Il Pagante: un fenomeno tutto milanese

La duttilità della musica è incredibile: può essere un mezzo, un veicolo per trasmettere messaggi. E può anche raccontare storie. Può persino essere uno strumento satirico, ed è questo il motivo per il quale si presta facilmente a descrivere tutta una generazione. E’ il trio de Il Pagante, a designare i Millennials milanesi (e non solo), ci riesce in modo impeccabile.
E molto autoironico.

Chi è il Pagante?

Il gruppo iniziale ha subito una serie di evoluzioni nel corso del tempo ma da qualche anno è formato da Eddy Veerus, Federica Napoli e Roberta Branchini. A partire da un primario gruppo di Facebook, nato nel 2010, con l’intento di fare satira sulle abitudini e gli usi dei giovani milanesi, il progetto si è poi evoluto in musica, ciò su cui è ben assestato ancora adesso. Dopo il successo di svariati singoli (dai titoli già molto esplicativi) come #Sbatti, Faccio after, Pettinero, ecco il primo album nel 2016, Entro in Pass.

Copertina dell’album Paninaro 2.0

Ma il trio non si è mai fermato e nel 2018 è stato pubblicato il secondo album, Paninaro 2.0, che può vantare tra i featuring nomi come quelli di Emis Killa, Madman, Samuel Heron e M¥SS KETA.

Il segreto del successo del gruppo è sicuramente dato da un miscuglio di elementi che li rendono a dir poco unici nel panorama musicale italiano. Partendo dal presupposto che non hanno la pretesa di essere dei veri “cantanti” nel senso proprio del termine, quanto dei “cantastorie“, come si sono loro stessi autodefiniti. Tutto ciò che fanno è raccontare una generazione utilizzando il mezzo della musica. E, del resto, è evidente che la musica è uno dei supporti che utilizzano, ma non l’unico: la cura del dettaglio è palese nei loro video musicali.

Le peculiarità: i videoclip

Un esempio è il video musicale del singolo TOO MUCH (presente anche come traccia in Paninaro 2.0):

L’intero videoclip è disseminato di contenuti simbolici e di riferimenti alle cose più disparate: dal riferimento ai vari tè dimagranti sponsorizzati dalle influencer del web con codici sconto (minuto 2:40), qui ironicamente sostituiti con un sacchetto di cannabis; al cyberbullismo subito dalla componente del trio Federica Napoli per l’aplasia alla mano sinistra con la quale è nata (0:49); ai biglietti, andati subito sold out, per il concerto che i Coldplay hanno tenuto a San Siro nel 2017 (2:50); alla proposta di matrimonio di Fedez a Chiara Ferragni, (avvenuta il 7 maggio 2017) all’Arena di Verona durante un concerto di lui, con un riferimento anche ai piedi della nota influencer (noti sul web per non essere particolarmente belli) (3:31).

Per non parlare di Radical Chic (anche questa, traccia presente nel secondo album in studio):

Qui i riferimenti sono innumerevoli, e tutti a videoclip musicali di canzoni indie/pop: vengono presi di mira tutti gli artisti più in voga del periodo. Ci sono Calcutta e il video di Oroscopo, Takagi & Ketra (insieme a Elisa e Tommaso Paradiso) con il video di Da sola/In the night (minuto 0:28), Carl Brave e il video di Fotografia (0:51), Liberato con la sua celebre felpa, visibile nel video di Je te voglio bene assaje (1:00), Coez e il video di La musica non c’è (1:37), i Thegiornalisti e il video di Questa nostra stupida canzone d’amore (1:03) e Frah Quintale e il video di Cratere (2:25).

E se già i videoclip del gruppo (quelli riportati sono solo esemplificativi) sono attentamente disseminati di riferimenti, lo sono ancor di più di personaggi famosi: nel già visto videoclip di TOO MUCH è presente il senatore Antonio Razzi, che interpreta se stesso ma in chiave autoironica. Poi, all’inizio del videoclip di Bomber, ci sono Pierluigi Pardo e Stefano De Grandis. Nell’intro di Settimana Bianca, invece, c’è Massimo Boldi.

