“Tampon tax”: la situazione in Italia dopo la Manovra

La Manovra, recentemente approvata e divenuta legge il 30 Dicembre 2018, contiene una misura in merito alla tassazione sugli assorbenti e i pannolini che ha scatenato nuove polemiche in merito. È, infatti, assurdo credere che gli assorbenti, alleati delle donne per circa una settimana ogni ventotto giorni, e i pannolini, indispensabili, invece, ai bambini e agli anziani, non siano considerati beni di prima necessità e, dunque, tassati in modo sconsiderato, a differenza del tartufo.

Il cosiddetto oro nero nel corso del 2019 avrà una tassazione del 5%, pari, quindi, a quella delle pere e delle mele. Assorbenti e ulteriori prodotti per il benessere igienico-sanitario delle donne e i pannolini, invece, saranno ancora caratterizzati da una tassazione al 22%. Dunque, sembra essere più importante un piatto culinario -certamente lussuoso e non quotidiano- piuttosto che la possibilità per le donne di poter continuare a condurre una vita normale anche durante il ciclo mestruale.

L’aliquota ordinaria sui suddetti prodotti nel nostro Paese è stata introdotta nel 1973, nel corso del tempo è cresciuta fino ad arrivare al 22% attuale. Oggi essa assume il nome di “Tampon tax” e ha scatenato in tutto il mondo accese polemiche che hanno spinto i governi ad adottare delle misure affinché la tassa stessa fosse ridotta o, addirittura, azzerata. In Italia, il Movimento 5 Stelle aveva annunciato un emendamento in merito, ma il progetto non è andato in porto e, anzi, la sottosegretaria all’Economia Laura Castelli (M5S) si è giustificata ricordando le pressioni arrivate da Bruxelles e la necessità di non provocare problemi con l’Europa e ha aggiunto che solitamente le questioni fiscali chiedono più tempo.

La situazione sembra evidenziare una tendenza alla discriminazione verso le donne, soprattutto se si nota che i rasoi, invece, sono considerati beni primari con una tassazione del 4%. La tassazione riservata agli assorbenti li classifica tra i cosiddetti beni di lusso, tra i beni di cui si potrebbe fare a meno. È come riservare una tassa alle donne solo perché sono nate di sesso femminile ma, certo, avere il ciclo non è una scelta.

Come abbiamo già detto, le discussioni nate a causa della “Tampon tax” hanno fatto in modo che i governi prendessero dei provvedimenti. In paesi come il Kenya, ma anche in Europa e nel Regno Unito, fino a qualche anno fa le donne erano ancora costrette a non uscire nei giorni del ciclo mestruale o a tamponarsi con degli stracci e il periodo era definito “period poverty”. Il Kenya è stato il primo Paese a ridurre la tassazione sugli assorbenti nel 2004 e ad organizzarne la distribuzione gratuita nelle scuole nel 2011. Successivamente il Canada nel 2015 ha addirittura cancellato la tassa dopo che fu presentata una petizione al governo e lo stesso fece nell’anno seguente anche lo stato di New York. Anche in Europa la Spagna ha annunciato per questo 2019 la riduzione della “Tampon Tax” al 4%. Anche l’Irlanda e la Scozia, tra le altre, sono esempi da seguire in quanto hanno entrambe azzerato la tassa e la seconda ha, come il Kenya, organizzato la distribuzione dei prodotti per l’igiene femminile alle studentesse.

La rete si era anche mobilitata con l’iniziativa “Stop Tampon Tax” col fine di dare forma a una petizione online creata da Onde Rosa dal titolo “Il ciclo non è un lusso” che era riuscita in pochissimo tempo a raggiungere la cifra delle 2500 firme e si era proposta di farle arrivare a 5000, ma le firme non sono servite perché, appunto, la proposta del Movimento 5 Stelle non ha ottenuto i risultati sperati.

In Italia gli assorbenti sono considerati beni di lusso e i tartufi beni primari, è qualcosa di paradossale. Inoltre le donne, già penalizzate in modo pesante dal punto di vista economico (nel lavoro ma non solo) devono sostenere dei costi esorbitanti per un prodotto igienico indispensabile. Anche dal punto di vista simbolico e culturale, il fatto che i rasoi da barba abbiano un’aliquota Iva inferiore a quella degli assorbenti è un segnale più che evidente di una discriminazione insopportabile. E’ come dire che radere i peli della barba ha un riconoscimento sociale ed economico, tamponare le perdite di sangue nel periodo mestruale no.”

Così commenta tutta la vicenda Carla Ruffini del movimento femminista Non una di meno Reggio Emilia.

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