Apre a Milano il primo museo della filosofia

La notizia della prossima apertura di un Museo della filosofia, ideato e promosso dal Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano “Piero Martinetti”, si è diffusa sui media e social network, riscuotendo grande interesse e curiosità per questa inedita iniziativa ancora in fase di realizzazione. Con l’annuncio della nascita di questo nuovo museo, primo e unico al mondo nel suo genere, è stato indetto anche un concorso on-line per la creazione di un logo/immagine del museo che possa rappresentare in modo creativo e accattivante l’idea di un museo della filosofia.

Per avere maggiori informazioni e qualche anticipazione su questo interessantissimo progetto abbiamo incontrato Paolo Spinicci, da cui è nata l’idea del museo e di cui è curatore, insieme a un team di docenti e ricercatori del Dipartimento: Clotilde Calabi, Chiara Cappelletto e Anna Ichino.

Professor Spinicci, com’è nato il progetto del museo della filosofia?

Si tratta di un progetto del Dipartimento di Filosofia “Piero Martinetti” dell’Università degli Studi di Milano, finanziato con i fondi ottenuti con la qualifica di Dipartimento di Eccellenza. L’iniziativa va intesa come una prima fase sperimentale per l’istituzione di un Museo della filosofia, di cui la città di Milano potrebbe essere la prima al mondo a dotarsi. È importante che sia l’Università a fare il primo passo: oltre all’insegnamento e alla ricerca, l’Università ha una terza missione: la diffusione della cultura e del sapere al di fuori delle sue mura. L’idea originaria, da cui si è partiti, infatti, è di trovare forme intuitive che consentano di spiegare in modo semplice e piano ad un pubblico di non addetti ai lavori che cos’è la filosofia, qual è la natura di un problema filosofico, quali siano gli strumenti di cui i filosofi si avvalgono e quali siano gli interrogativi cui cercano di dare una risposta. Si tratta quindi di affrontare i temi classici della filosofia senza rinchiuderli fin da principio all’interno di una trattazione manualistica che li discuta inquadrandoli nel pensiero di un autore o in un periodo storico.

Rispetto ad un tradizionale museo che si sorregge su un impianto di narrazione storica e diacronica, quale caratteristica deve avere un museo della filosofia?

Non abbiamo seguito il modello dei musei conservativi: ci siamo fatti guidare invece dall’idea che è alla base dei musei della scienza, il cui obiettivo prevalente non consiste nel raccogliere oggetti, strumenti o macchine appartenenti al passato, ma nel trovare forme che consentano di comprendere le teorie scientifiche, ripetendone in forma semplificata gli esperimenti o creando modelli che ci consentano di afferrarle intuitivamente. È la stessa idea che vorremmo proporre per il museo della filosofia: è difficile per la filosofia fare a meno delle parole, ma abbiamo cercato di affiancare alla loro centralità sperimentazioni concrete e giochi, oggetti che abbiano un valore allusivo e opere d’arte che ci costringano a pensare. Non vogliamo correre il rischio di banalizzare il discorso filosofico, ma non abbiamo paura della semplicità e nemmeno della dimensione ludica: la filosofia è una cosa talmente seria che non ha davvero alcun bisogno di raccontarsi in forme paludate e seriose. Shaftesbury nella Lettera sul fanatismo diceva che l’eccesso di serietà è l’anticamera dell’impostura, e io credo che avesse ragione.

C’è un disegno realizzativo del museo e della sua evoluzione già ben delineato nei suoi contenuti e nei programmi?

Sì, il nostro progetto è diviso in due fasi. La prima fase, che è già stata predisposta, prevede una mostra che avrà luogo dal 5 al 22 novembre 2019 all’interno dell’Università statale. Consentirà di visitare le prime due stanze del museo che avranno come tema la natura dei problemi filosofici e del lavoro filosofico. Un ruolo centrale sarà attribuito ai paradossi e agli esperimenti mentali, e sui paradossi e sugli esperimenti mentali verteranno molte delle esemplificazioni e delle situazioni interattive in cui il visitatore sarà coinvolto. Oggetto della mostra sarà anche il Museo che verrà – ed in questo caso cercheremo di dare un’idea di quello che vorremmo fare in futuro. Per la realizzazione effettiva, sarà naturalmente molto importante vedere come reagiscono gli spettatori e che cosa penseranno di quello che abbiamo fatto.

Quali sono le linee di sviluppo di questa seconda fase del museo?

La prospettiva in divenire è quella di aggiungere altre sale del museo: una stanza in cui si affronta il rapporto tra filosofia e scienze, un’altra dedicata alle forme del ragionamento e alla logica, una sui problemi e paradossi dell’etica, una sul rapporto tra la filosofia e le arti. Abbiamo inoltre l’idea di un’ultima stanza che si proponga di raccontare la storia della filosofia a partire da oggetti. Un modello di automa può farci riflettere su alcuni aspetti del pensiero di Cartesio, sulla statua di Condillac o sulla macchina di Turing. Ma questo è solo un esempio di un percorso che deve essere articolato nel dettaglio.

