I Girasoli di van Gogh: una serie-omaggio per Gauguin

Se si pensa a Vincent van Gogh (1853-1890), una delle prime immagini che viene in mente è il girasole. Il fiore è diventato uno dei suoi tanti simboli, in gran parte per merito del mercato moderno, che ha contribuito a renderlo un’icona dell’arte contemporanea. Tuttavia, i Girasoli sono molto altro. Hanno una storia travagliata, sentimentale, e ricoprono un ruolo cardine nella vita e nella carriera di van Gogh. Lui stesso vi era molto affezionato e ne scriveva spesso nelle lettere indirizzate al fratello Theo (1857-1891) e ad altri amici. Parlava a lungo dei fiori gialli e delle sue tele che li rappresentavano, e chiunque lo conoscesse sapeva bene quanto fosse affezionato a entrambi, quanto ci tenesse.

I Girasoli sono una serie di oli su tela ideati e realizzati in tre momenti molto vicini, ma allo stesso tempo diversi, della sua breve vita. La prima serie è la meno popolare. Dopo il soggiorno a Nuenen (1883-1885), van Gogh si sposta per un breve periodo ad Anversa, giungendo nel 1887 nella più grande metropoli culturale e artistica del tempo: Parigi. Qui conosce l’impressionismo e si avvicina, tra gli altri, a Paul Signac, a Camille Pissarro, a Georges Seurat, ad Adolphe Monticelli. Qui, soprattutto, si accosta per la prima volta a dei soggetti nuovi. Tra questi c’è il girasole.

La prima serie comprende quattro tele orizzontali rappresentanti dei girasoli recisi, e sono realizzate tra l’agosto e il settembre 1887. I grandi fiori gialli sono sempre in coppia, a eccezione della tela conservata a Otterlo, che presenta quattro esemplari. In questo e nei Due girasoli recisi del MET di New York, i soggetti risaltano sullo sfondo azzurro limpido, andando a creare un contrasto di forte impatto e luminosità.

Vincent van Gogh, Quattro girasoli appassiti, 1887, Kröller-Müller Museum, Otterlo

 

Vincent van Gogh, Due girasoli recisi, 1887, New York, Metropolitan Museum of Art

La tela conservata al Van Gogh Museum di Amsterdam e quella di Berna sono invece tutte giocate sui verdi, i gialli e gli arancioni.

Vincent van Gogh, Due girasoli recisi, 1887, Kunstmuseum, Berna

 

Vincent van Gogh, Due girasoli recisi, 1887, Amsterdam, Van Gogh Museum

Non era la prima volta che van Gogh realizzava una natura morta di fiori. Ne aveva infatti dipinte qualche anno prima, nel 1886 e nei primi mesi del 1887. Tuttavia, se si confrontano questi primi lavori con i Girasoli recisi, si nota immediatamente la grande maturazione che c’è stata tra quei quadri, visti e rivisti già in altri pittori, e questi lavori, inquadrati da vicino, con un taglio quasi fotografico che tronca parte dei soggetti principali, realizzati con i toni squillanti tipici della sua pittura, e vivi. Niente a che vedere con un quadro come Vaso con papaveri, fiordalisi, peonie e crisantemi, realizzato nell’estate del 1886.

Vincent van Gogh, Vaso con papaveri, fiordalisi, peonie e crisantemi, 1886

La seconda serie è una delle più famose di tutta la storia dell’arte. È il 1888 e Vincent si è spostato da Parigi ad Arles, nel sud della Francia. Vive da solo in questo piccolo paesino, in attesa di un amico e collega. Chiama affettuosamente l’abitazione diroccata in cui risiede, la ‘casa gialla’, adorando il colore che la contraddistingue dalle altre, piatte a confronto. L’amico che sta aspettando con tanta impazienza è Paul Gauguin (1848-1903), post-impressionista francese che van Gogh stima immensamente. L’ha invitato ad Arles con l’intento di creare un atelier di pittori che vivano insieme, creando, dipingendo e parlando d’arte, costantemente a stretto contatto per stimolarsi a vicenda. L’Atelier du Midi è stata tutta un’idea di Vincent, che con l’aiuto di Theo è riuscito a convincere Gauguin a raggiungerlo, a essere il primo a unirsi al progetto.

Van Gogh giunge ad Arles nei primi mesi del 1888. Gauguin riceve la proposta di unirsi a lui in estate, ma arriva soltanto alla fine di ottobre. Nei mesi che lo separano dalla venuta del collega, Vincent prepara la ‘casa gialla’ per lui, tenendo informato Theo di ogni progresso: trova un letto e dei mobili per la stanza di Gauguin, riflette su come dovrà essere il loro rapporto per poter lavorare insieme al meglio, e dipinge per lui. Realizza quattro grandi tele gialle, le quali rappresentano dei mazzi di girasoli e andranno a decorare le pareti della stanza di Gauguin.

