Allenare la gratitudine potrebbe farti molto bene

Da un po’ di tempo gli psicologi cercano di capire come aumentare il benessere psicologico, anche stimolando la disposizione a provare sentimenti positivi. Ad esempio, si pensa che la gratitudine possa essere favorita dallo svolgere delle pratiche mirate. Sembra funzionare, inoltre, l’abitudine di essere riconoscenti per qualcosa che ci è successo durante la giornata.

Di che si tratta?

Si chiama esercizio delle tre cose buone e viene testato da qualche anno: si chiede ai partecipanti di scrivere, ogni sera per una settimana, tre cose che sono andate bene nella giornata stessa, indicando per ciascuna cosa buona una spiegazione del perché sia meritevole di gratitudine.

La gratitudine può essere concettualizzata come uno stato cognitivo-affettivo complesso nel quale è coinvolto il riconoscimento da parte della persona di aver ricevuto un beneficio. Da uno studio di Emmons e McCullough del 2003, sembra evidente che orientare consapevolmente la propria attenzione su ciò per cui essere grati abbia delle ricadute positive sui propri stati emotivi e sulla qualità delle relazioni.

Perché questo esercizio sembra essere efficace?

Esso richiede uno sforzo orientato a potenziare un certo modo consapevole di attivare l’attenzione e la memoria, che sono legate al benessere percepito rispetto a presente e passato. L’idea è di portare la persona a sentire volontariamente gratitudine, piacere, soddisfazione. Anche solo per il fatto di aver notato (è pur sempre un uso dell’attenzione) qualcosa di gratificante, come può essere un cielo stellato. In un’ottica molto pratica quindi, si è voluto lavorare sul margine d’intenzionalità che gli individui sembrano avere rispetto alla manifestazione dei propri stati d’animo positivi.

Effettivamente, in termini evolutivi, noi esseri umani abbiamo una tendenza automatica a dare più spazio attentivo ai pericoli, e più spazio in memoria agli incidenti ed episodi negativi. Questo in ragione del fatto che, mentre un episodio favorevole può essere apprezzabile, un episodio sfavorevole può essere mortale. In altre parole, rispetto ai nostri antenati che dovevano sopravvivere in situazioni ambientali molto pericolose, l’hardware in dotazione nel cervello è rimasto lo stesso, ma il contesto è cambiato, e con esso la tipologia e qualità dei pericoli a cui siamo esposti. Ciò non significa che sia auspicabile disattivare la nostra naturale tendenza a dare più spazio a ciò che non va, il nostro istinto di sopravvivenza non lo consentirebbe, ma senz’altro significa che possiamo parzialmente bilanciarla. E l’esercizio di cui parliamo va in questa direzione.

Questo vale soprattutto per quelle persone che, pur non soffrendo marcatamente di una psicopatologia, ben più del dovuto sovrastimano il negativo. Per non parlare di tutti quelli, depressi in primis, che proprio in virtù dell’ipertrofia di questa tendenza, soffrono di altissimi livelli di malessere. I dati di diverse ricerche sembrano dimostrare che l’esercizio delle tre cose buone è efficace nell’incrementare il benessere percepito, addirittura in alcuni casi fino a sei mesi dalla sua interruzione, se svolto a determinate condizioni, e in misura significativamente più incisiva di altri esercizi e placebo somministrati ad altri gruppi. La condizione chiave è che l’esercizio sia svolto ogni sera per una settimana.

Lyubomirsky e Sheldon hanno rilevato i benefici del continuare a praticare l’esercizio nel tempo, ma a patto di non svolgerlo più di 2-3 volte la settimana. Verrebbe meno infatti l’impatto dell’esercizio stesso, che diventerebbe una routine automatizzata esattamente come, ad esempio, il lavarsi i denti. Visto che ancora non si hanno dati definitivi sull’efficacia dell’esercizio, i lettori de Lo Sbuffo potranno darci un feedback e farci sapere se effettivamente ha dato un boost al loro benessere.

Se siete curiosi: ecco come può essere svolto

Ogni sera, per 7 giorni, scrivi utilizzando carta e penna, tre cose che sono andate bene nella giornata, o comunque che hai particolarmente apprezzato in te stesso, negli altri, nell’ambiente. Non devono essere per forza cose frutto del tuo impegno, ma cose che hai per qualche motivo apprezzato, anche solo per averci fatto caso. È importante che per ciascuna di queste inserisci una spiegazione del perché è stato possibile considerarla una cosa piacevole.

Alcuni esempi: oggi ho apprezzato/ mi è piaciuto/ sono grato per

  • Il gesto del mio collega, perché indica che mi stima/che è generoso.
  • I colori del cielo al tramonto, che ho notato perché so apprezzare la bellezza della natura.
  • La reazione del mio cane quando sono rientrato a casa, perché mi piace l’affetto incondizionato che nutre per me.
  • L’ora e mezza passata in palestra, perché ci tengo a mantenermi in forma sopportando la fatica necessaria.
  • Poter dormire fino a tardi/mangiare quello di cui avevo voglia.

Si tratta di notare cose anche semplici, che fanno parte della quotidianità, ma alle quali spesso non riusciamo a dare il valore che meritano.


FONTI
Boniwell, I. (2016). La Scienza della Felicità – Introduzione alla Psicologia Positiva, Bologna, Il Mulino
Lorenzini, R., Scarinci, A. (2013). Dal Malessere al Benessere: Attraverso e Oltre la Psicoterapia, Milano, FrancoAngeli

Lyubomirsky, S., Sheldon, K.M., Schkade, D. (2005). Pursuing Happiness, The Architecture of Sustainable Happiness, Review of General Psychology, 9, 111-131

Seligman, M. Steen T.A., Park N., Peterson C., (2005). Positive Psychology Progress Empirical Validation of Interventions, American Psychologist, 60, 410–421

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