Israele in due città: Tel Aviv e Gerusalemme

“In Israele, per poter essere un realista, devi credere nei miracoli”

Così affermò David Ben-Gurion, primo premier d’Israele, Ministro della difesa e firmatario, il 14 maggio 1948, giorno della dichiarazione di indipendenza di Israele. Ancora oggi è venerato come il “Padre della Nazione”. In suo tributo l’aeroporto di Tel Aviv porta il nome di Ben-Gurion.

Gerusalemme e Tel Aviv sono due città agli antipodi. Tel Aviv è moderna, giovane (fondata poco più di cento anni fa) e con giovani abitanti: l’età media della popolazione è di 34 anni. Ovunque si respirano l’energia e la voglia di divertirsi. Gerusalemme invece è la Città Santa, dove è preferibile coprire braccia e gambe con indumenti adeguati per evitare sguardi indiscreti, ma soprattutto per poter entrare nei luoghi sacri (fondamentale per le donne una sciarpa usare come hijab per i siti musulmani); una città antica di tremila anni, ogni suo angolo, ogni sua pietra trasuda storia.

Tel Aviv o la “Miami di Israele”.

Il nome fu definito nel 1910 tra alcune opzioni: Aviv in ebraico significa “primavera” e simboleggia il rinnovamento, Tel significa invece “collina”, creatasi dalla stratificazione di vari insediamenti umani, e simboleggia il passato storico. La scelta fa riferimento a un passo della Bibbia: nel Libro di Ezechiele, la “collina della primavera” è proprio il luogo dove gli ebrei troveranno casa in esilio, per cui il nome fu ritenuto adatto a esprimere l’idea di rinascita dell’antica patria ebraica.

Tel Aviv è un mondo a parte rispetto al resto di Israele: qui non sembra di essere in un Paese dove è ancora alta la tensione e il contrasto tra religioni. Ebrei, cristiani e musulmani qui sembrano convivere pacificamente.

Scintillanti grattacieli svettano vicino alla costa e un lungomare da far invidia alle spiagge californiane costeggia 14 km di spiaggia. È stupefacente notare come a tutte le ore del giorno numerosissime persone si prendano cura del proprio corpo: c’è chi corre, chi si allena presso palestre libere e accessibili a tutti (situate circa ogni chilometro sul lungomare), chi si ritrova con amici per giocare a beach volley sulle spiagge oppure chi fa yoga di mattina presto. La sera, dopo il lavoro, i giovani si riversano tutti in spiaggia a fare un bagno nell’acqua calda della città oppure per fare due passaggi a palla. Le spiagge sono attrezzatissime: oltre alle già citate palestre libere, sono gratuiti ed accessibili a tutti anche docce e lavapiedi, così come gli erogatori d’acqua per riempire le borracce e le pese su cui poter misurare i propri progressi fisici, con qualche soddisfazione in seguito all’attività sportiva. Una volta integratisi nello spirito della città, è impossibile resistere alla tentazione di seguire l’esempio dei telavivesi e non fare una bella corsetta ristoratrice!

A Tel Aviv, oltre all’attività sportiva, c’è sicuramente anche qualcosa da visitare. Punto di partenza ideale per una visita alla metropoli è il quartiere di Jaffa (o Giaffa), antico borgo sul mare dotato delle caratteristiche case in pietra arabe, un tempo su terrazzamenti. Camminando tra i vicoli ci si può imbattere ora in una moschea ora in una chiesa ortodossa, oppure nei numerosi laboratori di artigiani locali. In epoca medievale Jaffa fu il più importante porto della Palestina: i Veneziani avevano addirittura creato un servizio di galee tra Venezia e Jaffa per trasportare qui i pellegrini europei che intendevano visitare la Terra Santa.

Agli svezzanti grattaceli Tel Aviv unisce anche quartieri ricchi di fascino come la Città Bianca, cioè l’insieme di circa 4000 case Bauhauss costruite dalle famiglie in fuga dal nazismo e ora situate intorno a Dizengoff Square e al Rothschild Boulevard. C’è poi Neve Tzedek, il nucleo più vecchio della città che assomiglia a un villaggio punteggiato di casette, caffè e ristoranti alla moda, separato dal resto della città dal mercato alimentare Shuk Ha-Carmel.

