Se “La Classe Morta” fossi io: il capolavoro di Tadeusz Kantor

Se i palcoscenico, come si dice, è luogo frequentemente abitato dagli spiriti-personaggi e il teatro è pura percezione emotiva, allora Tadeusz Kantor può essere considerato uno dei registi più sperimentali della storia del teatro del Novecento. Artista di Cracovia, visse durante la seconda guerra mondiale. Fondò la Compagnia Cricot 2, con la quale divenne famoso grazie a La Classe Morta, spettacolo simbolo del teatro sperimentale e figurativo. Il Teatro Cricot 2 racchiude una cerchia di artisti eterogenei: non è composto infatti soltanto da attori professionisti, ma anche  da dilettanti, poeti, pittori, è un luogo di incontro e di scambio culturale. Il gruppo costituì dunque una sorta di “paradiso liberale” nella Cracovia degli anni ’50. Proprio questo clima permise al regista di produrre spettacoli teatrali fuori dagli schemi, che diventarono i più rivoluzionari dell’Europa.

Per parlare del teatro sperimentale di Kantor è bene gettare un occhio sul suo percorso di formazione. Frequentò l’Accademia di Belle Arti di Cracovia e lì conobbe approfonditamente la lezione di Gordon Craig, il regista teorico del concetto di “supermarionetta teatrale”. Con questa teoria, fondamentalmente, Craig cercava un modo per cancellare la naturale imperfezione dell’attore. Kantor ne rimase affascinato e in effetti, l’influsso è piuttosto evidente nelle sue produzioni. Kantor fu inoltre influenzato dalle teorie simboliste. Il regista fu anche pittore, decoratore e produttore di bambole: per questo il suo teatro viene definito “figurativo”. Inoltre, prima di Cricot 2,  durante la Seconda guerra mondiale fondò una compagnia: Teatro Indipendente. Non si può ignorare infine, la profonda influenza che Kantor subì dalla realtà del suo tempo. Oltre al clima culturale polacco, le sue opere riproducono i sentimenti di cupezza e di crisi delle certezze trasmessi dal conflitto mondiale.

La Classe Morta, come già anticipato, rappresenta il lavoro meglio riuscito di Kantor, grazie al quale la compagnia Cricot 2 divenne famosa nel mondo. La pièce non riproduce un contenuto chiaro e non è costituita da una trama coerente. Inoltre il testo, per volere dell’autore, deve essere conservato in lingua originale. Il pubblico deve infatti interpretare l’essenza dell’opera. Come espresso dal titolo, l’opera è ambientata in una classe; l’allestimento della scena di apertura è costituito da panche (che simboleggiano i banchi), una latrina, dei libri vecchi, un manichino di un militare seduto dietro a un banco con un giornale aperto.

L’entrata in scena dei personaggi è singolare e introduce lo spettatore in un’atmosfera onirica. Gli attori infatti camminano in fila, con un passo quasi danzato. Ciascuno porta con sé un “cadaverino”, un corpo di fanciullo attaccato al corpo di adulto come un rimorchio senza vita. Il clima inquietante è immediatamente percepibile. L’immagine di apertura centra immediatamente il tema chiave della pièce teatrale di Kantor: la memoria e, in particolare, la memoria dell’infanzia. Gli infanti sono delle vere e proprie escrescenze dei corpi adulti. Non si staccano e appaiono come pesi che gravano sulla coscienza. I personaggi, insieme a tutti gli oggetti che compaiono sulla scena, sono dei relitti, resti logorati dal tempo. Kantor si focalizza dunque sugli oggetti consunti, poiché essi sono contenitori di una storia, la memoria del passato appunto. A questo proposito, lo stesso Kantor afferma:

Sono sempre stato affascinato dalle opere d’arte generate da relitti. Un relitto è ciò che rimane dopo la distruzione, qualcosa che è assolutamente divenuta inutile e che ha un passato tragico. Solo i ricordi possono ricrearne la funzione. Nella Classe Morta, i banchi della scuola, sono dei relitti, inutili, morti, incapaci di realizzare il loro folle desiderio di tornare indietro nel tempo.

I personaggi che popolano il dramma non sono realistici, ma assomigliano a identità oniriche. Sono tratteggiati e non approfonditi psicologicamente. Sono inoltre contorti e ambigui. Molte personalità femminili sono infatti interpretate da uomini, creando personaggi ambigui sessualmente. Oppure il manichino, che nella prima scena sembrava disumano, nel corso dello spettacolo prende vita. In generale, i personaggi sembrano fantasmi; lo sguardo è vacuo e i visi sono inespressivi. Considerando questo significativo dettaglio, è bene ragionare sull’aggettivo che accompagna il titolo: “morta”. La classe è infatti composta da morti, spiriti ambulanti. Kantor rievoca, con un intenso accento autobiografico, la propria classe d’infanzia. Il regista partecipa in prima persona allo spettacolo e si posiziona in un angolo della scena. Agisce come un direttore d’orchestra o un marionettista, muovendo i personaggi quasi privi di energia vitale.

La Classe Morta è una produzione artistica che non sfrutta unicamente il mezzo espressivo del teatro. Oltre all’importanza del testo letterario, Kantor sottolinea l’aspetto polisemico dell’opera d’arte. Musica, parola, luce, colore, scena sono elementi che si mantengono ben distinti gli uni dagli altri, ma collaborano nello spettacolo in modo esemplare. Il risultato consiste nella creazione di uno spettacolo con un ritmo ossessivo e perfetto. A questo proposito, rilevante è l’entrata in scena di una culla metallica oscillante munita di due sfere di ferro ai lati. Queste riproducono il rumore del ticchettio di un orologio, scandendo lo scorrere inesorabile del tempo.

Kantor, grazie alla sua “classe”, si fa portavoce del XX secolo, il “secolo della memoria”. Attraverso lo spiraglio della classe, Kantor rivive i drammi del Novecento e le innumerevoli contraddizioni storiche, prestando maggiore attenzione ai due conflitti mondiali. L’intimità autobiografica del ricordo d’infanzia si fonde in modo indissolubile alla memoria collettiva. Così Kantor afferma:

Rendere pubblico/ ciò che nella vita dell’individuo/ c’è di più segreto/ che contiene in sé un valore supremo, che al ‘mondo’ può apparire/ ridicolo,/ piccolo,/ una ‘miseria’./ L’arte trae quella ‘miseria’ alla luce del giorno. Che cresca./ E che governi./ È questo il ruolo dell’arte.

FONTI

teatrodinessuno.it

oggettiememorianelteatroditadeuszkantor

docsity.com

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