Il Maestro e Margherita – una messa in scena “spettacolare”

Il capolavoro postumo di Bulgakov –Il Maestro e Margherita– appare sulle scene milanesi, produzione Teatro de Gli Incamminati / deSidera. Lo spettacolo rappresenta il sunto di uno studio, incentrato su tre personaggi e le relative vicende. Voland, Pilato e Gli amanti, nati come spettacoli distinti, sono uniti armonicamente nell’ultimo stadio di lavoro, in uno spettacolo poliedrico e complesso. L’approfondito studio e l’attenzione alla psicologia dei personaggi si accordano bene alla profondità e alla stratificazione interpretativa dell’opera.

La scelta registica, come spiega Paolo Bignamini, non è stata quella di creare una riduzione per la scena e si è appoggiata al lavoro di Gregorio Zurla (scene e costumi) e Fulvio Michelazzi (disegno luci). Gli attori recitano su un palco rialzato e l’ambiente è cupo a tal punto da evocare uno spazio sospeso nel vuoto. Ciò suggerisce un allontanamento dal realismo e conduce verso una dimensione ultraterrena, coerentemente all’opera di Bulgakov. Sono presenti sulla scena, fin dall’inizio, il corpo morto di Ponzio Pilato, le maschere (usate per evocare i diversi personaggi) e la scrivania di Voland.

La scenografia è consistente e presenta, sullo sfondo, cavi luminosi, aggrovigliati a formare tre fili di un gomitolo di lana, immortalati nel momento della tessitura. La dinamicità dell’immagine è lo gran mar de l’essere dantesco: i tre fili si accendono, di volta in volta, durante i tre racconti, per riaccendersi insieme sul finale. Le tre storie, a cui ciascun filo corrisponde, raccontano frammenti di vita umana e contribuiscono a intessere la “tela” dell’universo. Inoltre, il numero tre rende lecito il legame con le Moire greche: Cloto, Lachesi, Atropo, sono le tre “tessitrici” della vita. Esse rappresentano l’ineluttabilità dello scorrere del tempo e l’inoppugnabilità del destino.

Rilevante è, inoltre, l’ingente presenza di specchi. I personaggi riflettono la propria immagine sul palco e, talvolta, coinvolgono anche il pubblico nel meccanismo. Lo specchio introduce una certa metateatralità all’intera azione drammatica. Il personaggio non si limita a vivere la propria storia, ma riflette quella di una collettività; personaggi e spettatori comunicano tra loro in modo profondo, l’azione di uno riflette e adempie quella dell’altro. Lo specchio, inoltre, mette a nudo le profondità tragiche che dominano la psiche umana, dando origine a un’intima analisi di coscienza.

Lo spettacolo non è ambientato nella Mosca di Stalin, ma in una Milano contemporanea. La vicenda (in particolare quella de Gli amanti) è spostata nella caotica città, nella quotidianità della frenesia milanese. Il Maestro è un custode del Museo di Storia Naturale e, nella sua solitudine, si dedica alla scrittura del romanzo, costruendo l’inedito personaggio di Ponzio Pilato. La traslazione della vicenda in un mondo contemporaneo e l’allontanamento dal misticismo dell’opera consentono la messa in discussione di rilevanti temi attuali. In particolare, la critica al sistema editoriale è evidente nella non accettazione del manoscritto del Maestro e nel travisamento delle intenzioni del narratore. L’ironia dell’episodio e l’accenno critico sono dovuti, prevalentemente, alla presentazione di un personaggio-editore animalesco, con il volto mascherato. Esplicitamente, inoltre, viene criticata dal Maestro la difficoltà di emersione dei giovani nell’ambito artistico, aprendo le porte ad uno dei temi caldi della contemporaneità.

Tutti i personaggi, non soltanto il Maestro, sono adattati alla Milano dei giorni nostri. Voland, per esempio, rompe gli equilibri nel romanzo e si presenta come un’entità sorprendente e diabolica. In un’intervista rilasciata da Bignamini su Teatro.online infatti:

“Abbiamo cercato di verificare come questo smascheramento della presenza di Voland nella società potesse reagire con la nostra società e con il mondo che noi conosciamo meglio.”

Così Margherita è una donna sposata in cerca del vero amore e Pilato è un uomo afflitto dall’emicrania, quasi un innocente. Portare un classico come Il Maestro e Margherita sulle scene contemporanee significa prendere coscienza e accettare le forze oscure che dominano l’essere umano. Il teatro, come la letteratura, consente un’esternazione, un confronto con l’irrazionalità dell’universo. Razionalizzare il Mistero significa saper familiarizzare con esso; significa conoscere meglio se stessi, forse.

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