Spiderman, simbolo di riscossa e sacrificio

Peter Parker, Spidey, Spiderman, Uomo Ragno, Arrampicamuri, Amichevole Spiderman di quartiere: tanti nomi per esprimere un solo concetto. Il primo supereroe inventato da Stan Lee (venuto a mancare nel 2018) è stato, fin dalla sua nascita nel 1968, un’icona del genere fantastico-eroico che non è mai tramontata. Dopo aver colonizzato per trent’anni le serie a fumetti, l’Uomo Ragno è finalmente sbarcato in televisione con le serie animate e, successivamente, al cinema con diversi film.

Ciò che rende più interessante questa figura è la sua storia: Peter Parker è un teenager del Queens, quartiere di New York, solare, appassionato di scienza, ma allo stesso tempo imbranato e, per questo, soggetto a ingiurie da parte di alcuni bulli.
A seguito di un incidente con un aracnide geneticamente modificato, Peter viene morso e scopre di avere abilità soprannaturali, tipiche appunto dei ragni. Avendo l’occasione per riscattarsi, il ragazzo cerca una rivincita nella società e nello spettacolo, diventando egoista e causando in maniera indiretta la morte di suo zio Ben. Fortemente provato dal senso di colpa, Parker decide di mettere da parte la sua ambizione, indossando una maschera e trascorrendo il resto della sua vita ad aiutare gli altri con le sue abilità.

Nel corso degli anni, diversi attori hanno vestito i panni dell’Arrampicamuri: Tobey McGuire, Andrew Garfield e in tempi più recenti Tom Holland. Ma cosa lega l’Uomo Ragno alla cultura Millennial?
La sua evoluzione nelle decadi ha reso sempre più chiaro un concetto: Spiderman, come simbolo, non invecchia. E’ sempre giovane, fresco e sta al passo coi tempi.
I primi tre film di Spiderman erano ambientati alla fine degli anni ’90 e mostravano quell’epoca con precisione; gli ultimi, ambientati tra il 2010 e il 2017, fanno lo stesso, garantendo una “crescita” del personaggio.  Va comunque detto che gli Uomini Ragno interpretati da McGuire e Garfield seguono meno i canoni originali del fumetto, tenendosi su un profilo più maturo, oscuro e serio.

Holland (classe 1996) ci riporta allo Spidey originale, quello irriverente delle battute leggere di Stan Lee, ma in un periodo diverso: il nostro presente. Un Millennial a tutti gli effetti, in cui i ragazzi possano riconoscersi. Ecco quindi che in Spider-Man: Homecoming, Tom Holland-Parker prende in mano uno smartphone e inizia un video in diretta su Facebook con gli Avengers, postato sulla sua seguitissima fan-page. La rottura di una quarta parete per cui persino Deadpool andrebbe fiero. Con l’arrivo nelle sale della pellicola animata “Spider-Man: Un Nuovo Universo” e del videogioco er PS4, questa realtà moderna prende ancora più piede.

L’incessante uso della tecnologia nell’ultimo film è stato sottolineato da Tom Holland stesso in un’intervista rilasciata su Repubblica:

“Nel fumetto era un fotografo. Ma oggi tutti hanno una fotocamera nel cellulare e quindi aveva senso inserirlo nella realtà e per renderlo più millennial possibile documenta e poi mette tutto su Snapchat. Mi sono molto divertito a girare da solo la scena con lo smartphone”

Si potrebbero sottolineare anche le peripezie che Peter Parker incontra, specie nel mondo del lavoro: pur avendo un titolo di studio da vero scienziato, gli risulta quasi impossibile trovare un lavoro adatto (forse per via della sua doppia vita). Abbiamo visto Parker in qualità di fattorino delle pizze, fotografo part-time per il Daily Bugle e infine “sviluppatore tecnologico” per la sua guardia del corpo: Spider-Man, se stesso.

Il sacrificio e la dedizione che Spider-Man mette nel quotidiano sono senza ombra di dubbio uno specchio per tutti coloro che ambiscono a lasciare una impronta positiva su questa terra, in particolare da un punto di vista altruistico: saper mettere se stessi in secondo piano e adoperarsi per il bene comune.

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