Sto pensando di decorare il mio studio con una mezza dozzina di quadri di girasoli, una decorazione in cui i gialli cromo grezzi o spezzati risplenderanno su vari sfondi – blu, dal più pallido verde malachite all’azzurro intenso…

Così van Gogh scrive a Emile Bernard in una lettera del 18 agosto 1888. Se dunque inizialmente intendeva disporre le tele dei girasoli nel suo studio, solo pochi giorni dopo, il 21 agosto, scrive a Theo:

Nella speranza di vivere in uno studio insieme a Gauguin, vorrei preparare una serie di dipinti per decorarlo. Nient’altro che dei grandi girasoli… Comunque, se porto a termine questo programma, ci saranno una dozzina di quadri. Il tutto sarà quindi una sinfonia di azzurro e giallo. Ci lavoro tutte le mattine, a cominciare dal sorgere del sole, perché i fiori appassiscono presto e si tratta di realizzare l’insieme di getto.

Van Gogh sta lavorando a un grande progetto: dodici tele in cui l’azzurro farà da contraltare al giallo – come aveva già sperimentato nei Due girasoli recisi del 1887. Queste tele andranno a decorare la stanza di Gauguin, rendendola accogliente, scaldandola e creando una tappezzeria decorativa sulla parete. Grazie anche alle piccole dimensioni della stanza i quadri saranno molto vicini l’un l’altro, creando l’impressione di un fregio quasi ininterrotto. Vincent è ancora solo, ma il pensiero di Gauguin e il lavoro febbrile sui fiori glielo fanno percepire come già vicino. È tutto quello su cui si concentra durante quei mesi di attesa.

Di queste dodici tele ne realizza effettivamente solo quattro. Le descrive nella lettera del 21 agosto sopracitata, in cui scrive:

Ho tre tele in lavorazione: 1°, tre grossi girasoli in un vaso verde, sfondo chiaro (tela formato 15); 2°, tre fiori, uno dei quali è appassito e ha perso le foglie e uno in boccio su uno sfondo azzurro intenso (tela formato 25). 3°, dodici fiori e germogli in vaso giallo (tela formato 30). L’ultimo è chiaro su chiaro e sarà, io spero, il migliore.

Nella stessa lettera aggiunge:

Sto lavorando ora al quarto dipinto dei girasoli. Questo quarto è un bouquet di quattordici fiori e ha uno sfondo giallo.

Rispettivamente si tratta dei Tre girasoli in vaso, in collezione privata; Cinque girasoli in vaso, andato distrutto in Giappone da un incendio durante la seconda guerra mondiale; Dodici girasoli in vaso, conservato a Monaco di Baviera e per ultimo Quattordici girasoli in vaso, alla National Gallery di Londra.

Vincent van Gogh, Tre girasoli in vaso, 1888, Stati Uniti, collezione privata

 

Vincent van Gogh, Cinque girasoli in vaso, 1888 (distrutto)

 

Vincent van Gogh, Dodici girasoli in vaso, 1888, Monaco, Neue Pinakothek

 

Vincent van Gogh, Quattordici girasoli in vaso, 1888, Londra, National Gallery

Vincent lavora instancabilmente alle tele, creando un capolavoro dopo l’altro. I soggetti sono sempre gli stessi, i fiori in vaso, ma ogni tela è unica. Il pittore lavora in fretta per evitare che sfioriscano, e nelle tele definitive alcuni fiori hanno perso tutti i petali, altri sono rimasti solo con un paio, e altri ancora sono pieni e felicemente ritti sui gambi. Dipinge i girasoli cosicché lo sguardo di Gauguin possa vagare sulla parete e incontrarli, per farsi avvolgere nel loro abbraccio luminoso. I fiori sono tanti, grandi, ridenti. Spuntano uno sull’altro e riempiono più della metà di ogni tela, illuminandole.

I soggetti rappresentano la relazione stessa che Vincent sente di avere con Gauguin: il girasole segue il movimento del sole durante la giornata, proprio come Vincent intende seguire l’attività del collega, le sue idee e le sue innovazioni pittoriche, sottomettendosi a lui. Van Gogh si sente come un apprendista al cospetto del maestro, è pronto a seguirlo, a lasciarsi guidare da chi gli è superiore.

Le tele di Monaco e quella di Londra sono le uniche due firmate: sono le sole a essere state giudicate degne di decorare la camera di Paul. Sui vasi gialli spicca ben riconoscibile la firma dell’olandese, priva di cognome com’è solito fare, perché non sente d’esser degno di firmarsi come i grandi artisti. ‘Vincent’ è dello stesso colore della linea che contorna il vaso e il tavolo, legando lo sfondo al soggetto.

