Camilleri, Montalbano e i nuovi tabù televisivi

11 febbraio, ore 21.30.
Su Rai 1, dopo un incessante susseguirsi di pubblicità, compare il grande Andrea Camilleri, pronto a dare al suo pubblico un assaggio delle nuove puntate televisive de “Il Commissario Montalbano”. E’ il grande ritorno di un’icona della letteratura e del cinema moderno, un orgoglio tra i tanti della nostra nazione.
Le due nuove puntate della serie, girate con la collaborazione dello stesso Camilleri, puntano a narrare uno spaccato degli ultimi anni trascorsi. Accanto alla classica indagine poliziesca, viene mostrata la situazione siciliana del 2016, quando gli arrivi di migranti dalla Libia avevano raggiunto numeri impressionanti; arrivi che non risparmiano nemmeno la piccola città fantastica di Vigata, in cui tutte le forze di polizia svolgono turni doppi di servizio al porto, per accogliere eventuali esuli giunti con la Guardia Costiera.

E’ così che si apre la puntata: uno sbarco. Un campo largo, girato dall’elicottero, che mostra una nave militare carica di persone provenienti da ogni angolo del continente africano; giunti a terra, i migranti vengono identificati e spediti nei centri di accoglienza della regione coi pullman, sotto lo sguardo serio e riflessivo del Commissario e dei suoi uomini. Uno dei prefetti interviene e parla di un migrante fuggito dalla nave poche ore prima: “Potrebbe essere dell’Isis”. Una frase a cui Montalbano risponde con un misto di ironia e amarezza: “Ancora co’ sta storia che i terroristi arrivano coi barconi?”.

Tralasciando l’immancabile vena comica del personaggio, Il filo nascosto potrebbe essere uno degli episodi più “maturi” del Commissario, che si ritrova a dover ripescare personalmente il cadavere del giovane migrante scomparso e a confrontarsi con un inconsolabile Catarella, in lacrime dopo aver visto l’orrore della disperazione al porto; il suo discorso, sulla giovane mamma straniera giunta in ospedale e avvisata della perdita del figlio, è un richiamo all’umanità che chiunque, a prescindere dal credo politico, dovrebbe avere.
Montalbano non ha mai voluto essere una lezione, quanto più che altro una genuina, sensibile, diretta rievocazione della società, quella senza pregiudizi in cui un uomo qualsiasi (Montalbano) di una cittadina qualsiasi (Vigata) si ritrova suo malgrado in una situazione che attanaglia l’intera penisola, facendo quello che può per aiutare.

Già diverse settimane prima era sorta l’indiscrezione che la Rai, pur di evitare polemiche, stesse pensando di posticipare o annullare la proiezione dei nuovi episodi. Una scelta che avrebbe comunque scatenato una bufera sulla nuova gestione televisiva. Fortunatamente, la proiezione è avvenuta senza problemi, ma con tante lamentele.
All’alba del 12 febbraio, una pari quantità di utenti e politici aveva già espresso il proprio rancore verso la nuova puntata del Commissario, definendola “un inno all’immigrazione clandestina”. Quello che forse non tutti ricordano è che il tema dell’immigrazione caratterizza i racconti di Camilleri già da molto prima dell’ultima ondata di generica intolleranza. E’ sufficiente ricordare la storia di François, il figlio adottivo di Montalbano e Livia, fuggito dal proprio paese devastato dal conflitto, o delle ragazze sfruttate nell’ambito della prostituzione minorile, su cui Montalbano aveva indagato tempo addietro.

In ogni caso, scatenare una polemica tale su una puntata televisiva denota una forte superficialità di analisi. Questi nuovi tabù televisivi (migranti, omosessualità, aborto…) stanno prendendo sempre più piede, piazzando paletti enormi intorno ad argomenti che non solo dovrebbero essere di dominio pubblico, ma andrebbero affrontati nel quotidiano con serietà e tranquillità, in quanto già da tempo eredità della società emersa entro l’ultimo secolo.

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