Broken Nature: una scoperta all’insegna dell’ecosostenibilità

Nello stesso mese della marcia per il clima, è stata inaugurata alla Triennale di Milano la mostra Broken Nature: Design Takes on Human Survival, il cui scopo principale è sensibilizzare i propri visitatori a usufruire in maniera responsabile di ciò che la terra e l’ingegno umano ci offrono. Lo spazio, sviluppato su due piani, è aperto al pubblico fino al 1˚ Settembre 2019. Al suo interno si possono trovare più di cento progetti di architettura, design, moda e arte degli ultimi tre decenni provenienti da diversi paesi del mondo. La mostra vuole provare come l’uomo possa essere compatibile con la natura circostante, senza sfruttarla, ma convivendo pacificamente con essa. Il design è in stretto rapporto con il territorio, creando un connubio estetico ed ecosostenibile. Organizzata come un percorso, partendo dal piano superiore, riesce a farti sentire parte di un lavoro di squadra, in quanto ogni progetto può attirare l’attenzione del visitatore, dalla più complessa invenzione ingegneristica al più semplice oggetto da usare nella quotidianità. Fondamentale è non oltrepassare le varie installazioni superficialmente, ma prendersi del tempo, magari qualche ora per analizzare i vari progetti.

Ho deciso di selezionare cinque tra le installazioni più a stretto contatto con il mondo della moda per introdurre e far comprendere meglio il tema della mostra e per far capire come il cambiamento può essere messo in atto anche nella vita di tutti i giorni.

Nahohana Heels

Questo paio di tacchi non fa parte di una nuova esuberante e apparentemente scomoda collezione primaverile di un brand famoso, ma, anzi, è legato a due degli incidenti nelle centrali nucleari più devastanti negli ultimi quarant’anni: Chernobyl 1986 e Fukushima 2011. Due sono stati gli avvenimenti che hanno fatto nascere questo progetto. La prima è la scoperta di alcuni scienziati bielorussi, ovvero la capacità della pianta di colza di assorbire le sostanze radioattive dal terreno. La seconda è l’immaginazione della deisgner Hiromi Ozaki, che pensò di utilizzare i fiori per facilitare la rinascita della terra del territorio di Fukushima Daichii. Nanohana Heels sono stati realizzati quindi nel 2012 in collaborazione con lo stilista Masaya Kushino. I tacchi meccanici della calzatura seminano colza ad ogni passo. L’idea è quella di trasformare ogni passeggiata in una atto dinamico e ricostituente

The Ise Bay Project

Rimaniamo in Giappone con questo Kimono realizzato da Laurent Gutierrez e Valerie Portefaix nel 2018 dopo un’analisi antropologica nel centro del Sol Levante. I due stilisti hanno studiato le donne che si guadagnano da vivere con le immersioni subacquee e la pesca in apnea. Queste tuffatrici vengono chiamate dai giapponesi Ama, ovvero “Persona del mare”. Il Kimono è realizzato in stile ukiyo-e, le stampe su matrici di legno del periodo Edo. L’installazione è accompagnata anche da una serie fotografica in cui si possono osservare donne dei nostri giorni mentre indossano questi kimono, raccontando le loro particolarissime storie e instillando nuova vita nell’antica pratica delle donne pescatrici.

Seated Design Collection

Uno degli argomenti più polemizzati negli ultimi anni nel campo dell’abbigliamento è sicuramente la discrepanza di scelta tra generi e tra le taglie delle principali marche, dalle più costose al fast fashion. In pochi pensano però al fatto che esistano categorie di persone prese ancora meno in considerazione da queste industrie. La collezione creata da Lucy Jones nel 2017 si rivolge alle persone diversamente abili costrette a vivere su una sedia a rotelle. I vestiti acquistabili in commercio non sono adatti a queste tipologie di persone, che hanno bisogno di indumenti capaci di adattarsi meglio alla posizione seduta. I muscoli infatti subiscono un ingrandimento o una retrazione. I suoi capi, pantaloni, magliette e collant si adattano alla posizione che il corpo deve assumere, garantendo massimo comfort, anche nel momento del vestirsi facilitando il processo.

Transitory Yarm

Questo progetto colpisce nel midollo la così detta fast fashion, la quale lascia una traccia consistente e inquietante nell’ambiente. I tempi di consumo si sono sempre di più velocizzati e quindi anche quelli di produzione. Spesso il processo di smaltimento è molto lungo e dispendioso a causa dei materiali utilizzati per realizzare i capi, i quali nella maggior parte dei casi diventano usa e getta. Per risolvere questo problema Alexandra Fruhstofer ha creato il Transitory Yram. I vestiti realizzati in questo progetto si basano sul filato, un elemento che rende possibile fare e disfare il prodotto più volte. Questa circolarità permette quindi di diminuire l’ingente uso di risorse e l’impatto dei rifiuti. Messo in pratica solo nel 2016 il progetto risale al periodo in cui studiava alla Universität für angewandte di Vienna, dieci anni prima.

Adidas Parley For The Oceans

L’ultimo progetto è una collaborazione tra l’impero delle scarpe da ginnastica Adidas e una della associazioni più importanti per quanto riguarda la pulizia degli oceani dalla plastica. Parley for the Oceans recupera i rifiuti che i venti e le correnti trascinano nelle rive. Le calzature della collezione sono state realizzate quasi interamente con filati e altri materiali ricavati dalla plastica riciclata. È molto importante offrire alternative alle case di moda, in modo tale da ridurre l’inquinamento marino, il quale distrugge organismi e ecosistemi interi.

Questi sono solo pochi esempi di invenzioni che potrete scoprire durante il percorso della mostra. Le riflessioni sulla moda inclusiva e responsabile è solo uno dei punti di vista di questa immensa esposizione. La protezione ambientale può unirsi con molti campi differenti, come l’arredamento di uffici, gli elettrodomestici e le fonti di energia rinnovabili. Tutto quello che si deve fare è comprare un biglietto e immergersi in un modo di innovazioni e natura.


Credits:

Foto di Federica Ventura

 

 

 

 

 

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