Proteste a Hong Kong: cosa succede?

I cittadini di Hong Kong stanno attualmente assistendo e partecipando a scontri molto violenti con la polizia cinese. Per il governo cinese, le proteste sono segno di terrorismo e di violenti crimini che devono essere puniti con la reclusione. Quali sono i motivi che hanno spinto i cittadini di Hong Kong a manifestare?

Per rispondere, si deve fare necessariamente un salto nella prima metà del 1800.

Un po’ di storia:

Hong Kong è una città con uno statuto speciale, facente parte della Cina. Essa è stata una colonia del Regno Unito dal 1842 al 1997, anno in cui la repubblica popolare cinese mise finalmente fine ai 155 anni di dominio coloniale britannico. Hong Kong però è sempre stata abituata a essere una città libera, il passaggio quindi alla dittatura cinese avrebbe sconvolto tutti gli equilibri. Il Regno Unito chiese così alla Cina di lasciare la città democratica tramite la soluzione politica “One country two systems”, che consisteva nel lasciare autonomia a Hong Kong fino al 2047.

Hong Kong è quindi la prima regione amministrativa speciale della Cina, con un alto livello di libertà civili che la Cina purtroppo non può avere.

Perché sono scoppiate le manifestazioni?

Le manifestazioni sono iniziate perché il governo cinese non considera più vincolante il documento del 1997, lo considera storico e passato, ormai non più valido, nonostante in realtà dovesse vincolare la Cina fino al 2047. La Cina ha sempre tentato di immischiarsi negli affari e nell’amministrazione di Hong Kong e i cittadini non lo vedevano di buon occhio. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata sicuramente l’approvazione della legge di estradizione nel febbraio 2019: adesso, un cittadino di Hong Kong sotto processo deve essere portato in Cina e giudicato secondo il sistema giudiziario cinese, che è di fatto uno dei più iniqui al mondo; il processato non ha diritto di difesa e può essere torturato.

Il 31 marzo 2019 iniziano le proteste: migliaia di persone si riversano per le strade di Hong Kong reclamando i propri diritti e  difendendo la propria libertà. Sono per lo più i giovani che scendono in piazza, preoccupati di un futuro grigio e all’insegna della dittatura.

Dal canto suo, il governo cinese ha risposto con molta violenza: la polizia è armata di caschi e manganelli pronti all’uso, gas tossici, lacrimogeni e cannoni ad acqua con una sostanza blu per identificare i protestanti. I manifestanti, invece, utilizzano maschere antigas e ombrelli per difendersi dalle bombe d’acqua. Gli ombrelli  sono diventati ormai il simbolo di questa rivolta senza fine.

I cittadini hanno chiesto precise azioni al governo cinese: abolire la legge sull’estradizione, aprire inchieste sulla brutalità della polizia, scarcerare i manifestanti carcerati ingiustamente, un sistema elettorale democratico e la rimozione dell’appellativo “rivoltosi” ai manifestanti.  Essi hanno raggiunto una grande vittoria il 4 settembre 2019: l’abolizione della legge sull’estradizione. I manifestanti però non si fermano qui, continuano a urlare ad alta voce la propria libertà.

Oggi i cittadini di Hong Kong in che stato si trovano?

I cittadini di Hong Kong stanno chiedendo aiuti internazionali: la polizia è sempre più violenta e gli scontri sono sempre più frequenti. Nel luglio 2019 infatti, Hong Kong ha chiesto aiuto al movimento dei girasoli di Taiwan, un gruppo creato nel marzo 2014 per manifestare contro l’apertura di alcuni settori economici taiwanesi agli investimenti cinesi.

Tsai Ing-Wen, il presidente di Taiwan, aiuta così tutte le persone di Hong Kong che richiedono asilo presso l’isola per fuggire alla polizia cinese. Oggi però le richieste d’asilo stanno aumentando e Taiwan non sa più come gestire l’enorme quantità di domande di aiuto.

Inoltre, il 15 settembre centinaia di manifestanti si sono ritrovati davanti al consolato britannico sventolando bandiere inglesi e cantando “God save the Queen”: l’aiuto che stanno chiedendo a Londra è insomma più che chiaro.

La situazione si può definire molto tragica: è la più grande manifestazione antigovernativa mai esistita nella storia di Hong Kong.

 

Una guerra social:

Mark Zuckerberg, il proprietario dei social media più famosi come Facebook, Twitter ed Instagram, ha dovuto cancellare alcuni account cinesi falsi. Infatti, la Cina ha il sistema di censura più avanzato del mondo e lo usa per evitare che i cittadini si ribellino alla dittatura. Non potendo sapere le vicende che accadono nel mondo, i cittadini non protestano perché la dittatura è l’unico sistema che fondamentalmente conoscono.

Dietro a questi account cinesi, c’è proprio il governo di Pechino che cancella ogni post, ogni immagine, ogni testo, ogni video che parla della situazione attuale di Hong Kong per evitare che l’informazione venga sparsa.

Un esempio di personaggio famoso su Instagram che è entrato nel mirino della censura cinese è Imen Jane. Imen Jane è una donna economista che si occupa di spiegare l’economia politica e i maggiori fatti di tutto il mondo in pochi minuti sui social. Il suo obiettivo è quello di spargere l’informazione a più persone possibili. Imen Jane ha parlato molto della situazione attuale di Hong Kong e si è schierata esplicitamente a favore dei manifestanti tramite un post. Il governo cinese è poi riuscito ad eliminare il post dal suo account. Imen Jane però non si è arresa ed ha continuato a ripostarlo fino a quando gli amministratori di Instagram hanno controllato finalmente gli account cinesi falsi e li hanno cancellati.

La manifestazione di Hong Kong è una vera battaglia che si sta combattendo ormai anche sui social media.

Un fatto è certo: i manifestanti hanno coraggio da vendere e non si fermeranno finché non avranno ottenuto la loro libertà.


 

 

 

 

 

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