Raggiungere un traguardo: la scienza del goal setting (seconda parte)

Abbiamo visto nella prima parte che avere un traguardo da tagliare favorisce il benessere psicologico, se l’obiettivo è frutto di un desiderio genuino ed è scelto consapevolmente. Abbiamo sottolineato il ruolo della dopamina, il neurotrasmettitore legato a piacere e ricompensa, e i possibili ostacoli legati a frustrazioni del passato e sensi di colpa nel riuscire a connettersi con i propri desideri più autentici.

Nel momento in cui si ha chiaro cosa si vuole, si può iniziare quello che nel coaching è chiamato processo di goal setting; può sembrare un po’ macchinoso, ma una volta che è stato interiorizzato aiuta moltissimo. Attraverso il goal setting, si arriva a costruire un piano d’azione.

Innanzitutto, il proprio traguardo deve essere formulato in positivo. Immaginate di andare al supermercato con la lista di ciò che non vi serve: avreste così migliaia di cose da scartare arrivando per esclusione a ciò che volete, uno sforzo improbo e un inutile modo di bruciare attenzione ed energia. Eppure spesso le persone fanno piani in negativo: non voglio più essere grasso/fare quel lavoro/vedere quelle persone…cosa vuoi fare invece?

Sbagliare nel pianificare equivale a pianificare uno sbaglio: i traguardi devono essere specifici, il che significa che devono poter essere misurabili. In questo contesto, un traguardo misurabile è quello sul cui raggiungimento possono essere d’accordo tutti, con i sensi: ad esempio: “saprò di essere dimagrito abbastanza quando potrò indossare un jeans di due taglie più piccolo di quello che porto ora”, una cosa che tutti possono vedere senza ombra di dubbio.

Il passaggio successivo è fare i conti con la situazione attuale, per valutare quanto è realistico il traguardo da raggiungere. Un sano esame di realtà include le risorse della persona (psicologiche, materiali, fisiche), il suo network di relazioni attuale (amici, competitor, conoscenti…), i difetti su cui pensa di poter lavorare e quelli immodificabili. Alla luce di questa valutazione, si potrà considerare un traguardo più realistico o continuare sulla strada già tracciata.

E’ importante saper distinguere cosa è effettivamente sotto il proprio controllo e cosa no. E’ raro che sia tutto sotto il proprio controllo: anche lo studente più preparato sa che l’esito di un esame può essere influenzato dall’umore che quel giorno ha il docente. Tuttavia quello studente potrà aumentare le sue chance di passare l’esame con un voto alto concentrandosi su quello che può controllare: studiare adeguatamente, andare a vedere gli appelli precedenti al suo e contattare chi ha già fatto l’esame per sapere a cosa quel professore da più importanza, farsi prestare appunti delle lezioni in cui è mancato, andare al ricevimento….

Distinguendo cosa è sotto il proprio controllo e cosa no, si sarà in grado di valutare tutte le opzioni percorribili in modo più obiettivo. Nel valutare le opzioni di azione, si terrà conto di quanto ciascuna è stimolante, costosa, realistica, difficile ed ecologica (cioè rispettosa di se, dei propri valori e degli altri). Il traguardo verrà scomposto in obiettivi anche essi altamente specifici (“Quali sono i passi più piccoli e concreti che posso fare per raggiungere il mio traguardo? Quando? Dove? Come? Con chi?), a breve, medio e a lungo termine, che abbiano a che fare con lo svolgere determinati compiti, acquisire certe competenze, coltivare certe relazioni.

Arrivati a questo punto quindi si è identificato il traguardo, si è valutata la situazione attuale, chiarite le opzioni e identificate le azioni da svolgere. E’ il momento di passare all’azione! In corso d’opera sarà utile revisionare, ed eventualmente modificare in base ai feedback ricevuti, il piano d’azione.

Infine, uno strumento potente per migliorare le performance specifiche è la visualizzazione, usata ad esempio moltissimo nello sport professionistico, ma adattabile anche ad altri contesti. Essa consiste, a grandi linee nell’immaginare vividamente se stessi nell’atto di dare il meglio di sé. Vividamente significa con ricchezza di dati sensoriali rispetto all’uso di qualità specifiche richieste in una certa situazione. Praticando questo esercizio mentale ripetutamente, è stato notato che effettivamente le performance migliorano. Ma attenzione, l’utilizzo di questa tecnica non va confuso con le visualizzazioni propinate dai guru del pensiero positivo, prive di fondamento scientifico e in sostanza del tutto inutili, che invitano a visualizzare qualsiasi cosa si desideri nella speranza di farlo accadere.


FONTI
Bannink F. (2014), Post Traumatic Success, New York, W.W. Norton & Company
Harris R. (2010), La trappola della felicità, Trento, Erickson

Whitmore, J. (1992). Coaching for Performance: GROWing Human Potential and Purpose – The Principles and Practice of Coaching and Leadership, Nicholas Brealey Publishing.

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