Quando il silenzio diventa incomunicabilità: “The Sound of Silence”

Hello darkness my old friend, I’ve come to talk with you again.

Quante volte vi sarà capitato di ascoltare l’inizio di questo pezzo? Negli ultimi anni ha acquistato celebrità perché è stato spesso usato per meme o vignette umoristiche e, in particolar modo la prima strofa, è entrata talmente tanto nell’immaginario comune che la maggior parte avrà sicuramente letto la citazione canticchiandola.

Le origini

Ma iniziamo col ridare la propria dimensione al brano: si tratta di un pezzo del duo folk-rock Simon & Garfunkel (composto da Paul Simon e Art Garfunkel), pubblicato come singolo nel 1965.

Dopo aver scalato le classifiche, The Sound of Silence venne utilizzata anche in diverse parti del celebre film del 1967 Il laureato, il che le fece acquistare ulteriore notorietà internazionale.

 

Gli anni ’60

Il brano fu pubblicato per la prima volta proprio nel bel mezzo del clima di fermento tipico degli anni ’60: molti guardavano al futuro come un ideale, come un momento per iniziare una vita migliore, le lotte (studentesche e non) avrebbero raggiunto il loro apice da lì a pochi anni e il rock avrebbe dato voce alle rivendicazioni della nuova classe di giovani adulti che trovava un posto nella società proprio in quel momento. In questo clima di irrequietezza sociale si inserisce The Sound of Silence, brano più folk che rock, lontano dalle sonorità aggressive di quegli anni. Il suo ritmo è pacato, quasi nostalgico ma il messaggio che nasconde è fortemente critico nei confronti di quella stessa società che urlava per farsi sentire, ma che non era disposta ad ascoltare.

Il tema

Simon & Garfunkel andavano controcorrente proponendo un brano che aveva come tema l’incomunicabilità, o meglio, l’incapacità di comunicare della società dell’epoca. Il tema, per altro, rimane molto attuale (e controverso) anche oggi: si parla spesso di quanto l’arrivo di internet, dei cellulari e delle nuove tecnologie in generale abbia minato la nostra capacità di comunicare con il prossimo in maniera profonda. L’argomento era comunque fortemente sentito anche in un’epoca durante la quale internet era solo un progetto particolarmente ambizioso, la cui conoscenza era riservata alle élite di poche università statunitensi, mentre i primi prototipi di telefoni cellulari erano ancora nelle idee di qualche ingegnere a cui piaceva sperimentare.

Il testo

And in the naked light I saw,
ten thousand people, maybe more.
People talking without speaking,
people hearing without listening,
people writing songs that voices never share.
No one dared
disturb the sound of silence.

Forse la strofa più famosa, dopo quella iniziale. L’atmosfera è onirica, si parla di migliaia di persone riversate per le strade di città generiche, immaginarie (in effetti si tratta di un sogno che riflette la realtà), che parlano senza comunicare davvero.
In questo caso si fa leva sulle differenze linguistiche che intercorrono fra i verbi inglesi “to talk” e “to speak” e, ancora, “to hear” e “to listen”, le stesse differenze che in italiano potremmo avere fra la connotazione di “vedere” e quella di “guardare”: nel primo caso è un’azione casuale, poco pensata, automatica, messa in atto senza che ci sia bisogno di un’intenzione o di un progetto; nel secondo caso, invece, chi fa l’azione di guardare o, ancora meglio di osservare, lo fa per soddisfare la propria volontà di conoscenza nei confronti di qualcosa, lo fa con un intento preciso. La strofa si chiude con un’affermazione significativa: “Nessuno osava disturbare il suono del silenzio”, ovvero, nonostante in molti parlassero, il silenzio regnava indisturbato poiché nessuno di loro era in grado di comunicare davvero.

“Fools” said I, “you do not know
silence like a cancer grows.
Hear my words that I might teach you,
Take my arms that I might reach you”.
But my words like silent raindrops fell
and echoed in the wells of silence.

La canzone continua: il narratore inizia a parlare e, chiamando “stupide” le persone che si trova davanti, cerca di cambiare il loro atteggiamento, parlando di quanto sia pericoloso in realtà il silenzio. Una condizione tanto rassicurante e intima quanto spaventosa e desolante se si lascia che prenda il sopravvento su tutto il resto, se si lascia che “cresca come un cancro”. Il narratore prega la folla di ascoltarlo e tende le braccia in modo da rendersi più raggiungibile. Ma nessuno lo ascolta e le sue parole “cadono come silenziose gocce di pioggia che riecheggiano nei pozzi del silenzio”.

La conclusione

La canzone si conclude con la dichiarazione di questa folla silente, scritta su un’insegna al neon e diventata oramai oggetto di culto: “Le parole dei profeti sono scritte sui muri delle metropolitane e sui pianerottoli dei palazzi”.

Il silenzio, come un Dio moderno, prende il sopravvento lasciando tutti i suoi adepti muti e incapaci di instaurare dei legami significativi fra di loro. In questo clima tetro e inquietante si conclude il brano, lasciando all’ascoltatore uno spunto di riflessione sulle dinamiche sociali che governano la nostra epoca.

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