Musia: un luogo dove si perde il senso del tempo e dello spazio

Concepito come uno spazio di quartiere nel centro storico romano, ma con uno sguardo rivolto all’Europa, Musia living (&) arts nasce con l’obiettivo di promuovere l’arte contemporanea, rendendola accessibile al maggior numero possibile di fruitori e raccontando al contempo l’esperienza della famiglia Jacorossi, in un percorso tra arte e impresa.

La Galleria 7, Musia.

La storia

La storia di Musia parte nel lontano 1922, anno in cui in via dei Chiavari, a due passi da Campo de’ Fiori, Agostino Jacorossi decide di avviare la sua impresa con un piccolo negozio di carbone. Con il passare degli anni, il luogo è diventato simbolo della storia imprenditoriale e familiare Jacorossi, ed è oggi uno dei nuovi fulcri artistici della Capitale; grazie soprattutto all’impegno civico e culturale del nipote, l’imprenditore e collezionista Ovidio Jacorossi.

Lo spazio, ristrutturato su progetto dell’architetto Carlo Iacoponi, è sviluppato attraverso la stratificazione di elementi architettonici di epoche diverse, dall’età romana al Rinascimento. È composto da tre livelli e si articola in diversi ambienti. La Galleria 7, dedicata alle esposizioni temporanee delle opere della prestigiosa collezione Jacorossi, tramite una suggestiva volta trasparente attraversa il cortile cinquecentesco attribuito a Baldassarre Peruzzi. Qui, tra le opere d’arte esposte, si mescolano architettura contemporanea e storia ultracentenaria, grazie al grande lavoro di recupero e di restauro attuato. Troviamo poi la Galleria 9, dedicata alla vendita di opere d’arte, di fotografie e oggetti di design. Infine, le sale di Pompeo, situate nei sotterranei, sui resti dell’omonimo teatro medievale romano. Inoltre, la Cucina a vista nel cuore della galleria è curata dallo chef e storico dell’arte Ben Hirst. Con un fitto programma di eventi, laboratori e conferenze, Musia si sta affermando come centro policulturale romano.

Il wine bar ristorante, Musia.

La mostra

La mostra in corso nella Galleria 7, dal titolo Colore, immagine, segno, oggetto, comportamento – Il secondo novecento a Roma nella collezione Jacorossi, è a cura di Enrico Crispolti, in collaborazione con Giulia Tulino. Al suo interno, sono esposte una trentina di opere di Renato Guttuso, Corrado Cagli, Antonio Sanfilippo, Cy Twombly, Mario Schifano, Giuseppe Uncini, Nino Franchina, Cesare Tacchi, Giosetta Fioroni, Franco Angeli, Tano Festa, Lucio Fontana e Egidio Costantini, Nedda Guidi, Pino Pascali, Mario Ceroli, Mirko Basaldella, Titina Maselli, Emilio Prini, Giulio Turcato, Claudio Abate, Gino De Dominicis, Guido Strazza, Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, Piero Dorazio, Afro, Franco Piruca, Joseph Kosuth, Mimmo Paladino, Gianni Dessì e Marco Tirelli.

Il progetto

La mostra è cronologicamente conseguente alla prima esposta nella galleria, Dal Simbolismo all’Astrazione. Il primo Novecento a Roma nella collezione Jacorossi. Entrambe ripercorrono la storia di una collezione che ha prediletto l’arte italiana, con un occhio di riguardo per quella romana:

Ho sempre comprato arte italiana, ma stando attento a mantenere una sorta di campanilismo verso l’arte che si faceva a Roma. Il lavoro di imprenditore mi ha insegnato, o forse costretto, a essere concreto, essenziale.  Non sono mai diventato – per ragioni di tempo e di carattere – un collezionista maniacale o compulsivo. Mi pare che l’eccesso di compiacimento porti fuori strada. In questo senso, la nascita dello spazio Musia è il compimento di un progetto che ho sempre avuto chiaro: quello di proporre l’arte contemporanea come un’opportunità, un’occasione di scambio e di dialogo, nonché uno strumento di creatività per le persone e per le imprese

commenta lo stesso Jacorossi.

Il fil rouge che connette fra di loro le opere collezionate da Ovidio Jacorossi nel tempo, relativamente soprattutto al contemporaneo romano, e con intenzione non semplicemente di patrimonializzazione amatoriale ma di avventura parallela connessa a quella di una mentalità d’impresa, risulta, in buona parte, proprio da una libera asistematica curiosità collezionistica

ha aggiunto il curatore Enrico Crispolti. L’idea è di creare un percorso cronologico che abbia al suo interno diversi nuclei tematici, che permettano a loro volta nuovi percorsi e nuovi modi di fruire la mostra stessa.

Egidio Costantini su progetto di Lucio Fontana, Concetto Spaziale, 1965.

La video installazione

All’interno delle antiche sale di Pompeo, infine, troviamo la moderna video-installazione dal titolo Il teatro di Pompeo, ad opera del collettivo Studio Azzurro, su commissione dello stesso Jacorossi. Il lavoro, realizzato con la direzione artistica di Fabio Cirifino e Leonardo Sangiorgi, è un dramma che si articola in diversi schermi-video che suggeriscono ambienti esterni, intravisti attraverso una tenda che cela e rivela le silhouette dei personaggi. Lungo il percorso, concepito non come chiuso e precostituito, lo spettatore può aggirarsi tra le sale e seguire le scene scegliendo il proprio punto di vista; circondato da oggetti, statue, personaggi evocati tramite giochi di ombre, mentre la storia racconta il quieto svolgersi di occupazioni quotidiane. Tutt’a un tratto la scena cambia improvvisamente: al di là delle tende viene rappresentata la congiura dell’omicidio di Cesare.

Joseph Kosuth, Modus operandi, 1988.

Musia living (&) arts si trova in Via dei Chiavari 7/9, è a ingresso gratuito, aperta dal martedì al sabato.

 



CREDITS

Copertina: foto della redattrice

Immagine 1,2,3,4: foto della redattrice

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