“Monolith” racconta la forza di una madre

L’auto perfetta

Per diversi mesi sono stati pubblicizzati trailer su questa produzione 100% italiana con attori statunitensi e, sebbene la critica non sia stata sempre morbida, Monolith ha da vendere più di quanto appaia. Si tratta di un film, estrapolato dall’omonima graphic novel, diretto da Ivan Silvestrini, uscito nel 2017 in concomitanza con la versione a fumetti disegnata da Lorenzo Ceccotti. La trama racconta di Sandra (Katrina Bowden), una giovane madre ex-membro di una band, che si ritrova alle prese col figlio David all’interno di una vettura rivoluzionaria, la Monolith; un modello dal design ispirato alla Range Rover, dotato di una intelligenza artificiale simile ad Alexa e capace di trasformarsi in una roccaforte impenetrabile per chiunque rimanga chiuso fuori.

Dopo una introduzione strutturata per entrare nella psicologia del personaggio, la storia dei due passeggeri prende quasi immediatamente una brutta piega, nel momento in cui Sandra investe un cervo e si ritrova con l’auto bloccata in una zona desertica. Come se non bastasse, il piccolo David si mette a giocare con uno smartphone, toccando malauguratamente i comandi remoti del veicolo e avviando la “modalità caveau”, isolando all’esterno la madre.
La disperazione di Sandra è evidente e ogni suo tentativo di aprire le portiere della macchina finisce in un completo fallimento e la prigionia di David è, a tutti gli effetti, una corsa contro il tempo: la temperatura torrida del deserto e il sole cocente che batte la carrozzeria nero-opaca trasformano in breve tempo l’automobile in un forno e rischiando di uccidere il bambino.

La figura chiave di Sandra

Sebbene inizialmente si possa pensare che la star di questa pellicola sia la Monolith, col progredire della trama lo spettatore sposta la sua attenzione sulla madre disperata. “Madre” per modo di dire, in quanto la protagonista sembra a tutti gli effetti un pesce fuor d’acqua; rimpiange la sua vita precedente, è alle prese con un marito infedele e fatica costantemente a tenere d’occhio David. Tutte queste incognite vanno a culminare nel momento in cui Monolith si blinda, creando un muro invisibile e impenetrabile tra madre e figlio.

La disperazione si tramuta comunque in istinto e coraggio, che portano Sandra ad allontanarsi sempre di più dal veicolo per cercare aiuto; ma nel deserto è difficile trovare vita, tanto che la donna è costretta ad usare l’ingegno per liberare il piccolo David, sempre più sofferente. L’immagine che percepiamo non è assolutamente quella dell’eroina senza macchia e senza paura; la donna cade, si ferisce, fatica, ma si rialza sempre. E cosa più importante, la sua umana (e materna) perseveranza la portano a spendersi fino all’ultimo per salvare il bambino.

In un crescendo di flashback e sensi di colpa, la protagonista mette al corrente lo spettatore di tutti i suoi pensieri, dal giorno in cui ha conosciuto il marito fino al momento in cui ha deciso ardentemente di avere un figlio, cementando quindi la relazione tra i due che, almeno inizialmente, pareva molto scarna. Il lieto fine comunque arriva, accompagnato da una musica elettronica coinvolgente e da un commovente sguardo tra Sandra e David, che per la prima volta si rivolge a lei chiamandola “mamma”.

Una fotografia e una colonna sonora notevoli

Altro elemento estremamente piacevole di Monolith è la fotografia; quasi metà dello screen-time è dedicata a paesaggi immensi e mozzafiato non meglio identificati, ma che hanno sapore di Arizona, con le sue distese sabbiose, la vegetazione secca e persino animali locali.

Le inquadrature, inoltre, sono spesso azzeccate; tralasciando le immancabili immagini delle curve della protagonista, la Monolith viene sempre mostrata a poca distanza dal suolo, quasi per trasmettere appunto l’immagine di un “monolito”, una pietra millenaria fissa, inamovibile. Viene anche sfruttato molto l’effetto del campo largo durante le peregrinazioni di Sandra, per sottolineare la desolazione e l’isolamento dal mondo di quella particolare zona di mondo.

Come già anticipato, è notevole la colonna sonora del film, composta da Diego Bongiorno; il tema electro della Monolith specialmente negli ultimi attimi della storia, è un ottimo accompagnamento e si aggiunge al già vasto repertorio visivo e uditivo studiato dal regista.

Il film è stato prodotto con un budget molto basso di un milione di dollari, incassando complessivamente 350mila dollari su scala mondiale. Sebbene sia stato bollato come un flop da diversi recensori, Monolith rimane comunque una pellicola piacevole, sebbene ansiogena, da guardare e ascoltare.

FONTI

IMDb

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