“Il primo re”, un film in protolatino

Il primo re, regia, produzione e sceneggiatura di Matteo Rovere, è uscito nelle sale italiane il 31 gennaio 2019 per raccontare come la storia della nostra penisola ebbe inizio: sono infatti protagonisti Romolo e Remo, e la vicenda narrata è la fondazione di Roma.

La trama è nota a tutti gli appassionati di storia: il 753 a.C. due fratelli uniti da un legame indissolubile e con un’indole da leader litigano per il predominio sul villaggio da loro fondato; dalla morte di Remo verrà fondata Roma, guidata da Romolo. Lo spettatore non si reca al cinema per il finale della storia, ciò che conta è l’accurata ricostruzione di un periodo storico che non siamo abituati a vedere sul grande schermo. Il Gladiatore ci ha infatti abituati alla rappresentazione di Roma imperiale, abbiamo anche opere riguardanti l’Urbe repubblicana, ma raramente viene ricostruito il Lazio preromano.

Rovere e i co-sceneggiatori Filippo Gravino e Francesca Manieri si sono ispirati a tutte le fonti storiche a disposizione: Tito Livio, Plutarco, ma anche la storiografia più recente, creando un film che coniugasse l’avventura fantasy di Game of Thrones e un approccio più realistico e brutale, come L’ultimo dei Mohicani, Braveheart, e la filmografia di Mel Gibson.

Il cast è interamente italiano, così come la regia e il set, il trucco prostetico, stunt, effetti speciali, combattimenti e costumi; tuttavia il film è frutto di una co-produzione internazionale tra Italia e Belgio. Per essere un film italiano, il budget di 8 milioni è altissimo. Alessio Lapice e Alessandro Borghi interpretano i due gemelli: Remo in un primo momento appare un leader forte e carismatico, capace di guidare i propri uomini come un vero primus inter pares e di salvare il fratello, ma quando peccherà di ybris contro gli dei segnerà la sua rovina; Romolo invece è più riflessivo, meno impetuoso e rispetta i Numi (sebbene le divinità non siano quelle del pantheon classico), pertanto si guadagnerà il favore del popolo a scapito del fratello.

Gli attori che interpretano i protagonisti si sono allenati per mesi nel combattimento corpo a corpo con lance, spade, mazze chiodate, asce e a mani nude. Il combattimento dei protolatini tuttavia non è un elegante duello di scherma, ma una rude e bestiale zuffa, in cui si possono anche cavare gli occhi al nemico a mani nude: il risultato sono avvincenti e brutali combattimenti, che mantengono lo spettatore con il fiato sospeso.

I costumi sono molto diversi dalle toghe e dai calzari cui siamo abituati, in quanto i personaggi indossano maglie di tessuto grezzo marrone, oppure pellicce o strisce di cuoio, che lasciano spesso in vista i villosi petti. Il guerriero protolatino è sporco di sangue e di fango, inoltre il suo corpo è percorso da numerose ferite e cicatrici infette.

Le riprese principali sono iniziate l’otto settembre 2017 e sono terminate a dicembre dello stesso anno; si sono svolte interamente nella regione Lazio, nel Bosco del Foglino, nelle oasi naturalistiche della Farfa e Manziana e nei comuni di Nettuno, Viterbo e Manciana. Le terre in cui sorgerà Roma appaiono ostili, selvagge e pericolose, ovunque regnano le paludi in quanto le zone che circondano il Tevere non sono ancora state disboscate. Niente templi o palazzi di marmo, ma capanne di paglia immerse nella selva. Il film è stato girato con l’utilizzo di luce naturale e in formato anamorfico.

La lingua del film è il protolatino, antecedente al latino arcaico: tale lingua è stata ricostruita dai semiologi dell’Università della Sapienza, che hanno colmato le lacune dovute all’oblio della storia ibridando ceppi di indoeuropeo. Il risultato è una lingua incomprensibile senza i sottotitoli, ma in cui è possibile distinguere alcuni termini del latino classico; si tratta di una soluzione originale ed estremamente evocativa. Ecco cosa raccontano i semiologi: «abbiamo lavorato con archeologi e storici, che insieme ai linguisti e ai semiologi hanno supportato il progetto con l’obiettivo comune di creare una narrazione moderna, composta però da elementi storicamente attendibili». Lo scopo di tale soluzione, secondo Rovere, è calare lo spettatore nella realtà della vicenda. Per la medesima ragione, le scene d’azione del film sono state girate mediante l’utilizzo di effetti speciali pratici, controfigure e numerose comparse.

Gli usi, i costumi, i culti religiosi e i combattimenti sono stati ricreati con estrema fedeltà storica, tuttavia la sceneggiatura è poco precisa per quanto riguarda il trattamento dei defunti. In una scena una vittima di Remo viene sepolta; inoltre tale personaggio chiede in punto di morte al fratello di essere sepolto, invece verrà cremato su una pira.

Se gli sceneggiatori hanno curato con particolare attenzione la cultura dei popoli latini, non hanno menzionato le culture con cui gli antenati dei romani entravano in contatto. Le caratteristiche della civiltà etrusca infatti sono appena menzionate, in particolare attraverso l’aruspicina e il culto delle vestali, invece non compaiono i greci e tutti gli altri popoli italici.

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