Il Carmel Market di Tel Aviv merita senz’altro una visita, aperto tutti i giorni della settimana ad eccezione dello Shabbat. Vende soprattutto cibo ma anche accessori per la casa, fiori, oggetti di artigianato e gioielli unici. La visita al mercato è, poi, soprattutto un’esperienza sensoriale: dal profumo di spezie a quello di varie pietanze cucinate al momento è una festa di profumi, colori e sapori. Un consiglio per assaporare con gusto la visita è quello di comprare e sorseggiare il succo di melograno, che in Israele troverete ovunque e preparato in vari modi (a granuli oppure direttamente spremuto).

Gerusalemme è donna

Chi mai ha visto Gerusalemme nuda? / Nemmeno gli archeologi. / Gerusalemme non si spoglia mai del tutto / ma indossa sempre nuove case / sopra le vecchie e rotte

Yehuda Amichai, poeta e scrittore israeliano

La storia di Gerusalemme?

Secondo Meron Benvenisti, intellettuale e vicesindaco della città tra il 1971 e il 1978 “Gerusalemme è quella cava di pietre utilizzate per costruire i propri miti da lanciare contro i nemici di turno”. Ed è così che si potrebbe definire la storia di questa città dalle mille contraddizioni.

Nel 1800 a.C. Gerusalemme non era altro che una città-stato cananea che prendeva il nome dal dio semitico Shalem; inglobata poi dall’Egitto  fino a quando nel 1000 a.C. verrà occupata dagli israeliti che avanzano in tutta la Palestina capeggiati dal re David. L’importanza di Gerusalemme ha inizio a partire da questo momento poiché, proprio per la presenza di quella roccia su un colle dove Abramo – decondo l’Antico Testamento – salì a sacrificare suo figlio, la città si autoproclama centro metafisico dell’universo, luogo dal quale Dio irradia la sua creazione.

A re David succede il figlio Salomone, che attorno al 950 a.C. costruisce l’omonimo tempio. La città, già assediata dagli Assiri nel 701 a.C., non può resistere all’assedio dei Babilonesi e cade nuovamente nel 587/6 a.C. I suoi abitanti vengono condotti in schiavitù a Babilonia e il tempio viene distrutto per essere ricostruito solo settant’anni più tardi grazie ad una sorta di protezione non disinteressata dei persiani. Nel IV secolo a.C. Alessandro Magno scaccia i persiani cercando di rendere a fatica Gerusalemme una delle tante città ellenistiche dell’Asia Minore. Seguono proteste, massacri, persecuzioni religiose fino al 164 a.C. quando Gerusalemme diventa nuovamente “capitale” e, in seguito alla rivolta dei maccabei, sale al potere una nuova dinastia israelita, quella asmonea, dal nome di un avo dei maccabei.

Tuttavia nel frattempo i romani, che si stanno espandendo a macchia d’olio, arrivano presto a Gerusalemme, ponendo sul trono Erode il Grande, il crudele sovrano che trasformò la città in un cantiere, ordinò la diaspora degli ebrei e la distruzione della città e del Secondo tempio. Sotto l’imperatore Adriano, Gerusalemme presto risorge e, dopo la conversione di Costantino, Gerusalemme conosce una nuova santità: viene degiudaizzata e arriveranno in massa monaci e pellegrini. Con la conquista, nel 638, da parte del califfo Omar, Gerusalemme diventa il terzo luogo più santo dell’Islam dopo Mecca e Medina. Terminata l’età bizantina, tornano gli ebrei ma i cristiani restano, seguono fasi di tolleranza alternate a fasi di violenze e intolleranza religiosa: nel 1099 arrivano i crociati che, nel 1187, si vedono strappare la città da Saladino, per poi riprenderla per breve tempo; segue il dominio turco che si protrae per ben sette secoli.

Nel 1917, disintegratosi l’impero Ottomano nella Prima Guerra Mondiale, è occupata dagli inglesi e, giudicata incapace di governare e di governarsi dalla Società delle Nazioni, le viene assegnato un tutore rappresentato dall’impero britannico, a cui è affidata anche la Transgiordania. Dopo che il mandato britannico fallisce nel suo impegno abbandonando il campo, la  risoluzione Onu del 1947 prevede che Gerusalemme resti sotto il controllo internazionale, anche se presto la parola è passata alle armi: la città viene spartita prima tra arabi ed ebrei e poi riunita militarmente. Tuttavia nonostante i piani di pace, le lacerazioni continuano ancora oggi a riemergere. Nella guerra dei sei giorni del 1967 Israele strappa la parte est di Gerusaemme alla Giordania.

A dirla con le parole di Amos Oz, scrittore israeliano:

Gerusalemme è come una donna che si scrolla di dosso con uno sbadiglio un amante dopo l’altro, una mantide che sbrana chiunque si sia illuso di possederla.

