Se consideri le colpe: quando la maternità è una promessa tradita

La maternità può essere tante cose, tanti gesti, tanti modi di essere; oppure è un vuoto, uno spazio che un momento è pieno e quello dopo non lo è più. Così vive il rapporto con la propria madre Lorenzo, protagonista di Se consideri le colpe di Andrea Bajani, edito da Einaudi nel 2007.

Il romanzo si apre in Romania, dove il protagonista si è recato per il funerale della madre, Lula, che non vede né sente da anni. Da piccolo il rapporto che Lorenzo aveva con lei era speciale; erano amici, giocavano insieme, lui pendeva sempre dalle sue labbra.

Ma un giorno, complici le amicizie all’estero e il lavoro, Lula comincia a viaggiare:

Hai cominciato a partire che ero piccolo. La prima volta è stato un viaggio di piacere, andare a trovare degli amici che avevano tentato la fortuna. Mi avevi disegnato il mondo sopra un foglio, la sera prima, e mi avevi fatto vedere dove andavi […]. All’inizio stavi via per poco, solo qualche giorno, al massimo qualche settimana. Io ti aspettavo ma non mi preoccupavo.

E così inizia quello che per Lorenzo sarà uno strappo praticamente impossibile da ricucire; il loro rapporto lo deluderà sempre di più a ogni nuova promessa disattesa, fino all’abbandono definitivo, lenito solo da qualche vaga, distratta telefonata a cui lui non vuole più nemmeno rispondere:

Ho cominciato a non volerti più sentire al telefono, e quando suonava di sera facevamo di tutto per non arrivare in tempo. Le telefonate mensili sono diventate semestrali, e poi soltanto gli auguri di Natale. E così io e papà, che fino ad allora non sapevamo che farcene l’uno dell’altro, ci siamo ritrovati complici di qualcosa che aveva a che fare col disprezzo di te.

Così come nella memoria del protagonista, anche nel romanzo la figura materna è sfumata, assente. Il suo ricordo è legato solo a qualche episodio dell’infanzia, ma il lettore non la vede mai davvero, come una persona vista di sfuggita e di cui non si riesca a mettere bene a fuoco i lineamenti.

Non c’è mai, da parte del figlio, un giudizio, un moto d’ira o un momento in cui chieda ragione alla madre del suo abbandono. Semplicemente si abitua alla sua assenza per gradi: prima qualche settimana, poi un mese, poi la partenza definitiva. E infine il telegramma che ne annuncia la morte, laggiù in Romania. Ed è in quel momento che Lorenzo torna a pensare a lei, scopre la vita che lei conduceva lontano da lui, lontano dal suo paese. A rendere tutto più doloroso per il protagonista, ai suoi occhi di bambino, c’è anche il difficile rapporto tra i genitori e il dolore di suo padre quando Lula gli comunica che andrà a vivere definitivamente in Romania con il suo socio, con cui già da tempo aveva una relazione.

Poi papà ha smesso di accompagnarti all’aeroporto. La sera prima era arrivato il tuo socio, aveva suonato che era tardi, dopo poco ero già chiuso dentro la mia camera. Mi ero portato i giochi vicino alla porta, per sentire cosa avevate da dirvi, a quell’ora della sera. […] Poi per la prima volta avevo sentito papà urlare, la voce era cresciuta lentamente, come stesse gonfiando il salotto soffio a soffio di un odio che non gli avevo mai sentito addosso. […] Io stavo seduto in terra con la schiena contro la porta, e mi sembrava di dover spingere per contrastare quella furia, per evitare che all’improvviso in casa si spalancasse tutto, e odio e bufera si mescolassero in un unico vento.

Tutti questi ricordi, questo dolore sfumato e mitigato dal tempo, tornano – seppur con il distacco dato dalla maturità – nel momento in cui Lorenzo va a Bucarest per il funerale e scopre che la vita che la madre conduceva là era ben diversa da quanto lui si fosse aspettato. Abbandonata dall’amante, era malata e abbandonata a se stessa. Si era lasciata andare alla disperazione, all’alcool, al fumo ed era irrimediabilmente sola.

Lorenzo gira per casa sua e il profumo che lei ha lasciato tra quelle stanze gli è ormai estraneo, vede le sue foto e non la riconosce nemmeno più. Eppure, in casa trova una sua fotografia da piccolo e persino la combinazione dell’allarme antifurto è la sua data di nascita.

Bajani racconta una storia difficile, di rimorsi, solitudine e abbandono e lo fa attraverso gli occhi di Lorenzo che di fronte alla figura materna sembra rimasto un po’ bambino, quasi in attesa di un ritorno che non avverrà mai. La sua vita è andata avanti, è cresciuto e alla madre sembra non pensare nemmeno più. L’autore dice pochissimo degli stati d’animo del protagonista, si possono solo intuire dalle sue azioni, dai suoi pensieri. L’ultima volta che vede sua madre Lorenzo se ne sta immobile, non dice nulla. Non piange, non le chiede perché lo stia abbandonando. Ma dietro il suo silenzio si legge il dolore e l’incredulità di chi viene lasciato indietro dalla persona che più al mondo dovrebbe amarlo:

Hai detto Torno presto, e ho capito che dovevo restare lì dov’ero. Così sono rimasto in piedi accanto al divano, a guardarti andare via, dalla porta aperta vedevo la macchina del tuo socio. Sono rimasto fermo a qualche metro da te e ti ho guardata, come fanno i cani quando capiscono che resteranno in casa. E come fanno i cani, ho guardato la porta chiusa quando tu non c’eri già più.

L’intero romanzo sembra quasi un lungo flusso di coscienza, in cui passato e presente si mescolano di continuo, i dialoghi non sono mai introdotti da segni di interpunzione ma scivolano dentro il flusso della narrazione con grande naturalezza. E proprio questo stile così scarno, di una precisione quasi chirurgica, permette di raccontare con leggerezza – e disincanto – un trauma enorme, quello di un bambino tradito dalla propria madre con false promesse.

Da come sei andata via l’ultima volta, si capiva che non saresti più ritornata. È bastato sentirti dire Torno presto, che era il tuo modo per evitare di giustificarti, stringersi forte, dirsi delle cose.

 


FONTI

A. Bajani, Se consideri le colpe, Einaudi, 2007


 

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