L’indie rock che resiste: l’esordio dei Leda

Il panorama musicale italiano è ancora in grado di regalare emozioni anche agli amanti della musica underground. Oggi, 12 aprile 2019, vede la luce Memorie dal futuro, primo album in studio della rock band Leda.

Lo Sbuffo ha il piacere di potervene parlare, avendolo potuto ascoltare in anteprima.

Chi sono i Leda?

I Leda sono un gruppo nato dall’unione di quattro musicisti: Serena Abrami (voce, synth, chitarra acustica), Enrico Vitali (chitarre elettriche, voce), Fabrizio Baioni (batteria, electribe, voce) e Mirko Fermani (basso). Gli artisti erano già da tempo impegnati nei rispettivi progetti, sempre all’interno del panorama underground, fino a quando hanno deciso di avviarne uno insieme.

La peculiarità relativa alle loro sonorità è sicuramente data dalla voce vellutata di Serena Abrami, dal suo timbro limpido ma evocativo, in forte contrasto con l’impetuosità dell’insieme degli altri strumenti. Il risultato è un concentrato di suoni che non sono propriamente aggressivi di per sé, ma riescono a entrare con prepotenza nell’ascoltatore, a sfiorare la sua sfera emotiva. E lì, sì che “aggressivi”.

Memorie dal futuro: il concept di fondo
Memorie dal futuro

L’album, prodotto da Nicola Giorgetti, è stato registrato presso l’Indipendente Recording Studio di Matelica (MC). Tutta la musica è a cura dei Leda, che sono rappresentati dall’etichetta indipendente Il Piccio Records.

Fin dal nome dell’album, Memorie dal futuro, si evidenzia la volontà di evocare un luogo/non-luogo, di indefinita posizione e dagli indefiniti tratti. A contribuire a tale immaginario nell’ascoltatore sicuramente è anche la copertina dell’album: vi è il nulla, ma un nulla molto peculiare.

Si tratta di un nulla oscuro, che ci da un’idea di Distanza (una delle tracce dell’album) nello spazio e nel tempo, come suggerisce anche il rimando al futuro nel titolo. Un nulla pesante, pesantezza innaturale resa dal Pulviscolo (altro pezzo dell’album) che circonda il tutto e il niente che è rappresentato.

I testi sono tutti a cura della voce femminile (Serena Abrami), affiancata da un quinto elemento del gruppo, ovvero lo scrittore Francesco Ferracuti, che collabora con i Leda.

Le canzoni e i temi

Come si è notato già nei paragrafi precedenti, i nomi dei pezzi sono fortemente evocativi: si pensi ad Assedio, Deriva, Distanza, Pulviscolo. Sono tutti termini appartenenti al campo semantico della battaglia. Nonostante questo non c’è alcun riferimento al combattimento di una vera e propria guerra: piuttosto, il messaggio che si forma pian piano, avanzando nell’ascolto, è quello di un gesto di sovversione. È come se fosse manifestata una certa refrattarietà alla passiva accettazione del presente, un presente che non soddisfa.

Tra testi più o meno ermetici, si possono cogliere numerosi riferimenti al ricordo, alla memoria di un tempo passato (o perso). Un tema ricorrente è quello legato alla mancanza di comunicazione nei rapporti interpersonali, come si capisce, per esempio, da Nuovi simboli, nella quale non trascurabili sono anche i riferimenti alla “modernità” e ai suoi “effetti collaterali”:

Ai capi opposti della tastiera ci adoriamo
ma io quando ti incontro non ti so più salutare.

Così come anche in Solchi si può ascoltare di un “silenzio” incredibilmente pesante che lascia l’altro privo di punti di riferimento.

Ingenti sono anche i rimandi alla morte, una morte però intesa come rinascita. La traccia Nembutal fa chiaramente riferimento all’eutanasia: il titolo infatti richiama il nome commerciale di un barbiturico, il pentobarbital, utilizzato per il suicidio assistito. A rimarcare l’idea del trapasso, la sonorità del pezzo: particolarmente suggestivo è il falsetto di Serena Abrami. D’altra parte, in Deriva si può poi ascoltare:

Morire è nascere di nuovo ad ogni cambiamento,
gettare via la vecchia pelle e il vecchio tempo.

Quindi è come se non vi fosse una percezione del tutto nera della morte, ma come se la si concepisse nella sua accezione metaforica di rinascita. C’è quindi una forte presa di posizione, quello che si potrebbe definire un atto di resistenza nei confronti di qualcosa che non si tollera.

A chi è consigliato l’ascolto?

L’ascolto è consigliato a tutti, nessuno escluso.

È consigliato, innanzitutto, a chi non trova soddisfazione e appagamento dalla musica mainstream che oggigiorno viene propinata ovunque e a chiunque, quasi come se non si avesse la possibilità di scegliere altro. Ebbene, questo “altro” esiste, un’altra opzione c’è sempre, ed è esattamente quella che vi si presenta davanti con questa breve recensione. (No, questo non è un modo per demonizzare la musica commerciale: semplicemente, è un modo per ricordare che non è l’unica musica che esiste in Italia.)

Sicuramente è anche consigliato ai più nostalgici: a chi ha voglia di avere a che fare con sonorità che rimandano dall’alternative rock alla wave, e sicuramente a tutti i grandi amanti degli anni ’90.

Infine è consigliato a chi, assiduo frequentatore di altri generi musicali che nulla hanno a che fare con questo, ha voglia di misurarsi con qualcosa di nuovo e di mettersi alla prova.

Indie’s Not Dead, e con indie non intendiamo il cantautorato pop, che sempre più spesso viene rifilato come indie (anche se poi, magari, l’artista è anche rappresentato da una major). La musica indipendente vera è altro. Andate su Spotify e ascoltate i Leda.

FONTI

Materiale gentilmente concesso da Fleisch Agency

CREDITS

Foto gentilmente concesse da Fleisch Agency

 

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