In che modo i visitatori potranno fruire di queste esperienze tematiche?

Vi saranno due possibili modalità di fruizione del museo. Una visita libera pensata per uno spettatore autonomo: lo spettatore leggerà i pannelli, guarderà i video, si lascerà catturare dalle immagini e dalle sperimentazioni che potrà seguire da solo. Sarà possibile tuttavia anche una visita guidata: a condurre il visitatore saranno gli studenti della laurea magistrale. Saranno loro che illustreranno il percorso, mostreranno il senso degli esperimenti e daranno ai visitatori anche l’opportunità di discutere e riflettere sulle “provocazioni intellettuali” che il Museo offrirà.

La gestione del museo quindi si avvarrà anche della partecipazione e collaborazione degli studenti di filosofia?  

Certamente, saranno i nostri studenti della laurea magistrale a svolgere il ruolo di guida. È un’opportunità importante anche per loro: credo che impareranno molto e che si tratti di un’esperienza che consentirà una crescita culturale e professionalizzante, utile anche per una prospettiva futura di lavoro. Dovranno imparare a spiegare concetti filosofici a chi non ne sa nulla o ne sa poco, ma dovranno parlare anche ai docenti di filosofia e ai loro studenti. Insomma, dovranno imparare a fare un lavoro difficile che sarà comunque riconosciuto anche per la loro carriera di studio universitario in termini di crediti formativi.

Dal punto di vista della gestione organizzativa del museo c’è un team decisionale dedicato?

Questa iniziativa ha il supporto di tutta l’Università a partire dal Rettore che ci ha dato molti consigli e che l’ha appoggiata. Ha naturalmente il supporto del Dipartimento di filosofia che ne è il promotore. Vi è poi una “commissione museo” che sta lavorando molto. Siamo in quattro, come le ho detto. Ora lavoriamo alla Mostra che aprirà i battenti il 5 novembre, ma siamo già pieni di progetti per il “museo che verrà”.

Questo museo e le sue sale saranno integrate da supporti bibliografici e o didattici per il visitatore?

Sì. Opereremo in due diverse direzioni, complementari una all’altra. Da una parte il museo sarà dotato di pannelli esplicativi e di schede di approfondimento che lo spettatore potrà prendere liberamente durante il percorso. Inoltre già a partire dal 5 novembre sarà disponibile un catalogo della mostra, pubblicato da Mimesis. Mimesis ospiterà anche una collana di approfondimento dei temi illustrati nel Museo, e due di questi librettini – uno sul paradosso della percezione, l’altro legato all’idea di esperimento mentale in filosofia – saranno già disponibili dal 5 novembre. L’obiettivo è quello di creare una collana di piccole pubblicazioni per dare al visitatore del museo la possibilità di approfondire i temi protagonisti delle sale del Museo della Filosofia di Milano.

L’obiettivo è quindi dare al visitatore un’occasione di riflettere anche successivamente su un tema suggerito dal museo e sintetizzato in un’oggetto simbolo della conoscenza, come il libro?

Sì, il libro è un elemento centrale della storia del pensiero e noi abbiamo pensato simbolicamente l’entrata del museo come un grande libro aperto. Il significato è duplice: i libri per la filosofia sono importanti, ma bisogna attraversarli, perché i problemi filosofici vivono comunque anche al di là di essi. All’uscita, invece, vi sarà un piccolo albero di mele: il visitatore potrà “cogliere” la sua mela – qualcosa insomma lo spettatore dovrebbe portare a casa dopo la visita del museo, e la mela vorrebbe ricordarlo simbolicamente.

 

Vi sono anche altre istituzioni pubbliche o private coinvolte in questa iniziativa?

Per il momento no, però abbiamo potuto contare sull’ascolto da parte dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano cui chiederemo il patrocinio di questa iniziativa. Noi pensiamo che il Comune sia un soggetto indispensabile per il futuro del Museo della filosofia di Milano perché riteniamo che il Museo possa essere un patrimonio della città. L’Università è la culla del progetto, ma le sue finalità vanno al di là di essa. Il Museo non deve rivolgersi agli addetti ai lavori: il suo scopo principale è quello di parlare ad un pubblico più vasto, al pubblico dei cittadini di una città vivace e culturalmente attiva come Milano.

Appuntamento quindi al 5 novembre con l’inaugurazione formale alle ore 14 nella Sala di rappresentanza del rettorato, a cui seguirà nel pomeriggio l’apertura del Museo. Il Museo poi manterrà i normali orari di apertura giornalieri dell’Università, anche se ci saranno probabilmente una apertura nel week-end di Bookcity e qualche apertura in orario serale.

FONTI:

Intervista di Costante Mariani

 

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