Scrivere per ricomporsi. SmALLraga cede la parola ai figli.

I figli nelle famiglie a geometria variabile. Così recita il sottotitolo di smALLraga, libro a cura di Raethia Corsini e Laura Lombardi, pubblicato a novembre 2018 dall’editore Cinquesensi. Dopo smALLchistmas, smALLholidays e smALLhome, è questo il quarto tassello di smALLbooks, la collana nata in grembo all’associazione Smallfamilies, un progetto di promozione social – culturale, nato nel 2012 a Milano, che tutela i diritti dei genitori single e delle famiglie a geometria variabile.

Ma cosa significa questa curiosa e insolita definizione, “famiglie a geometria variabile”? In smALLraga a spiegarcelo sono proprio i figli di questi nuclei familiari dalla forma non convenzionale. I giovani autori, di età compresa tra i tredici e i ventitré anni, sono le voci delle nuove generazioni: quelle dei millennials e della generazione z. Classi spesso mal comprese, mal giudicate – spiega la sociologa Elisabetta Ruspini, alla quale si deve la prefazione del libro – perché innestate nel mezzo di un cambiamento sociale. Ma proprio perché costrette ad affrontare mutamenti e difficoltà, queste nuove generazioni hanno sviluppato una preziosa caratteristica, quella della resilienza, come ben emerge dalle storie di smALLraga.

Un’antologia di venticinque testimonianze e racconti, molto diversi tra loro, ma accomunati dal medesimo bisogno di fare sentire la propria voce: di dire, di raccontare di sé e della propria storia familiare. Si narra di famiglie dinamiche, cangianti, dalla varia nomenclatura, composta, scomposta e ricomposta, passando da nuclei monogenitoriali a famiglie allargate, intrecciate e inglobate. Non esiste una formula fissa, una forma giusta, «perché la vera famiglia è quella che ti scegli tu» –  si legge in una delle storie di smALLraga.

In questi scritti, narrare la propria storia equivale a ricercare il proprio baricentro e la propria individualità; dare forma a ciò che forma non ha – o che pare non averla. Da queste storie emergono grida, rabbia, incomprensione, solitudine e fatica. Un’immensa fatica nel trovare e darsi spiegazioni sulla propria situazione familiare, che sfugge alle codificazioni e certezze comuni. Ma tutte queste storie sono anche testimonianza di una forza immensa. È dalle ceneri, dal caos, che è possibile ricostituire e ri-assemblare un io che è stato fatto a pezzi, impotente, dalle circostanze, da eventi esterni incontrollabili:

«Catapultata in una matassa contorta in cui sentimenti e influenze contrastanti facevano a pugni per prendere il sopravvento su di me».

E allora si arriva anche a ringraziare il proprio carnefice, il responsabile della demolizione familiare:

«Devo ringraziare papà Marco, perché se non avesse distrutto la mia famiglia, io non avrei potuto costruire me stessa».

Come si fa allora ad affrontare un genitore se a ogni incontro

«si apre una voragine nel petto, si strappa via tutta la carne lasciando solo un cumulo di ossa; si brucia come se si avesse carbone ardente nella trachea da mandare giù e risuona un antico ruggito, una voce assopita che si risveglia carica di odio, carica di rancore, carica di dolore»?

Come si accetta che «quel padre che non c’è e che non c’è mai stato, quel padre che mi ha mollato e non mi ha mai incontrato» sia il proprio papà?

Viene allora in soccorso la scrittura, quella necessaria. Vitale. Parole che aiutano a respirare, che si fanno pelle e carne di un io che è stato scarnificato fino alle ossa. Ogni parola diventa un tassello di un puzzle distrutto, che si cerca di ricomporre nella propria mente e nella realtà, gettando le fondamenta di una mappa complicata e labirintica che non è altro se non la nostra identità. Uno «specchio di inchiostro» dove ciascun autore tratteggia con le parole la bozza del proprio profilo, autoritratto, per avere un riflesso in cui riconoscersi.

Qual è stata la motivazione, la molla, che ti ha spinta a scrivere, a mettere nero su bianco la tua storia privata, le tue emozioni?

Ho deciso di mettere nero su bianco la mia storia – racconta Caterina, che ha contribuito a smALLraga con il racconto La macchina del tempo – perché avevo bisogno di esternare, buttare fuori un trascorso fortemente intriso di emotività. Scriverne è stato l’unico modo per renderlo più oggettivo e poterlo analizzare a mente fredda. Inoltre, credo che condividere la propria storia possa essere un modo per insegnare qualcosa anche agli altri, a chi la legge. Un prezioso insegnamento.

Prima di questo contributo a smALLraga, scrivevi già? Che ruolo ha avuto e che ruolo ha per te la scrittura?

Si può dire che io non abbia mai scritto prima e insieme che scriva da sempre. Mi spiego. Non avevo mai contribuito con una mia produzione a un libro pubblicato, prima di smALLraga; d’altra parte, invece, sono solita scrivere per me stessa da tanti anni. Per me l’atto di scrittura è strettamente legato all’emotività, una liberazione dei pensieri. Ha una funzione di aiuto. Scrivere mi aiuta a dare forma alle emozioni, alle mie percezioni, che altrimenti si perderebbero nel caos dei pensieri astratti.

Credi che questa esperienza abbia avuto un’influenza positiva nel rapporto con la tua famiglia a geometria variabile?

Contribuire a smALLraga ha sicuramente avuto un’influenza positiva sia su me stessa sia sui rapporti familiari, nonostante i miei genitori non abbiano letto il mio racconto. In realtà, vorrei che lo leggessero, perché sono sicura che così potrebbero capire di più, potrebbero vedere qualcosa che altrimenti non vedono. Con la scrittura e la lettura, si potrebbe superare l’emotività, che spesso complica i rapporti vivi. Vorrei che, leggendo la mia storia, fossero in grado di vedere la cosa in sé. E così, finalmente, comprendermi.

 


FONTI

smALLraga, a cura di Raethia Corsini e Laura Lombardi, Cinquesensi, 2018, Lucca

Intervista dell’autrice

CREDITS

Copertina by Lo Sbuffo

Immagine 1

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.