Io sono cultura: il rapporto di Symbola e Unioncamere

L’Italia da anni si trova protagonista di importanti sfide. Si pensi alla crisi, all’alto tasso di disoccupazione giovanile, alla sostenibilità ambientale. Eppure, in quello che una volta veniva definito il Bel Paese, in questo caos di cui ormai è vittima, sembra esserci un’arma vincente: la cultura.

Io sono cultura

A dimostrarlo è il Rapporto 2019 di Io sono cultura – L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi: nono rapporto elaborato dalla Fondazione Symbola e Unioncamere, con il sostegno della Regione Marche. Il rapporto è stato presentato a Roma, al MIBAC, dal presidente di Symbola, Ermete Realacci, dal segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli, con il coordinamento del segretario generale di Symbola, Fabio Renzi.

Ciò che emerge è un quadro di una Penisola che, tra tutte le intemperie di cui è vittima, continua a risplendere. Questo perché dai dati comunicati dal Rapporto, il sistema produttivo culturale e creativo italiano, composto da imprese non profit per lo più, genera una cifra pari a novantasei miliardi di euro l’anno. Sistema che influenza gli altri settori, arrivando così alla cifra di 265,4 miliardi, ergo il 16,9% del valore aggiunto nazionale.

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

(Art. 9 della Costituzione Italiana)

Sono dati sbalorditivi, perché dietro a questi numeri si può realmente comprendere il potenziale del paese. In particolar modo la capacità insita alla Penisola di poter combattere la disoccupazione. I settori culturali e creativi infatti stimolano un secondo settore, quello del turismo, a tal punto da dare lavoro a 1,55 milioni di persone, ergo il 6,1% del totale degli occupati in Italia.
Sono numeri ottimistici, che fanno sorridere, perché ci regalano la speranza di cui abbiamo bisogno: di un’Italia che possa realmente uscire dalla crisi in cui sta soffocando.

Sottolinea Giuseppe Tripoli:

L’Italia vanta la quota più elevata di imprese dei settori culturali in Europa, precedendo Francia, Germania, Spagna e Regno Unito.

Questo primato si deve a un rapporto molto fecondo nel nostro Paese tra cultura e attività di impresa: la cultura si fa impresa e l’impresa fa cultura. Basti pensare a quanto i settori del made in Italy, che sono leader nel mondo, traggano alimento dal nostro grande patrimonio culturale. Inoltre, proprio le imprese del sistema produttivo culturale e creativo hanno performance migliori rispetto alle altre in termini di occupazione e valore aggiunto. Questi risultati si devono anche all’adozione delle tecnologie 4.0, che riguardano circa il 70% delle industrie creative, quota più elevata rispetto agli altri settori.

Cultura e sostenibilità

Il settore culturale è inoltre essenziale per la sostenibilità. La cultura diventa così veicolo per insegnare, sensibilizzare le persone riguardo temi molto importanti. Non solo sensibilizzare, ma anche promuovere nuove soluzioni, realizzando vere e proprie community. Si pensi al “movimento dell’arte costruttiva” che per primo si è posto verso una strada per l’innovazione. La stessa opera dell’olandese Merlijn Twaalfhoven diventa un emblema, offrendo al pubblico un’esperienza su quelle che sono le realtà del cambiamento climatico. Si pensi anche all’apertura del Museo del Clima di New York.

E per accompagnare le organizzazioni della ICC verso un modello sempre più green nascono aziende quali “Arts Council England” (ACE). ACE gestisce in Gran Bretagna le sovvenzioni per il settore culturale e artistico nazionale, e dal 2012 ha imposto la sostenibilità come clausola per la disciplina delle sovvenzioni. Clausola i cui effetti sono stati sbalorditivi. Ha infatti innescato un processo di cambiamento che ha visto protagonista tutto il settore culturale, che nel giro di 5 anni ha ridotto le proprie emissioni a effetto serra. Risultati a livello economico? Un risparmio di quasi 11 milioni di sterline, ottenuto grazie a iniziative sostenibili e a investimenti in tecnologie pulite.

E in Italia?

La situazione italiana

Il progetto Fai, attivato nel 2015 in collaborazione con Edison, ha avviato un percorso di efficientamento energetico, fino ad una riduzione del 15% delle emissioni di CO2 nel giro di 10 anni.

La situazione si definisce comunque in modo diverso rispetto all’estero. Le azioni che vengono svolte in linea con la necessità di un modello produttivo più sostenibile fanno sì che gli esempi siano riscontrabili solo a livello territoriale. Come per il Gruppo Jobel e la Sartoria Circolare, un laboratorio di costumi teatrali realizzati  con materiali di recupero.

In termini di sensibilizzazione, invece vantiamo importanti progetti quali quello di Altre interessanti di Ecofest, agenzia pugliese che misura l’impronta ecologica delle iniziative artistiche e GreenFest, progetto della Fondazione Ecosistemi.

Che la cultura limi le anime, è vero, si sa. Ma che possa essere veicolo per una sensibilizzazione più ampia ed efficace verso temi quali la sostenibilità e l’ambiente, è non solo vero, ma reale.


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