Nella Casa Museo di Lodovico Pogliaghi, l’artista che realizzò la porta centrale del Duomo di Milano

L’Italia dei musei è un’Italia frastagliata e variegata come una tinozza di colori o piuttosto come le coste della nostra Penisola; considerato il fatto che ad oggi siamo dotati di più di 5000 enti museologici, organizzati strettamente dallo Stato, e che a questi vanno sommati numerosi enti culturali e varie associazioni private indipendenti, e sempre considerando il fatto che solo una piccola fetta di italiani si reca di frequente a far visita a mostre o collezioni permanenti (secondo l’Istat circa il 69% della popolazione non ha messo più piede in un museo negli ultimi 5 anni), andrebbe aperto un dibattito che ora risulterebbe fuorviante.

Lasciando in disparte le variabili economiche dei costi dei singoli biglietti, interi e ridotti, e le preferenze collaterali che interessano solitamente i nuclei familiari composti da due o più parti, dove sono e quali sono le eccezioni che confermano la regola di fruibilità del nostro patrimonio artistico?

Va infatti detto e riconosciuto che, negli ultimi quindici anni, l’economia delle culture museologiche ha riscoperto e dato avvio a una singolare risalita d’interesse, sviluppatasi soprattutto grazie all’apertura di molte case museo, sparse per l’ Italia e presenti principalmente in Lombardia, in Veneto, Piemonte, Toscana e Lazio.

Oggi però non vi parleremo del Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera e neppure della famiglia Boschi Di Stefano o Poldi Pezzoli di Milano, ma vi faremo virtualmente entrare in una Casa che ha ospitato l’anima creatrice e le creazioni d’anima di una figura intellettuale che ha contribuito ininterrottamente al comune e civico progredire artistico del ‘900.

Ci troviamo a Varese, nel piccolo borghetto di Santa Maria del Monte; là sopra sorge la Casa Museo dell’eclettico e fin troppo poco ricordato Lodovico Pogliaghi.

Questo artista nacque nel 1857 da una famiglia borghese benestante di Milano, conseguì la maturità classica al liceo ginnasio Parini e superò l’esame di licenza all’Accademia di Belle Arti di Brera nel 1880.

Sin da giovane Lodovico Pogliaghi fu incaricato e si impegnò con prodigiosa maestria nella realizzazione di molte decorazioni di sale e case d’epoca: tra queste ricordiamo quella di Palazzo Turati in via Meravigli e quella della citata famiglia Poldi Pezzoli, oggi in via Manzoni nel capoluogo lombardo.

Nel 1891, dopo essere stato nominato professore di Decorazione e Ornato a Brera, Lodovico Pogliaghi acquistò sempre più importanza a livello nazionale e a lui furono affidate commissioni di pregio ad opera dei funzionari del Regno d’Italia, del Vaticano, e di altri privati appartenenti a classi particolarmente agiate.

Lodovico Pogliaghi realizzò numerose opere, tra le quali non si possono dimenticare il gruppo marmoreo della Concordia per l’Altare della Patria, i modelli delle porte bronzee di Santa Maria Maggiore a Roma e altre a carattere funerario per il Famedio del Cimitero Monumentale di Milano.

In tutto ciò Pogliaghi aveva deciso di lavorare e di passare i suoi giorni fino al 1936, anno nel quale si trasferì nell’intima e pittoresca villa del Sacro Monte di Varese, poi donata al comune e da sempre luogo che ha ospitato la sua collezione privata d’opere d’arte, dall’archeologia statuaria, alla ritrattistica, fino a gruppi di ceramiche, di vetri, cristalli, preziose chincaglierie e monili d’epoca, etnici e non.

Il complesso di edifici posti all’interno del borgo di Santa Maria Maggiore è oggi visitabile grazie ad un’organizzata e cordiale associazione che si cura di guidare i visitatori all’interno dell’abitazione privata dell’artista meneghino.

La villa, circondata da un giardino che già di per sé presenta il tocco estetico del suo padrone di casa, è stata realizzata con ogni tipo di materiale raccolto e acquistato all’asta dallo stesso Pogliaghi: da scarti di opere artistiche, a riusi di lacerti antichi e di cotto provenienti da lontane province dell’Impero Romano.

Pogliaghi fece della sua vita come si fa un’opera d’arte, avrebbe detto D’Annunzio, ma lo ha fatto mantenendosi radicato e vicino al bene più prezioso dell’arte stessa, senza mai sostituirsi in prima persona al prodotto artistico in sé, e primariamente senza mai lasciar sovrabbondare l’espediente protagonistico a quello dell’arte pura e spuria.

Se sono molti gli angoli e le sale che affascinano il visitatore della sua Casa Museo, sicuramente tra queste svetta per importanza e fascino l’Atelier, un perimetro vastamente ampio e molto luminoso, un laboratorio ricco di autobiografia e di emozioni, plasmate con stampi, scalpelli e ricordi, e dove peraltro si trova, alla sommità di una breve scalinata in marmo di Candoglia, il calco in gesso della porta maggiore del Duomo, anch’essa progettata e realizzata dallo stesso Lodovico Pogliaghi, dopo aver vinto il concorso per la sua costruzione nel 1894.

“Il padre della porta del Duomo” realizzò un impianto ricchissimo e ben articolato; nella sezione centrale un tronco di albero di Jesse getta una ramificazione di radici che si diparte in rami disegnati e ricchi di quadrilobi decorati finemente e raffiguranti la Pietà dei Dolori della Vergine nella sezione di sinistra, e i misteri della Vergine Gaudiosa nella sezione di destra, riposta peraltro in amigdala.

Oggi per ammirare i due battenti e le originarie realizzazioni e curatele di Pogliaghi, questo patrimonio necessita anche di un restauro che è possibile sostenere grazie alle donazioni e al supporto filantropico dei suoi visitatori. (Per chi fosse interessato a procedere con un bonifico queste sono le coordinate bancarie: IBAN IT07G0335901600100000123759, Causale: restauro modello porta del Duomo).

Perché tutto questo?

Per far risplendere questo gioiello culturale che va assolutamente visitato, da soli, in coppia o in famiglia, nel fine settimana, magari dopo una passeggiata, per ristorare i sensi e per riscoprire le celate beltà che ci sorgono accanto e che spesso, per giustificate disattenzioni o per colpa della frenesia del nuovo millennio, notiamo purtroppo a malapena.


FONTI

Catalogo critico “CASA MUSEO LODOVICO POGLIAGHI”, Nomos Edizioni, Varese, 2015. A cura di Alteri, Battaini, Consonni, Diani, Flamine, Fontana, Grassi, Grossi, Lamperti, Marelli, Manegazzo, Muscolino, Rocca, Spiriti, Tonini et al.

Casa Museo Pogliaghi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.