Psicologia e fantascienza secondo “Maniac”

Esistono film di fantascienza risalenti agli anni Ottanta che posson far esclamare: “Ma allora è così che i nostri genitori si immaginavano il futuro?”. Dal 21 settembre 2018, Netflix propone una nuova serie tv, Maniac, che racconta la complicata relazione di amicizia e forse d’amore di due malati psichiatrici, che si sottopongono ad un esperimento per risolvere i loro problemi. La regia di Cary Fukunaga e la scrittura di Patrick Somerville hanno sfornato un piccolo capolavoro.

L’ambientazione è un non-tempo in cui le macchine e i costumi sono creati secondo la moda di quarant’anni fa e la tecnologia prevede hardware mastodontici e cavi in sostituzione del wi-fi, ma la scienza offre miracoli che ai nostri giorni è ancora difficile immaginare: computer che provano emozioni e droghe in fase di sperimentazione che consentono di rielaborare i traumi. Il futuro immaginato dagli sceneggiatori prevede amicizie in affitto e una diffusa difficoltà nello stringere rapporti personali rendendo il mondo di Maniac più simile ad una distopia. Le scenografie del laboratorio in cui si svolgono i test, con luci al neon, ambienti claustrofobici privi di finestre e effetti speciali che ricordano il passato, sembrano un omaggio a Kubrick e sono determinanti nella creazione di un’atmosfera fantascientifica della vecchia scuola.

Maniac è anche la storia di una relazione. I due protagonisti, Owen Milgrim (Jonah Hill) ed Annie Landsberg (Emma Stone), che soffrono rispettivamente di schizofrenia paranoide e di disturbo borderline di personalità, si incontrano ad un esperimento per testare un nuovo farmaco sugli esseri umani. Lui vorrebbe guarire dalla sua difficoltà a scindere realtà e allucinazioni e salvarsi da una vita mediocre, lei cerca solo la droga da cui è dipendente, la prima delle tre pastiglie dell’esperimento, che le consente di rivivere il trauma in cui è morta sua sorella. Le pastiglie somministrate durante i test consentono di vivere dei sogni terapeutici per rielaborare i traumi, ma i sogni dei due giovani sono collegati perché provano un forte amore l’uno per l’altra, pur senza saperlo ancora.

Svolge un ruolo portante il tema della psicologia, non soltanto perché i due protagonisti sono affetti da due patologie, dipinte egregiamente dalla recitazione dei due artisti. La serie tv parla anche di rapporti interpersonali, della rielaborazione del lutto da parte di un computer che prova sentimenti e di un disturbo sessuale dovuto ad un malsano rapporto con i genitori, che si potrebbe ricollegare al complesso edipico freudiano.

La continua alternanza tra vita reale e dimensione onirica potrebbe ricordare Inception di Christopher Nolan. Come nel celebre film, il finale è aperto: non sarà una trottola a stabilire se i protagonisti si trovano in un sogno, ma la presenza di due animali che solitamente appaiono durante il sonno indotto dai farmaci. Sarà un caso o una citazione voluta? Nei sogni i disturbi psichici svaniscono e le personalità dei personaggi diventano più carismatiche e vincenti, mentre la recitazione degli attori muta radicalmente a seconda del contesto, consentendoci di osservare come può cambiare il volto di un attore in base del ruolo. I dialoghi svolgono una funzione predominante nella struttura della serie, lasciando ampio margine di azione agli attori per mostrarne il talento. Interessante soffermarsi anche sulla struttura del telefilm. La prima puntata è dedicata interamente a Owen, la seconda ad Annie, dalla terza invece i protagonisti assumono lo stesso rilievo. Il complicato rapporto tra i due scienziati che conducono l’esperimento è una storia parallela: il genio problematico e la sua saggia e matura compagna nonché braccio destro rappresentano il duo perfetto.

FONTI

Maniac

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