Due donne ai vertici dell’Europa: il gender balance parte dall’alto delle istituzioni

Martedì 16 luglio il Parlamento Europeo, in composizione plenaria a Strasburgo, ha votato la nomina alla presidenza della Commissione Europea conferendola alla tedesca Ursula von der Leyen, dopo che i ventotto stati membri hanno trovato un accordo al riguardo. Democristiana tedesca ma belga di nascita, 60 anni, la von der Leyen è attualmente ministra della difesa dal 2013 e membro del partito di centro sinistra di Angela Merkel.

L’Europa di Ursula

Ursula nella stessa mattinata ha tenuto un discorso delineando le sue priorità per rilanciare l’Europa nei prossimi 5 anni di mandato della Commissione di cui sarà a capoI punti principali del suo discorso per convincere il Parlamento a darle fiducia (ottenuta con soli 9 voti di margine superiore) sono stati svariati ma tutti accomunati dalla visione di un’Europa più sostenibile e green, che realizza la parità di genere a partire dalle istituzioni stesse, unita attraverso maggiori possibilità di scambio culturale delle nuove generazioni tramite l’Erasmus, un’Europa sociale che garantisca un salario minimo, ma che allo stesso tempo rafforzi la propria economia. Insomma, un’Europa forte, che cerca di creare una vera unità tra est e ovest in un equilibrio politico e non solo geografico, come esempio di civiltà e pace. Certamente la sua missione non sarà facile ma i presupposti appaiono positivi.

Prima del discorso Ursula ha twittato:

“Se l’Europa fosse una donna, l’Europa sarebbe Simone Veil. Chiediamoci oggi come possiamo perpetuare la sua visione, quella di un’Europa unita e pacifica”.

La von der Leyen si è inoltre rivolta al Parlamento promettendo impegno per una delle principali priorità che sta sfiduciando l’intera Unione: la riforma del regolamento di Dublino verso un nuovo patto sull’immigrazione e l’asilo, al fine di salvare vite umane all’insegna della cooperazione e nel rispetto delle regole. Ce ne aspettano delle belle e vedremo quale sarà il rapporto dell’Italia nei confronti di questa nuova promettente Commissione. La Presidente della Commissione dovrà anche fare i conti con la Brexit che da ottobre, deal o no, sarà un dato di fatto senza più proroghe, se non per validi motivi.

Christine Lagarde la prima donna al vertice della BCE

Oltre a Ursula, è stata nominata dal Consiglio Europeo alla Presidenza della Banca Centrale Europea, la politica e avvocatessa Christine Lagarde, già al vertice del Fondo Monetario Internazionale, uno dei pochi esempi noti di donna nell’alta finanza e nella politica monetaria a ricoprire posizioni così apicali. È stata più volte inclusa nella lista delle 100 donne più potenti del mondo secondo Forbes. La Lagarde è stata la prima donna al vertice del FMI e, allo stesso tempo, la prima ad essere stata nominata a capo della BCE; tutti i suoi predecessori infatti, compresi i vicepresidenti, sono sempre stati uomini. Nel 2008, durante l’inizio della crisi finanziaria che ha colpito l’Europa, è stata ministro delle finanze del governo francese.

Christine Lagarde, Managing Director of the International Monetary Fund (IMF) and President of BCE

Perché dovrebbe far piacere vedere sempre più donne raggiungere posizioni importanti e di potere

Vedere due donne forti, competenti e scelte per la loro capacità ed esperienza ricoprire cariche per la maggioranza maschili e che, allo stesso tempo, sono anche per loro scelta delle madri, fa sperare che davvero si possa raggiungere il gender balance basato sulla meritocrazia e la consapevolezza che l’apporto delle donne sia fondamentale per una società più equa. Per ora siamo spettatori di piccoli esempi: ormai non è più tempo di piccoli gesti, ma di grandi passi. La strada è in salita: la percentuale anche in Europa di donne a capo di governi e all’interno di posizioni di rilevo manageriale nelle aziende è ancora basso, troppo basso. Solo 21 donne nel mondo sono capo di stato o di governo. Complice di tali dati è, come noto, la chiusura culturale e la scarsa preoccupazione e impegno sociale nella promozione delle donne, soprattutto nel conciliare il lavoro di cura – che purtroppo spesso le condanna a sacrificare qualcosa delle loro aspirazioni – e il lavoro.

Forse l’Europa, dopo le elezioni del maggio scorso, vuole fare la sua parte e dare quell’esempio che a livello nazionale è sempre più latente.


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