Guérriero: un’occasione sprecata

Business man

L’ex membro dei Club Dogo Gué Pequeno ha da sempre dimostrato nei più svariati modi due aspetti della sua personalità: il suo spirito imprenditoriale e la volontà di rimanere ai vertici delle classifiche a tutti i costi. Un album all’anno (l’ultimo dei quali è stato recensito qui) sta proprio a testimoniare questo secondo aspetto. Per quanto concerne il primo, la diversificazione di investimenti e progetti ha dato vita a un’etichetta indipendente, Tanta Roba, ora in mano a DJ Harsh (da cui son passati in breve tempo Ghali, Fedez, Salmo, Gemitaiz, Madman, Ensi ed Ernia), poi a una linea di vestiti, Z€N, alla produzione di un film, a una serie TV dedicata su Tim Vision, in cui recita e firma la colonna sonora, e all’apertura di una gioielleria in Svizzera, dove il guercio ora risiede. Potremmo dire che tra tutti questi progetti mancasse solo un libro, ma qualche mese fa è uscito Guérriero. Storie di sofisticata ignoranza, edito da Rizzoli.

Gué ai tempi dei Club Dogo: a sinistra Jake La Furia, a destra Don Joe

Nulla accade

Quasi vent’anni di carriera sembrerebbero rappresentare sufficiente carne al fuoco da inserire nella propria prima biografia, ma non si vuole qui illudere nessuno. Guérriero assomiglia più a uno dei tanti recenti esercizi di stile disimpegnati che non a una di quelle pietre miliari impegnate e riflessive che lo hanno consacrato negli anni come uno dei più grandi liricisti del rap italiano.

Il libro si sviluppa in brevi capitoli che non seguono un ordine cronologico, ma sono un vero e proprio flusso di pensieri disordinati e raramente profondi. Donne, droghe e soldi (che si concretizzano soprattutto nell’ossessione per un vestiario a metà tra la strada e i capi firmati, ma sempre molto costoso) sono gli ingredienti principali. La passione per i film, specie i gangster movie anni ’80/’90, fa da contorno. Per quanto riguarda la musica vediamo che essa, da semplice infatuazione adolescenziale, nel corso delle pagine diventa prima opportunità, poi si trasforma in un vero e proprio lavoro. La classica storia a lieto fine, insomma. Una storia in cui però il protagonista sembra svogliato e disilluso. La percezione è che per egoismo di chi ha già ottenuto grandi traguardi, scelga di non raccontare nel dettaglio gli sforzi che lo hanno portato a emergere e poi eccellere con il suo rap crudo nel paese del bel canto. E dire che l’autorità per farlo certo non gli mancava, se si pensa che nel 2017 è stato il cantante italiano più ascoltato su Spotify.

Emerge così la personalità di Cosimo Fini, il quale si ritrova a dirigere uno stile rock ‘n’ roll non tanto diverso da quello che faceva agli esordi. Uomo sensibile e tutt’altro che sprovveduto, ammette tra le righe di soffrire la mancanza di affetti stabili, quali una donna o un figlio: in poche parole, la mancanza di equilibrio. L’unica causa di questa situazione è però dovuta ai demoni che l’artista milanese non ha ancora sconfitto, e che si traducono in continui tradimenti e in serate movimentate dove Pequeno si riduce a uno straccio. La musica, insieme alla madre, è l’unico amore costante, l’unica ragione di vita che egli non ha mai sconfessato. Questa lo ha ripagato, specie negli ultimi anni, con risultati straordinari, soprattutto se si considera la poca attitudine pop delle sue canzoni. La ciliegina sulla torta a tutti questi progetti sarà il concerto al Forum d’Assago il prossimo 16 marzo 2019.

Gué nel 2019

“Lui può ma non si applica”

Questo libro scorre velocemente a due condizioni. Da un lato è utile essere cresciuti ascoltando il rap anni 2000, che in qualche modo ha salvato il genere in un momento di crisi (“se non era per i Dogo in Italia finiva il rap” cantava il socio Jake La Furia nel 2011). Dall’altro, più superficialmente, può bastare essere interessati alle scappatelle e ai dietro le quinte di avventure che in un altro caso avrebbero potuto essere il copione di un film. Malgrado ciò, la grande enfasi data alle cattive abitudini, a esempi diseducativi e a una certa faciloneria all’interno del libro, genera disappunto, riuscendo tra l’altro a raccontare solo in parte la complessità caratteriale del milanese classe 1980. Un’occasione sprecata quella di Gué Pequeno, a maggior ragione se si pensa a quanto ancor poco il genere urban sia compreso in Italia, come testimonia il caso Corinaldo di dicembre. La notte tra lo scorso 7 e 8 dicembre fa infatti, sei persone sono morte travolte dalla folla in una discoteca dove avrebbe dovuto suonare il Sfera Ebbasta, idolo delle nuove generazioni. La responsabilità di un simile evento sarebbe da attribuire ai gestori del locale, il quale era sovraffollato, ma l’opinione pubblica non ha esitato a puntare il dito sul giovane trapper. La procura di Pescara ha aperto un fascicolo per “istigazione all’uso di droga”.

 

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