Quando visitare Gerusalemme?

In tutti i giorni della settimana Gerusalemme è affollatissima. Se preferite dedicarvi alla visita della città con più calma potete scegliere di visitarla il sabato, pur consapevoli del fatto che nei quartieri ebrei la maggior parte dei negozi e delle attrazioni sarà chiusa perché lo Shabbat per gli ebrei (ma anche per l’intera comunità) è giorno festivo, proprio come la nostra domenica. È tuttavia speciale visitare la città proprio il giorno dello Shabbat per percepire l’atmosfera di un giorno di festa, assistere alle celebrazioni religiose oppure anche solo ricevere non il consueto saluto shalom, ma il bellissimo e musicale Shabbat shalom [Che sia uno Shabbat di pace].

Yerushalayim shel zahav / Veshel nechoshet veshel or / Halo lechol shirayich Ani kinor.[Gerusalemme d’oro di bronzo e di luce forse che io non sono un violino per tutte le tue canzoni?]

Cantava così il ritornello di una canzone popolare israeliana scritta e musicata da Naomi Shemer: una delle canzoni più amate tra il pubblico israeliano e tra gli ebrei del mondo.

È dal Monte degli Ulivi, buon punto di partenza per una visita alla città, che si gode di un ottimo panorama: in particolare l’attenzione non può che cadere sulla scintillante e dorata Cupola della Roccia. Il nome deriva dai numerosissimi alberi di ulivo che sovrastano il monte. Ai suoi piedi c’è il Getsemani o “orto degli Ulivi” dove Gesù si sarebbe ritirato prima della passione. Secondo il libro di Zaccaria sarà anche il luogo da cui Dio inizierà a far rinascere i morti dopo il giudizio universale, per questo motivo qui si trova il cimitero ebraico per eccellenza, in cui vi sono seppelliti personalità quali il Re David, con più di 150 mila tombe, anche se oggi è impossibile porne altre poiché è terminato lo spazio.

Nella Città Vecchia sono concentrate le maggiori attrattive, e in essa si distinguono quattro quartieri: cristiano, ebreo, musulmano e armeno. Non c’è alcun confine tra una zona e l’altra, per cui all’improvviso si percepisce di essere in una realtà diversa. Il quartiere più grande è quello arabo, dove sembra quasi di camminare in un qualsiasi paese arabo. La scelta migliore è quella di perdersi all’interno di questi vicoli e lasciarsi trasportare dalle sensazioni.

Non si può poi non percorrere la Via Dolorosa o via Crucis, il cammino che Cristo fece portando sulle spalle la croce fino alla crocifissione: 600 metri in cui si trovano le famose 14 stazioni presso ognuna delle quali si trova una chiesa oppure un simbolo di riferimento. Pellegrini da tutto il mondo ogni anno percorrono questa via scalzi, vestiti solo di un saio e portando sulle spalle una croce, ripercorrendo così il martirio di Cristo.

La Basilica del Santo Sepolcro , al termine della Via Dolorosa, è il luogo più sacro per i cristiani, dove Gesù è stato crocifisso (colline del Golgota) e sepolto. Si tratta di un luogo molto suggestivo e intenso, che si creda oppure no: la vista è annebbiata e il senso dell’olfatto permeato dal continuo cospargersi di incenso. Si tratta di un luogo sempre affollato di cristiani di ogni origine e provenienza (greci ortodossi, francescani, armeni, siriani, copti, etiopi e altri). Alcuni attendono in file terminabili di poter entrare anche solo per qualche secondo nell’edicola del Santo Sepolcro (che conserva la tomba di Cristo) oppure di poter strofinare un oggetto sulla pietra dell’Unzione per cospargerlo di olio santo e santificarlo.

Il Muro del pianto, Kotel in ebraico, è invece il luogo più sacro al Giudaismo. Storicamente si tratta del lato occidentale del muro di contenimento fatto costruire da Erode duemila anni fa durante il rinnovamento del Secondo Tempio di Gerusalemme. Quando le legioni romane di Tito distrussero il tempio, il muro di cinta occidentale rimase e venne lasciato dai romani in ricordo della conquista della Giudea. Gli ebrei tuttavia attribuirono la cosa ad una promessa fatta da Dio, che avrebbe lasciato in piedi questo lato del tempio in segno del suo immutato legame con il popolo ebraico nonostante le disgrazie che lo avevano colpito.