Vincent van Gogh, Vaso con dodici girasoli (dettaglio), 1888

La terza serie è quella dipinta nel gennaio 1889 e consiste in tre copie della serie precedente. Van Gogh si trova ancora ad Arles, ma è solo. Il dramma del lobo reciso e della seguente fuga di Gauguin si è consumato alla fine di dicembre, a Natale. Come conseguenza, è finito in ospedale ed è stato dimesso all’inizio di gennaio. Non appena è tornato a casa, si è rimesso a lavorare. A gennaio, dunque, dipinge tre nuove tele con i Girasoli. Realizza due repliche della versione della National Gallery e una di quella a Monaco.

Vincent van Gogh, Quattordici girasoli in vaso, 1889, Tokyo, Sompo Japan Museum of Art

 

Vincent van Gogh, Quattordici girasoli in vaso, 1889, Amsterdam, Van Gogh Museum

 

Vincent van Gogh, Dodici girasoli in vaso, 1889, Philadelphia, The Philadelphia Museum of Art

Parte della decisione di ritornare sul suo soggetto prediletto è stata data da Gauguin stesso, il quale una volta a Parigi ha scritto a Theo, chiedendo di avere almeno uno dei Girasoli. Andandosene da Arles e staccandosi da van Gogh, ha avuto lo spazio necessario per riflettere con calma e capire quanto quelle tele fossero importanti e rappresentative dell’arte del collega. E poi van Gogh le ha dipinte per lui, dunque sembra legittimo richiederle. Le tre copie si trovano oggi al Van Gogh Museum di Amsterdam, al Sompo Japan Museum of Art in Giappone e al Philadelphia Museum of Art di Philadelphia.

Gauguin non è stato l’unico a rendersi subito conto della grandezza dei Girasoli. Pochi anni dopo la morte di Vincent (avvenuta nel 1890), il mondo intero ha scoperto l’artista, dandogli finalmente il rispetto e l’attenzione che si era sempre meritato. Soprattutto, lentamente ci si rese conto di quanto i Girasoli fossero stati fondamentali e riassuntivi della sua intera carriera pittorica. Già nel corso dei primi due decenni del Novecento i grandi musei di arte contemporanea tentavano di entrare in possesso di queste tele: è il caso della National Gallery di Londra, che è stata disposta a rinunciare al Ritratto di Joseph Roulin (oggi al Museum of Modern Art in New York), pur di ottenere i Quattordici girasoli in vaso.

Dopo essere tornato a Parigi, Gauguin riuscì a coronare il suo sogno di trasferirsi a Tahiti, nel settembre 1889. Anche ai Tropici, lontano dalla sua vecchia vita, continuò a ripensare ai Girasoli. Ancora nel 1900, oltre dieci anni dopo la disfatta di Arles, Gauguin ordinava semi di girasole dall’Europa.

Nel 1894, alcuni anni dopo la loro separazione e la morte di Vincent, Gauguin ricorda un’immagine della loro breve convivenza con queste parole:

In my yellow room, sunflowers with purple eyes stand out on a yellow background; they bathe their stems in a yellow pot on a yellow table. In a corner of the painting, the signature of the painting: ‘Vincent’. And the yellow sun that passes through the yellow curtains of my room floods all this fluorescent with gold; and in the morning upon awakening from my bed, I imagine that all this smells very good.

Gauguin aveva tante obiezioni sul modo di dipingere di van Gogh e molti dei litigi che avevano avuto ad Arles erano nati proprio per questo; ma Paul era anche un uomo intelligente e un pittore con un ottimo occhio: non aveva mai nutrito alcun dubbio sul fatto che i Girasoli fossero il capolavoro dell’olandese, e non ne faceva segreto con nessuno, fiero del fatto che Vincent li avesse realizzati per lui.

Van Gogh stesso sapeva che Gauguin li apprezzava e lui stesso si identificava con il fiore. Così scrive a Theo, il 23 gennaio 1889:

Come sai, piacevano molto a Gauguin. Fra l’altro, ha detto di essi: ‘…questo è… il fiore.’ Lo sai bene: a Jeannin appartiene la poenia, a Quost la malva e a me il girasole.

E ancora, il 3 febbraio 1889:

Vorrei soltanto che nell’eventualità che Gauguin, che ha una simpatia speciale per i miei girasoli, me ne prenda due, desse alla tua fidanzata o a te due dei suoi quadri non mediocri.

Per van Gogh il girasole simboleggia prima di tutto la luce: quella calda della Provenza, che ha scoperto una volta scappato dalla sua grigia Olanda; il calore, di nuovo dato dalla luce, ma anche dalla vicinanza di un’altra persona; l’amicizia e il grande l’impegno che si ripone in essa; e per ultimo, la luce del girasole è la stessa che lo riscalda mentre li dipinge e, per una volta, si sente totalmente soddisfatto di ciò che ha prodotto. Oggi i Girasoli sono tra le opere più riprodotte sul merchandise dei musei che li conservano, sono adorati dal grande pubblico, ammirati dagli esperti e lasciano tutti senza fiato. Rimangono un monumento sincero ai legami sentimentali umani.

 


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