I testi

Uno dei veri punti di forza, uno dei principali, in realtà, è dato dalle loro parole: i testi contengono puntualmente una quantità incredibile di cliché. Questa caratteristica è sicuramente visibile anche nei video, ma i testi sono proprio delle composizioni imperniate sull’ironia e sugli stereotipi.
Ed ecco un brano dal titolo DAM, che prende in giro i ragazzi che hanno come meta ideale Amsterdam, e non per le bellezze della città, anzi: “cazzo mene di Van Gogh, dei mulini e dei musei, shopping dentro i coffee shop, solo super lemon haze“.

Rivisitazione de Il bacio di Hayez. È l’artwork realizzato per il singolo Dress Code.

Oppure Dress Code (featuring Samuel Heron) che, tra intimo di Calvin Klein e scarpe di Balenciaga, descrive la figura dei giovani ossessionati dagli ultimi trend. Lo stesso trio afferma, al riguardo:

Stiamo vivendo un’era in cui la cura dell’immagine arriva forse prima di ogni altra cosa. Tutti (e soprattutto i Millennials) curano i social network e la propria immagine in maniera ossessiva e pedissequa. In questo contesto, la scelta del proprio outfit e, di riflesso, l’attenzione per la moda rivestono un ruolo fondamentale: ogni singolo individuo deve costantemente mostrare nuovi acquisti e stare al passo con i trend. “Dress Code” punta a fare ironia sul fashion game e a smontare l’idea che hanno in molti sul mito della moda e su tutte le varie declinazioni che ne derivano. Proprio per questi motivi abbiamo scelto di ambientare il videoclip in una sfilata da noi ricreata in un noto showroom di moda, simile a quelle della celebre Milano Fashion Week.

Lo sguardo da milanese

Ma non vengono risparmiate neanche le figure stereotipate della società odierna, viste però rigorosamente in chiave milanese: Fuori corso, con il suo “alla sera leoni, la mattina in Bocconi” riprende l’immagine dello studente di economia medio (stereotipicamente studente dell’università Bocconi) che non vede l’ora di uscire dalla classe per andare a fare serata in qualche locale esclusivo.

Il terrone va di moda è tra le più esemplificative per evidenziare la prospettiva del milanese medio: è una canzone che tratta di come le persone provenienti dal sud Italia vengono viste, tra grandi mangiate in famiglia e la simpatia tipica con cui gli abitanti della parte più bassa del Paese sono conosciute. Anche qui è un continuo giocare sui cliché legati a questa figura, ironizzandoci su ma in modo che non possa risultare neanche lontanamente offensivo.

La shampista, invece, va a caratterizzare la storia di una ragazza, con “gli occhi da commercialista”, che conosce un “pagante” in discoteca. Lei, qui, è la personificazione del luogo comune dell’arrampicatrice sociale, che va alla ricerca di compagni benestanti per sfruttarne le finanze.

Il vero “Fattore X”

Ma la vera chiave del successo sta nella capacità di immedesimazione che la loro musica trasmette. Il giovane Millennial, ascoltando una canzone del Pagante, si vede proiettato davanti il proprio mondo, con tutti i suoi simboli e le sue contraddizioni. Per dirlo con le stesse parole del gruppo:

Siamo tra le poche realtà musicali in Italia per le quali i giovani si sentono parte integrante di quello che diciamo, del modo di comunicare e di ciò che vedono nei video. E, oltre a questo, l’ironia/autoironia e il “non prendersi troppo sul serio” facilitano l’arrivo del messaggio.

Ed è questo, niente di più e niente di meno, a fare la differenza. Quel je ne se quoi che rende tanto speciali i tre giovani è la capacità di riuscire a cantare una generazione, evidenziandone i difetti, senza farlo attraverso un discorso paternalistico o, all’opposto, eccessivamente menefreghista. Le loro canzoni sono una presa di consapevolezza lucida ma molto ironica.

Non c’è nessun giovane che non possa riconoscere la realtà rappresentata, tra TOP e ADORO, Instagram, influencer, fashion week e serate nei locali. Quello che si fa ascoltando una di queste canzoni è proprio riconoscervisi. E ridere, perché sì, le contraddizioni insite nella società odierna così tratteggiate sono anche buffe. E poi magari, a canzone finita, scatta anche una piccola riflessione. Chissà.

 

 

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