Gli ebrei da circa duemila anni pregano presso questo muro ritenendolo il sito più sacro esistente sulla terra, dove Dio può ascoltare più da vicino le loro preghiere. A sinistra gli uomini, che devono indossare la kippah qualunque sia la loro religione, i più devoti indossano una serie di accessori utili alla preghiera come i teffilin; a destra le donne, con gonne rigorosamente sotto il ginocchio, braccia e capelli coperti (anche da una parrucca).

Qui chiunque può avvicinarsi per toccare il muro, dirvi una preghiera, oppure inserire un bigliettino con scritta una preghiera tra le fessure delle imponenti pietre, insieme a milioni di altri bigliettini di uomini e donne provenienti da tutto il mondo.

Secondo alcuni, il muro del pianto avrebbe una certa rilevanza anche per i musulmani, poiché secondo il Corano Salomone (terzo re di Israele) sarebbe un loro profeta. I musulmani credono che Maometto abbia fatto nel 620 un viaggio spirituale notturno da Mecca a Gerusalemme cavalcando un quadrupede alato e col volto di donna. Una volta arrivato, Maometto avrebbe legato il cavallo vicino ad un muro che alcuni musulmani riterrebbero essere proprio il muro occidentale con il nome arabo al-Burāq. Alcuni vedrebbero questa come una ragione della riverenza dei musulmani nei confronti del muro, mentre altri la considerano un’azione di propaganda contro le rivendicazioni ebraiche sul muro.

Yad Vashem – Museo dell’Olocausto. Si tratta di una struttura modernissima densa di significati, memoriale ufficiale delle vittime israeliane dell’olocausto, costruito nel 1953. All’esterno troviamo il Giardino dei Giusti, in cui ogni albero è dedicato a chi nel mondo ha agito rischiando per opporsi ai crimini contro l’umanità.

E come si può, poi, entrare in sintonia con lo spirito di un luogo senza assaporare le specialità locali?

Da non perdere il succo di arancia o pompelmo o melograno spremuti al momento. C’è poi la pitta, un pane che si usa da accompagnamento, condito con Za’atar ovvero una miscela di spezie mediterranee; oppure l’humus, la crema di ceci famosissima in tutto il mondo, o ancora i falafel, polpette fritte a base di ceci tritati con cipolla, aglio e prezzemolo. C’è poi l’halva, un dolce a base di pasta di sesamo aromatizzato con diversi gusti come caffè, vaniglia e cacao.

Gerusalemme è la Città Santa, fulcro delle grandi religioni monoteistiche,  e percorrendo le sue vie non si può non respirare l’intensa spiritualità di questo luogo: ovunque i visitatori tanto quanto i locali pregano, cantano, in tutte le lingue del mondo e nelle modalità più svariate. Tuttavia l’intensità di questo luogo risiede anche e soprattutto nella diversità culturale, nella moderata ma tesissima convivenza tra diversi culti. Camminando si può capitare in un quartiere ora arabo, ora armeno, ora ebraico, ora cristiano: cambiano i volti, l’abbigliamento, le usanze, cambia la tipologia di abitazione così come la cura e la pulizia della strada, ma soprattutto cambiano gli odori.

L’esperienza olfattiva che si prova a Gerusalemme è stupefacente: dal profumo di spezie e di svariate pietanze cucinate (spesso fritte) al puzzo di immondizia e fognature nei quartieri meno curati, per poi passare all’odore molto intenso di incenso nei luoghi della cristianità (dove viene continuamente sparso a creare una sottile nebbiolina). Questi odori permeeranno a tal punto i sensi che se ne conserverà il ricordo per qualche ora terminata la visita alla città.

Un viaggio in Israele non può consistere in una semplice toccata e fuga turistica, è un’esperienza totalizzante che tocca nel profondo e che rimarrà come un prezioso ricordo negli anni a venire. Ci si accorgerà di ripercorre i luoghi citati dalla Bibbia, poi ci si contraddirà considerando che anche il Corano e la Torah attribuiscono straordinaria importanza a questi territori. Immerso in un melting pot di culture e religioni, ci si stupirà di fronte alla domanda: “Hanno ragione i cristiani o i musulmani? Gli ebrei o gli armeni?”. Non esisterà mai risposta. La sola certezza è che, terminato il viaggio, si tornerà a casa con una leggera malinconia per quel senso di appartenenza alla straordinarietà e alla bellezza di un’umanità così diversificata.

FONTI:

MERIDIANI-Israele-Editoriale Domus

CREDITS:

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