoro), è universo selvaggio contrapposto alla civiltà e al tempo stesso luogo di pace ieratica (Principessa Mononoke), è l’onda che abbatte e la quiete sotto la superficie. Non buona né malvagia, l’uomo può vivere in sintonia con essa e prosperare, ma a patto di tributarle il giusto rispetto. Quando ciò non avviene, racconta Ponyo sulla scogliera, si va incontro a uno squilibrio dagli esiti disastrosi. Se infatti la causa contingente del cataclisma può essere individuata nella sbadataggine della piccola protagonista, in realtà la rivalsa della natura troppo a lungo maltrattata era già in preparazione, come chiarisce lo stregone Fujimoto. Cura, attenzione e impegno sono allora elementi fondamentali per preservare l’armonia.

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