Il valore di un auto: dal bene di lusso al car sharing

All’inizio del Novecento una singola auto necessitava l’impiego di diverse persone specializzate per la costruzione. Il processo richiedeva infatti molti giorni di lavoro e ciò ne comportava il prezzo particolarmente elevato. Quest’ultimo ne determinava la collocazione sul mercato di beni di lusso, in modo che solo poche persone potessero permettersi di ostentarla. In America, verso la fine degli anni venti dello stesso secolo, grazie alle innovazioni tecnologiche e alla combinazione di queste con i principi del taylorismo, si ridussero drasticamente i tempi di produzione e la necessità di manodopera altamente specializzata, consentendo così di investire in nuovi impianti per le catene di montaggio.

La produzione in serie consentì di abbassare i costi di un’automobile. Allo stesso tempo, in seguito a diverse proteste da parte degli operai e per far fronte al surplus di produzione, Henry Ford aumentò il potere d’acquisto dei suoi stessi dipendenti alzando salari minimi di pari passo alla produttività, agevolando così la diffusione di consumi di massa e nuovi stili di vita, fondati sull’acquisizione e sull’ostentazione di oggetti simbolo: nel 1929 per le strade degli Stati Uniti circolava un’auto ogni 5 abitanti (in italia una ogni 325), ogni 15 abitanti c’era un apparecchio radio (in italia uno ogni 653). Ford innescò quindi quel circuito che sarà alla base dell’impetuoso e inarrestabile sviluppo capitalistico che ha caratterizzato il secolo scorso.

Ma cosa è cambiato? Al giorno d’oggi è molto più comune possedere un’auto, anche più di una per famiglia. L’Italia è risultato essere uno dei paesi con più densità di auto in Europa secondo uno studio (2014) della fondazione Filippo Caracciolo dell’Aci. E’ consuetudine pensare all’auto come primo mezzo per spostarsi fra casa e lavoro, casa e università, casa e il luogo di vacanza: un bene essenziale per la quotidianità, non più simbolo di opulenza ma emblema di indipendenza.

L’acquisto di un auto, oltre a facilitare gli spostamenti, comporta diverse responsabilità a livello economico: oltre all’estinzione delle rate per l’acquisto, bisogna sapersi prendere cura della propria auto sottoponendola a un check up con revisioni biennali: un’importante routine per non incorrere in sanzioni. Bisogna constatarne lo stato di usura dei vari componenti meccanici facendo il tagliando, pagare il bollo (tassa regionale annuale sul possesso del veicolo), ogni 20 mila km fare un check up della macchina cambiando l’olio, le pasticche dei freni e revisione generale, senza dimenticare ovviamente l’assicurazione. Tanti piccoli appuntamenti che permettono a tutti i possessori di auto di avere almeno un meccanico nella propria rubrica telefonica.

Oltre all’acquisto, esiste anche la possibilità di noleggiare l’auto. Ma conviene veramente farlo? Il ragionamento di molti è che con i soldi per noleggiare un auto, nel tempo se ne potrebbe acquistare una di proprietà. La differenza sta nella praticità di scrollarsi il peso delle responsabilità, dato che l’autonoleggio si fa carico di ogni incombenza. In termini di convenienza, il noleggio di un auto è più indicato a chi ha la partita iva, potendo scaricare la fattura se è un mezzo necessario per il proprio lavoro. Oppure è indicato per chi decide di andare in vacanza e non vuole fare elaborati spostamenti con il proprio mezzo in caso di lunghe distanze, o ancora ai fruitori occasionali, che possono beneficiare in città dei servizi di car sharing, servizio che permette di avviare un discorso di mobilità sostenibile, riducendo il numero di auto all’interno dello spazio urbano.

Fonti:

ansa.it

T. Detti, G. Gozzini – Storia Contemporanea II Il Novecento [pag. 54 – 71]

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