Il cappotto, un’icona senza tempo

“[…] Verso la fine della sua vita, a questo essere era apparso un ospite luminoso sotto forma d’un cappotto, un cappotto che per un istante aveva ravvivato la sua povera esistenza, ma sul quale poi si era imbattuta implacabile la sciagura, così come si imbatte sugli imperatori e i sovrani del mondo…”

Nel lontano 1848 lo scrittore ucraino di lingua russa Nikolaj Vasil’evič Gogol’ descriveva e riassumeva con queste parole come un semplice cappotto avesse completamente ribaltato e sconvolto l’esistenza di un funzionario ministeriale di nome Akakij Akakievič. Il titolo del racconto in questione, del resto, è emblematico e determinante, in quanto prende il nome dell’indumento stesso “Il Cappotto”. In poche pagine vediamo come l’arrivo di questo nuovo soprabito rompa la ripetitività della vita del protagonista; una vita scandita dalle ore di lavoro durante le quali viene sbeffeggiato e dalla compagnia dei soli documenti che diligentemente copia giorno dopo giorno. Improvvisamente diventa interessante agli occhi dei suoi colleghi, che organizzano una festa  a casa di un superiore in onore del suo cappotto. Sarà proprio sulla via del ritorno che derubato di quest’ultimo inizierà il lento declino verso la sua morte causata, non a caso, dal freddo. Tuttavia, nemmeno da morto riesce a dimenticare e placare la sua rabbia generata dal furto, tanto da perseguitare i passanti prendendoli per il bavero dei loro bellissimi cappotti. Grazie a questa storia Gogol’ irride i diversi stati sociali della società e ne denuncia la corruzione. Ci mostra come in un mondo fatto di apparenze basta un comune capo di abbigliamento per apparire diverso e degno di nota alle persone.

La nascita del cappotto: la marsina francese e la riding-coat inglese

La datazione di questo racconto ci fa capire come il suddetto cappotto abbia una storia molto antica. La nascita di questo intramontabile capo di vestiario si può far risalire al XVIII secolo. Con il passare del tempo si è evoluto adattandosi alle esigenze sia maschili che femminili, allo spietato mondo della moda e ovviamente agli inverni più rigidi e alle mezze stagioni più fredde e piovose.Vestido masculino a la francesa. 1740.

Se per risalire all’antenato del cappotto dobbiamo fare un notevole salto nel tempo, dal punto di vista geografico non dobbiamo spostarci di molto, infatti il capostipite del cappotto è la Marsina francese, un abito fasciante lungo e affusolato. È proprio dopo la morte del Re Sole e con la nascita del Rococò che gli aristocratici francesi iniziano a sfoggiare questo innovativo capo nelle corti della capitale e successivamente in tutta la nazione. I nobili erano sempre alla ricerca delle stoffe più pregiate e del colore più adatto da indossare nei numerosi incontri mondani. È però sotto il regno di Luigi XVI che la Marsina diventa simbolo di eleganza e di classe, difatti la sua forma assume un aspetto meno frivolo e appariscente.

La prima evoluzione della marsina è il Riding-coat inglese, letteralmente “mantello per cavalcare”, conosciuto e diffuso in Europa come Rendingote. Il nome più adatto al suo uso sarebbe “raining-coat”, ovvero “mantello da pioggia”, in quanto gli aristocratici dovevano essere preparati in caso fossero sorpresi dalla pioggia durante le loro passeggiate; d’altronde i cambiamenti climatici inglesi sono famosi in tutto il mondo. Agli occhi si presenta legato sul davanti, aderente alla vita e lasciato andare nella parte inferiore. In Inghilterra diventa molto in voga intorno al 1840. Contrariamente alla Marsina francese, la Redingote era fortemente utilizzata anche dalle donne aristocratiche e borghesi, soprattutto durante l’epoca vittoriana, quando diventa più graziosa e femminile.

Le prime evoluzioni e la guerra

Da quest’ultimo modello si sviluppano altre varianti come per esempio il Carrik e il paltò, sinonimo utilizzato ancora oggi per indicare il nostro amato cappotto e molto in voga dall’inizio del ‘900. Il cappotto tocca anche i tristi capitoli della storia dettati dalla guerra, infatti viene utilizzato anche dai militari e dalla marina. Un ottimo esempio è il cappotto Raglan, utilizzato dal comandante Lord FitzRoy Somerset, meglio conosciuto come Lord Raglan durante la guerra di Crimea. Molto più significativo è invece il cappotto British Worm utilizzato durante la seconda Guerra Mondiale.

Il cappotto e il ’68

Gli anni Sessanta e Settanta del Novecento sono conosciuti non ingiustamente per le lotte studentesche e il cappotto è riuscito a lasciare il segno anche in questo decennio di proteste. I cappotti simbolo della contestazione sono Il Montgomery e il Londen.

Ancora oggi il cappotto riesce a farsi spazio in un mondo di pellicce e piumini. Dopo aver accompagnato uomini e donne fin dal 1700 continua a far parte delle nostre vite. È praticamente impossibile non trovarne uno adatto a noi grazie all’enorme offerta che ogni marca, dalla più costosa alla più economica, ci propone ogni anno. Per quanto riguarda l’a/i 2018-2019 non si può non giocare con il colore, un più tenue color cammello, un audace rosso o un accesso verde smeraldo.

Il cappotto è molto di più di un semplice indumento, è simbolo di eleganza e carattere, personifica un compagno fedele e un vecchio amico da salutare con gioia ogni anno con l’arrivo del primo freddo. D’altro canto non si può certo sottovalutare un capo di vestiario così iconico da aver addirittura ispirato un grandissimo scrittore come Gogol’.


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