A ogni generazione la sua scarpa

Si sa che nella moda ‘tutto torna’, ma ultimamente stiamo assistendo al revival delle sneakers con la suola platform. Questo must negli anni ’90 era rappresentato dal modello firmato Fornarina: scarpe coloratissime con il logo in bella vista. Con il passare degli anni, ogni età ha avuto la sua ‘sneaker-symbol’, ma tutte hanno dei punti in comune. Vediamo come dalla ‘Fornarina Up ’92’ si è arrivati al modello total white della Fila.

Nel 1992, appunto, usciva la mitica ‘Fornarina Up ‘92’: lacci coordinati alla calzatura, colori fluo come fucsia o arancio e una suola bianca che diventa trasparente sul tallone. Fornarina, marchio italiano, nasce proprio negli anni ’90 e con questo modello raggiunge in breve tempo l’apice del successo. Il suo segreto sta nel creare uno stile sporty-glam, giovanile e, tramite il mix di materiali, l’adattabilità ad ogni situazione. Il ritorno sul mercato di questo cult ha cercato di mantenere le stesse caratteristiche, responsabili dell’invasione di questo modello inconfondibile: colori, prezzo e materiale (mesh e suede).

Successivamente, il mercato viene invaso dal modello ‘Interactive’ firmato Hogan. Stesso mood: suola rialzata bianca, colori meno appariscenti, ma stessa anima sporty-chic. Ovviamente, la scarpa dei primi anni 2000 occupa una fascia di prezzo più alta, ma la firma è sempre nostrana. Hogan è un marchio nato da Tod’s nel 1986, che non si è affermata solo grazie alle sue scarpe riconoscibili dalla H stampata (o traforata) sul lato, ma anche tramite borse e indumenti, soprattutto giacche e cinture. Hogan per questo modello punta (ancora oggi) sulla varietà: pelle, camoscio, paillettes, logo di varie dimensioni…

Poi c’è stato il boom delle Converse con la suola alta. L’azienda statunitense non ha mai cessato di avere successo, ma un paio di estati fa, ha portato il suo stile ad un livello superiore, nel vero senso della parola. Al modello secolare, suola bianca con la linea che ne percorreva tutta la superficie, la stella stampata sul lato interno e il logo sul retro, si aggiungono centimetri alla suola esterna o addirittura la zeppa all’interno della calzatura. Al successo di questo nuovo tipo di sneaker, si aggiungono le catene di negozi nelle principali città, specializzati nella personalizzazione del tuo paio di Converse: borchie, pelle, disegni, scritte e brillantini a più non posso!

Quasi in contemporanea a questo modello firmato dalla stellina statunitense, si faceva largo quello proposto da Jeffrey Campbell: suola bianca sproporzionata e calzatura in tela, simile a quella celebre della Superga. I centimetri esagerati delle Jeffrey avevano sbancato anche grazie al modello con il tacco ed un plateau enorme. Sulle scatole c’era disegnato un unicorno alato: la suola così rialzata aveva forse il potere di sollevarti dal suolo?

Attualmente esiste una diatriba: Balenciaga o Fila? Nel primo caso si punta sugli abbinamenti di colore del modello ‘triple s‘, la suola bianca, che non manca mai, le stringhe bianche, che ricordano la Fornarina del ’92, e il logo scritto in maiuscolo (perché in corsivo è scritto sulle ballerine). Per le Fila si parla di tendenza total white: logo onnipresente sul lato, lacci bianchi anche qui, ma oltre il bianco ci sono solo il rosso e il blu, colori del marchio. Ragazzine con gambe esili, indossano sempre più il modello proposto da Fila. Ciò dimostra, come spesso accade, che un capo (o in questo caso, un paio di scarpe) diventa un simbolo di appartenenza: gruppi interi di teenagers si ritrovano ad acquistare lo stesso tipo di calzatura perché proposto da qualche blogger o trapper.

Come ogni cosa che fa successo nel mondo del fashion, si è sviluppato un mercato del falso davvero vasto. Ciò, ovviamente, ha i suoi pro e contro: rappresenta una forte concorrenza al pezzo originale, ma dall’altro canto favorisce l’inclusione anche di chi non può permettersi di spendere cifre molto alte.

Con questa rapida carrellata si nota come la scarpa con la suola platform è un cult che non tramonta. Il ricorrere dell’elemento riconoscitivo ‘bianco’, che spesso è sproporzionato alla calzatura o alla persona stessa che la indossa, sembra avere ancora molti anni di sopravvivenza grazie a rivisitazioni da parte di diversi marchi, nella maggior parte italiani. Ma ciò non limita questo successo: la firma del tricolore esce dalla penisola e raggiunge anche acquirenti di altri stati.



 

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