A noi de Lo Sbuffo i Pinguini Tattici Nucleari piacciono da quando erano una band indipendente e con la metà dei likes alla propria pagina Facebook rispetto a quelli attuali (qui l’intervista). La loro musica, nel corso del tempo, è rimasta di qualità. In fondo non è cambiato molto: sono ancora fuori dall’hype.
Riccardo Zanotti, classe ’94, è il frontman dei Pinguini, nonché compositore dei testi e della musica. Ed è un Millennial che, insieme agli altri compagni della band bergamasca, è riuscito a farsi strada nel mondo della musica senza essere rappresentato da una etichetta discografica. Sì, il loro ultimo album è stato pubblicato per Sony (quindi non per un’etichetta qualsiasi ma per una major), ma prima del 5 aprile non erano rappresentati proprio da nessuno. Più indipendenti di così si muore.
I Pinguini Tattici Nucleari nascono nel 2012. Il nome singolare è ispirato a una birra scozzese (in realtà mai assaggiata). Hanno tre album auto-prodotti alle spalle e milioni di streaming e di visualizzazioni su YouTube.
Le loro canzoni trattano i temi più vari, ed è indubbio che si possano cogliere qui e là anche dei riferimenti, per quanto labili, alla politica. Anzi, probabilmente i Pinguini Tattici Nucleari si distinguono rispetto ad altre band pop italiane proprio per questo motivo. Soprattutto negli album meno recenti, infatti, è possibile trovare canzoni dai temi come uguaglianza/disparità. Ma al riguardo, Zanotti si esprime così:
Cerco di mettere nei brani quella che è la mia vita, nel senso che parlo quasi sempre di esperienze personali, magari raccontate in modo metaforico ma comunque personali. Parlando della mia vita ne racconto di tutti gli aspetti, dall’andare in bagno all’andare a votare, quindi c’è politica anche quando sembra non esserci. […] Non è propaganda, né proselitismo: è una visione oggettiva della realtà, che consta anche della politica, giustamente. Se parli della tua vita devi parlare di tutto, cerchi di non mettere filtri, e quindi sarebbe ipocrita non parlare anche di politica, perché c’è anche quella. Certamente però non è mai il fulcro delle nostre canzoni, se non di pochissime.
Del resto, è proprio vero che Zanotti mette tutta la propria vita nei testi delle canzoni. Basti pensare a Scatole, dove in modo molto ironico parla di come sia finito a studiare musica a Londra, nonostante il padre avesse altri progetti per lui, come l’università.
Ora, la vera domanda è questa: è possibile risultare fuori dalle logiche dell’hype, pur essendo rappresentati da una major? Sì, secondo Zanotti è possibile. Ma spieghiamo un attimo, attraverso le parole del cantante, cos’è questo hype:
L’hype è l’aspettativa che si crea negli ascoltatori per un album di un determinato artista. Per noi vuol dire essere fuori da questa dinamica. Perché questo porta due problemi di fondo. Il primo è che quando c’è una grande aspettativa, se viene delusa, ci sono conseguenze nefaste enormi. Insomma devi fare qualcosa di ottimo, perché se fai qualcosa di buono tutto il mondo ti si scaglia contro. Il secondo problema è che dall’aspettativa si creano sempre dei mostri: l’artista stesso farà un prodotto in cui si sentirà un peso sulle spalle. Per noi è molto più facile fare delle strade diverse, non troppo battute, ma costruire pian piano e arrivarci con calma con una propria coerenza e una forza espressiva che verrà capita magari non subito, ma con il tempo da chi ti vuole bene.
I Pinguini quindi non vogliono mostrarsi diversi dagli altri artisti a tutti i costi, in una maniera sterile e fine a se stessa. A loro basta reclamare la propria unicità di percorso, la propria “indipendenza” a livello di scelta (che loro dicono esserci stata anche nella composizione di questo album, nonostante sia stato pubblicato per Sony). Zanotti afferma infatti che hanno sempre lavorato da soli, con l’unica differenza di aver ricevuto tanto aiuto per tutto il resto, dalla produzione alla gestione dei social.
Del resto, l’ironia, l’auto-ironia (che non è mai scontata) e l’irriverenza tipiche sono rimaste. Già nella prima traccia – omonima dell’album – si può sentire distintamente:
E ora vado ma ci tengo
Che si sappia che ho vissuto
Sulla mia tomba scrivete:
“Belli i primi, poi venduto”.
E così dicendo, Zanotti dimostra di avere una grande conoscenza del pubblico della musica indipendente nostrana. Automaticamente un artista che decide di essere rappresentato da una major diventa un venduto. E probabilmente è anche per questo motivo che il quarto album è spesso e volentieri criticato.
Del resto, è indubbio il fatto che la scelta di essere rappresentati da una casa discografica indipendente o meno sia fondamentale. Le differenze, infatti, sono più che notevoli. Ma da qui alla demonizzazione completa degli artisti sotto delle major ce ne vuole. I Pinguini sono in grado di mantenere sempre quell’onestà intellettuale in cui i Millennials si rivedono e che fa sì che a malapena ci si accorga per chi è stato pubblicato l’album. I loro seguaci non cambieranno idea solo per un’etichetta discografica, perché le loro canzoni sono ancora in grado di emozionare, divertire e fare riflettere. Come è sempre stato e (probabilmente) come sempre sarà.