Vivere è servire: altrimenti a che serve vivere?

Quando si inizia una nuova attività, soprattutto lavorativa, uno dei primi aspetti di cui ci si preoccupa è la retribuzione. Ciò accade in maniera del tutto automatica ed è giusto che sia così: offrire una prestazione porta insito in sé il concetto di una gratificazione. E se questa gratificazione non fosse economica? Se con la parola ‘ricompensa’ non fossimo subito proiettati al guadagno? E’ quello che accade quando si parla di volontariato, del puro ‘dare per il gusto di dare’.

Fare volontariato è una delle esperienze più gratificanti che si possano provare: vuol dire donarsi gratuitamente e senza remore. Lavorare è fantastico, ti fa sentire parte attiva e concreta nella società, ma donare ciò che abbiamo di più prezioso, il nostro tempo, ti fa capire quanto siamo ricchi.

Questa sensazione può portare a schiantarsi con la sostanza del proprio mondo, può costringere a porsi alcuni quesiti sulla qualità delle relazioni e degli affetti, e ciò avviene in particolar modo quando il volontariato incontra la disabilità fisica e mentale. Gli ordini e le associazioni che si occupano del benessere di queste persone sono davvero tantissimi e possono essere di ispirazione religiosa o totalmente laici. Un esempio è l’Opera Don Guanella, un centro di riabilitazione per disabili psicofisici che ha sede centrale a Roma. Nel centro ci si dedica alla cura, all’educazione, all’assistenza e alla riabilitazione di persone con diagnosi di ritardo mentale anche associato ad altre disabilità psicofisiche o psicosensoriali.

L’esperienza di servizio può richiedere l’impegno di una settimana estiva, come se fosse una vacanza, ma di tipo molto speciale: una vacanza da sé stessi, dalle proprie priorità e dalle proprie esigenze, con lo scopo di mettere al primo posto qualcuno che non siamo noi. La sede che l’Opera utilizza nei mesi di luglio e agosto è una sede distaccata, la Stella Maris, sita sul lungomare laziale, nella vicina Passoscuro. Qui gli ospiti della struttura possono vivere, per due mesi all’anno, la bellezza di una vacanza che consente loro di cambiare aria, trovarsi a pochi passi dal mare e fare il bagno ogni giorno. Partecipare a questo tipo di esperienza consente di ricalibrare le proprie priorità: al di là di una stucchevole retorica, solo dopo aver accompagnato in mare un ragazzo che è stato costretto sulla sedia a rotelle per un anno intero, puoi immaginare il volto della libertà.

E’ superfluo sottolineare che l’esperienza porti in sé tanti aspetti positivi a livello umano ed emotivo, ma è carica anche di problematiche a livello pratico e logistico: aiutare gli ospiti nella pulizia personale e nei momenti del pasto, vivere lo sconforto di chi è stanco del proprio stato, acconsentire ed ammonire cercando di mantenersi in equilibrio fra le due componenti: non proprio ciò che ci si immagina da una vacanza.

Perché trascorrere così, quindi, magari quei pochi giorni di vacanza dopo un anno di lavoro? Perché rigenerarsi può essere anche questo, può voler dire tornare a toccare la parte più profonda di sé, quella parte che si tiene nascosta per tutto l’inverno, sotterrata da metri di indifferenza e autoreferenzialità.

Ci sono poi anche a Milano infiniti modi di fare volontariato. Per citarne uno per tutti, basterebbe dare un’occhiata al sito csvlombardia.it, una sorta di osservatorio privilegiato, come si autodefinisce, delle realtà legate a questo ambito. La presentazione che il Centro Servizi per il Volontariato fa di sé è un vero manifesto di quello che il volontariato dovrebbe significare per tutti noi:

Ciessevi Milano crede in un volontariato che, nel fondare la propria azione gratuita sui principi della Costituzione e della Carta dei valori del volontariato, promuove cittadinanza attiva, solidarietà, sussidiarietà, diritti, inclusione e coesione sociale.

Basterebbe solo guardarsi intorno per capire come, con un pizzico di attenzione, si potrebbero individuare infinite occasioni di praticare il bene: un bene che non viene solo attuato, ma che ritornerà ben presto, magari in forme e modalità del tutto inaspettate.

Dare è il primo passo per ricevere.

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