Atlas di Gerhard Richter: testimonianza della memoria collettiva e personale

Gerhard Richter nasce nel 1932 a Dresda ed è uno dei grandi maestri dell’arte moderna ancora vivi e attivi.

Richter al lavoro

Atlas è probabilmente la sua opera maggiore, portata a termine da pochi anni. È un lavoro enorme per dimensioni, significati, simboli e messaggi contenuti. Richter nasce nella Germania dell’Est e nel 1951 entra all’Accademia d’arte di Dresda: in questi anni realizza diversi murali in spazi pubblici e, dopo essersi diplomato all’accademia, diventa insegnante di disegno dal vero. Ormai convinto di voler diventare un artista, si tiene aggiornato sulle correnti del momento: visita la Documenta di Kassel del 1959, assorbendo gli stimoli dell’informale americano. Nel 1961 si trasferisce in Germania Ovest con la moglie, lasciandosi alle spalle tutto ciò che ha vissuto fino a quel momento. È una cesura, una rottura con il passato importante, concetto che spesso ritornerà nella sua opera. L’idea di memoria che ci si lascia volontariamente dietro e che va tramandata anche se dolorosa è fortemente presente nel suo lavoro.

Quando arriva in Germania Ovest, si stabilisce a Düsseldorf, dove frequenta l’Accademia d’arte. È in questo periodo che inizia a produrre i suoi famosi foto-dipinti (o foto-pitture).

Gerhard Richter, 20. Nov. 1999, Museum Morsbroich, Leverkusen

Atlas è il lavoro di una vita, nasce nel 1962, quando Richter inizia a collezionare quasi per caso fotografie ritagliate dai giornali. All’inizio, l’attività di raccolta e catalogazione è soprattutto una fonte d’ispirazione per la pittura. La collezione però cresce velocemente, quasi sfuggendo al controllo di Richter, che si ritrova a dividere il materiale in modo meticoloso, prima dividendo le immagini per tematica o dimensione, poi raccogliendole su cartoncini bianchi, in modo da dare un ordine anche visivo.

La mia intenzione era piuttosto quella di far ordine e non perdere traccia delle cose. Tutte queste scatole piene di fotografie e di schizzi ti appesantiscono, perché hanno qualcosa di incompleto, c’è qualcosa di non finito in esse. È quindi meglio presentare il materiale utilizzabile in un modo sistematico, e gettar via il resto. Così è nato l’ Atlante, che ho esposto un paio di volte.

Gerhard Richter, Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961, 2007, Thames & Hudson, Londra, 2009.

 

Le fotografie sono ritagliate da riviste tedesche, ma anche scattate dall’artista, grande fotografo oltre che pittore. A queste si aggiungono i collages, i disegni, i foto-dipinti e i suoi appunti. A volte interviene graficamente sui ritagli, a volte non li modifica.

Gerhard Richter, Atlas (tavola)

All’inizio, Atlas somiglia a un album dei ricordi, costruito con il passare del tempo tramite souvenir familiari. Poi, alle immagini più personali si aggiungono quelle pubbliche, le immagini di cronaca riconoscibili perché le identità dei soggetti sono nascoste tramite censura grafica, essendo in un momento politico critico. Richter inizia anche a chiedere a parenti e amici di condividere con lui immagini riguardanti la loro vita, e a chi vive in Germania Est chiede di inviargli immagini prese dai giornali.

Ci sono fotografie a colori e fotografie in bianco e nero, pittura figurativa e astratta. Molte delle immagini sono sfocate, poco nitide, perché Richter utilizza spesso la sfocatura come rappresentazione di qualcosa di poco chiaro, dell’immagine stessa che sta sparendo, incerta: come la memoria umana. Tema molto presente in tutta la sua opera, anche all’infuori di Atlas, è molto rappresentato nelle sue pitture, realizzato passando un pennello bagnato o una racla sul colore non ancora asciutto.

Gerhard Richter, River, 1995

Le immagini in Atlas sono raccolte senza alcuna divisione gerarchica. L’unico criterio per la suddivisione riguarda il loro formato, così da poterle raccogliere ordinatamente su ogni singola tavola.

Gerhard Richter, Atlas (tavola)
Gerhard Richter, Atlas (tavola)

A volte le immagini sono state utilizzate dall’artista come ispirazione per i dipinti, ma spesso rimangono opere a sé stanti. Accostandole in questo modo, nascono nuove corrispondenze, nuovi significati o semplicemente nuove rispondenze di forme. La prima esposizione di Atlas avviene nel 1972, al Museo voot Hedendaagse Kunst di Utrecht. È poi esposto negli Stati Uniti per la prima volta nel 1995, nel 1997 è presentato alla decima Documenta di Kassel. L’opera è stata dichiarata finita nel 2013, dopo decenni di lavoro.

Nel 2014 è stata esposta per intero nella sua versione definitiva, con 802 tavole, presso la Lenbachaus di Monaco, dov’è attualmente conservata.

Gerhard Richter, Atlas in esposizione

È stata anche pubblicata sotto forma di libro.

Gerhard Richter, Atlas

Atlas è un vero e proprio dizionario visivo, una documentazione della vita nelle due Germanie e della vita dell’autore in quegli anni. L’enorme archivio-atlante è una testimonianza della memoria collettiva e personale che, non documentata, andrebbe persa per sempre.

 


 

 

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