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Quello che le parole non sanno dire: Familie Flöz e il corpo vivo

Il teatro è un groviglio di nodi che si intrecciano. Se è vero che recitare significa “citare per la seconda volta” e che ogni storia racconta un’essenza di vita vissuta, allora la magia, ciò che tecnicamente viene definito “sospensione dell’incredulità” sembrerebbe non comparire sul palcoscenico. Tuttavia il verbo “recitare”, in inglese play, in francese jouer, significa anche “giocare”. Ecco allora che la dimensione più infantile prende il sopravvento e lo spazio teatrale diventa il regno delle ombre. Seguendo il ragionamento, sembra piuttosto semplice tracciare una radicale distinzione tra l’attore-recitatore, che si limita a riprodurre qualcosa inventato da altri, e l’attore-interprete, mediatore dell’essenza della vita di un personaggio. L’esperienza di vita delle ombre, breve e ineffabile, prescinde dall’aggrovigliamento intellettualistico. Non è un caso, infatti, che dal secondo ‘900, filoni di ricerca si spingano verso l’eliminazione della comunicazione verbale, mettendo in risalto la potenza del corpo e l’energia dell’attore in scena.

Nella varietà delle esperienze, cardinale risulta l’opera ultra ventennale condotta dalla compagnia Familie Flöz, internazionalmente riconosciuta e risiedente a Berlino. La ricerca è indirizzata verso la sintesi di un linguaggio corporale non convenzionale adatto alla scena. La compagnia nasce nel 1994 a partire dall’iniziativa di un gruppo di studenti della scuola di mimo di Essen, in particolare Hajo Schüler e Markus Michalowski. L’idea iniziale consisteva, grazie alla profonda influenza di Donato Sartori, nel produrre maschere artigianalmente, così da sperimentare nuove forme espressive. L’utilizzo della maschera, come sperimenta ampiamente la commedia dell’arte, modifica la naturale percezione dell’attore sul palcoscenico e accentua l’espressività corporea. La compagnia Familie Flöz, afferma a proposito:

Le tipiche maschere realizzate dalla Familie Flöz sono strumenti essenziali per lo sviluppo dei personaggi e degli intrecci drammatici. Come i testi scritti, le maschere non hanno solo una forma, ma anche un contenuto. Il processo di una maschera, che passa per la recitazione e culmina nel raggiungimento di una sua simbiosi con l’attore, è decisivo per il risultato finale. In un certo senso l’attore mascherato scrive la scena con il corpo, nell’aria.

Il concetto di scrittura della scena con il corpo viene ulteriormente confermato da Tiziana Montrasio su Il Sole 24 Ore. La giornalista, a proposito dello spettacolo “Hotel Paradiso”, ha l’impressione di trovarsi di fronte ad un canovaccio ‘rumoroso’, un groviglio di battute. Nonostante la comunicazione verbale sia completamente assente, infatti, la parola (formalmente inesistente) aleggia come un’ombra durante lo spettacolo, colpendo lo spettatore a tal punto da suggerire l’intuizione di una trama verbale. Gli studi contemporanei, per l’appunto, scardinano la classica dicotomia attore-oratore e negano la necessità dell’utilizzo della comunicazione verbale per l’ottenimento di una soddisfacente azione tragica. La ricerca della compagnia approda attualmente nella produzione di spettacoli che coniugano diverse discipline teatrali, tra cui clownerieteatro di figura, teatro danzaimprovvisazione.

Osservando il lavoro della compagnia, non si può che notare lo strabiliante utilizzo del corpo. Scenograficamente appagante, energicamente brillante e misurato in tutti i suoi micro movimenti, non può che essere considerato il protagonista assoluto di qualunque loro produzione teatrale. Da Hotel Paradiso Teatro Delusio, l’essenza della trama consiste nel corpo dinamico in scena. Gli attori sezionano e disarticolano ogni segmento corporeo, evocando le marionette del teatro di figura. Non è un caso, inoltre, che la scuola di provenienza degli attori (Folkwang Universität di Essen) abbia avuto nel corpo docente Pina Bausch, la coreografa capostipite degli studi di danza contemporanea. Comunemente definito “teatro danza”, questo filone di ricerca evoca e adatta elementi della danza classica. L’obiettivo consiste nella rielaborazione del concetto di corpo scenico e nella sintesi di un movimento non convenzionale. Lo studio unifica riferimenti alla quotidianità a gesti espressivi, in un connubio armonico.

Familie Flöz offre una delle prospettive di analisi più interessanti sulla scena contemporanea. L’intenso sguardo autocritico e le numerose riflessioni metateatrali non impediscono allo spettacolo di possedere un’immensa carica energetica e vitalità scenica, al punto che The Guardian afferma:

Senza parole eppure così espressiva, struggente e allo stesso tempo piena di gioia, questa è una magistrale commedia.

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