Liliana Segre e la nuova Commissione contro il razzismo

Era il dieci Settembre quando Liliana Segre votava la fiducia al nuovo Governo. Lo stesso giorno la Senatrice a vita ha festeggiato i suoi ottantanove anni, insieme alla nascita di una nuova maggioranza. Subito dopo il voto, si è espressa così:

“Vorrei che questo governo nascesse dalla consapevolezza di uno scampato pericolo, dal senso di sollievo dopo che si è giunti sull’orlo di un precipizio e ci si ritrae in tempo. Occorre ripristinare un terreno di valori condiviso nella difesa costante della democrazia e dei principi di solidarietà nati dalla Costituzione e dalla Resistenza”

Liliana Segre

Il 30 Ottobre 2019, grazie alla sua azione possiamo continuare a festeggiare. Questa volta per l’istituzione di una Commissione straordinaria per il contrasto all’odio, al razzismo e all’antisemitismo. Il Senato ha approvato tra gli applausi la proposta delle Segre con ben centocinquantuno voti favorevoli. Gli unici astenuti provengono dai partiti di destra: Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Questa decisione era già stata anticipata nei giorni precedenti al voto. Secondo l’opinione di Fratelli d’Italia, il nuovo organo rappresenterebbe un pretesto per limitare la libertà d’espressione. Per la Lega, invece, si è trattato di una mancanza di “punti di condivisione per far nascere la Commissione col consenso di tutti”.

La Segre, però, non si è lasciata intimorire dalle critiche. La sua storia la dice lunga sul perché si sia battuta per questo incarico. Orfana di madre, a soli otto anni dovette lasciare la scuola per l’introduzione delle leggi razziali. Le cose divennero sempre più dure per la piccola Liliana, costretta a vivere nascosta con il padre ed i nonni. In seguito la sua famiglia tentò di fuggire in Svizzera, senza successo. I Nazisti riuscirono a catturare l’allora tredicenne ed a metterla su treno con direzione Auschwitz. La Senatrice racconta:

“Quando si passa in una stazione qualsiasi e si vedono i vitelli o i maiali portati al mattatoio, penso sempre che io sono stata uno di quei vitelli, uno di quei maiali”

“Fui obbligata a intrupparmi nel gruppo delle donne, e mio papà era la, oltre quella spianata, con gli altri uomini. Lasciai per sempre la sua mano, non lo avrei mai più rivisto ma allora non potevo saperlo”.

Liliana e suo padre Alberto

Liliana è una delle poche sopravvissute ai campi di concentramento. Da allora ha sempre raccontato la sua storia, soprattutto ai giovani. Crede fermamente nel fatto che l’unica arma contro l’antisemitismo sia la conoscenza. E l’ombra dell’odio razziale sembra tutt’altro che lontana. Le motivazioni dietro la proposta di instaurare questa nuova Commissione sono da ricercare nell’ hate speech. Si definiscono così, secondo il Consiglio d’Europa, “le espressioni che diffondono, incitano, promuovono o giustificano l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo o altre forme di minaccia basate sull’intolleranza – inclusa l’intolleranza espressa dal nazionalismo aggressivo e dall’etnocentrismo –, sulla discriminazione e sull’ostilità verso i minori, i migranti e le persone di origine straniera”. Questo tipo di comportamento era già stato precedentemente denunciato dalla stessa Segre, che ne vedeva un ritorno soprattutto sul web.

Come darle torto d’altronde? È del 18 Ottobre 2019 la notizia dello Shoah Party. Si tratta di un gruppo Whatsapp di cui facevano parte ragazzi in maggioranza minorenni. Sulla chat si scambiavano immagini e battute a sfondo razzista ed antisemita, con richiami alla cultura Nazista. Il gruppo è stato smantellato grazie all’intervento di una mamma che ha scoperto tutto guardando lo smartphone del figlio. Una storia del genere, oltre a far venire i brividi, segnala una mancanza di educazione su temi sensibili come la xenofobia. E soprattutto una carenza di conoscenza storica, via maestra per comprendere, ricordare ed evitare di ripetere errori come l’Olocausto.

Sembra dunque assurdo che la destra italiana non si sia schierata a favore della creazione di questa Commissione. In un momento di crisi di valori c’è bisogno di un messaggio forte per contrastare l’odio e la paura del prossimo. E se anche Matteo Salvini, leader della Lega, dice di non scambiare il suo “prima gli Italiani” per razzismo, questo sarebbe stato un buon momento per dimostrarlo. Eppure, anche questa volta c’è chi si è tirato indietro, astenendosi, dimenticando che anche il non rispondere è una risposta.

Per fortuna, finché esisteranno persone come Liliana Segre, che si sono battute e continueranno a battersi su questi temi, la coscienza civica e storica non cesserà di esistere, e l’incitamento all’odio non sarà coperto dall”indifferenza generale.

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