Imbrattare la statua di Indro Montanelli: gesto rivoluzionario o barbaro?

Durante il corteo dell’8 marzo a Milano diversi manifestanti del collettivo femminista “Non Una di Meno” hanno imbrattato la statua del giornalista Indro Montanelli presso i giardini pubblici a lui dedicati a Porta Venezia. Ma perché tali donne hanno commesso questo gesto barbaro? Perché secondo Non Una di Meno il giornalista rappresenta una visione patriarcale dei rapporti e colonialista della storia.

Ma per comprendere tutto ciò bisogna tornare negli anni della Guerra d’Etiopia. Montanelli all’epoca aveva partecipato alla guerra come sottotenente e nel 1935, all’età di 26 anni, ebbe una relazione di madamato con una ragazzina africana (probabilmente una ragazzina eritrea di 12 anni). All’epoca il madamato era una relazione temporanea tra un cittadino italiano, di solito un soldato, e una donna africana (chiamata “madame”). Solo con l’introduzione delle leggi razziali nel 1938 il madamato fu proibito.

Montanelli riguardo a tale questione affermò nel programma di Gianni Bisiach L’ora della verità:

“Era una bellissima ragazza bilena di dodici anni, scusatemi, ma in Africa è un’altra cosa. Così, l’avevo regolarmente sposata, nel senso che l’avevo comprata dal padre. Mi ha accompagnato insieme alle mogli dei miei ascari”.

Insomma la visione e le idee di Montanelli sono piuttosto contrapposte a quelle di Non Una di Meno o di altri movimenti femministi in generale. E ancora riguardo ciò il giornalista affermò:

“Ma in Africa è un’altra cosa”. Con un cavallo, un fucile, cinquecento lire si compra una bambina. Un accordo tra uomini e la dodicenne è sistemata in un “tucul”, una tenda. È “un animaletto docile e mi segue ovunque”. Non ha nemmeno un nome che la rende una soggettività, che la possa identificare.

Insomma è solo un corpo, la bambina eritrea “sposata” dal giornalista italiano. Sebbene tale gesto si possa considerare orrendo, andrebbe contestualizzato negli anni in cui fu compiuto. Montanelli infatti non si pentì affatto della sua scelta e inoltre affermò di nuovo :

E’ assurdo parlare di pedofilia e non solo per il fatto che la ragazza era considerata dalla sua gente matura per il matrimonio, ma soprattutto perché l’unione tra i due fu un fatto pubblico, non violento, ma condiviso e anzi fortemente voluto dal suo «sciumbasci» (ossia il suo attendente di colore che coordinava il battaglione eritreo), il quale, in caso contrario, paventava la perdita di autorità del comandante sulla truppa.

Per il giornalista italiano tutto ciò era normale e perfettamente in linea con l’idea di patriarcato. Montanelli tornò persino in Etiopia nel 1952 e incontrò di ancora Destà (questo il nome della bambina da lui sposata) che lo accolse calorosamente. La ragazzina non sembrava affatto turbata di vedere il giornalista, come se non fosse stata vittima di una violenza insomma. Ma è davvero così? Tutto ciò fu una relazione del tutto legittima o si può definire stupro? Secondo Elvira Benotti, la giornalista che intervistò Indro Montanelli nel programma L’ora della verità, si trattò evidentemente di uno stupro. In quel salotto televisivo furono contrapposte due mentalità completamente contrapposte fra di loro. Quella di Montanelli, ovvero una mentalità patriarcale e colonialista, e quella della Benotti, ovvero una mentalità possiamo dire rivoluzionaria e progressista.

Nonostante le scelte e idee pessime di Montanelli riguardo tale questione, è giusto ricoprire di vernice rosa una statua a lui dedicata? Secondo Non Una Di Meno si perché si è andati a colpire l’idea di Montanelli e non Montanelli stesso. Ma il fatto che il giornalista non si fosse mai pentito di aver violentato una bambina ci può far comprendere come questo gesto incivile sia stato in realtà necessario per un ideale di giustizia.

Nello specifico Non Una Di Meno ha lasciato un comunicato sulla questione affermando ciò:

Per la Repubblica si tratta di vandalismo, per noi invece è una doverosa azione di riscatto(…).

Comunque c’è chi condanna il gesto del collettivo femminista e difende Montanelli. Tra questi troviamo Il giornalista Luca Talese che afferma:

«Quando si perde il senso della storia si può anche fare una battaglia dando a Montanelli dello stupratore razzista. Bisogna spiegare ai trogloditi che ciciclicamemte scoprono la favola metropolitana di Montanelli stupratore e razzista. Stanno rimestando, senza capirla, una vicenda raccontata dallo stesso giornalista».

In sostanza si può benissimo dire che l’imbrattare di vernice rosa la statua di Indro Montanelli sia un atto vandalico. Ma si può anche benissimo dire che la scelta di Montanelli fu moralmente sbagliata, nonostante fosse perfettamente coerente con quei tempi.

Magari Non Una di Meno avrebbe potuto rivendicare la scelta di Montanelli in altro modo, sta di fatto però che c’è stata una forma di giustizia. Giustizia verso quella povera bambina costretta a sposare un uomo molto più grande di lei.

 

 

 

 

 

 

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